Nella Giornata dei rom e sinti papa Francesco invita al dialogo

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Nella Giornata internazionale dei rom e dei sinti, celebratasi sabato 8 aprile, papa Francesco ha invitato la Chiesa e la società civile a trovare soluzioni per superare le barriere che impediscono a queste popolazioni di godere dei loro diritti fondamentali e di adempiere ai loro doveri:

“Quando individui e comunità sono liberi di partecipare integralmente alla vita pubblica offrendo il proprio contributo, è allora che è possibile realizzare una piena convivenza pacifica in cui le differenti culture e tradizioni riescano a conservare i loro rispettivi valori e consuetudini senza adottare gli uni verso gli altri atteggiamenti ostili e di chiusura ma attraverso il dialogo e l’integrazione”.

Ed anche le Chiese europee hanno chiesto che si ponga termine alla discriminazione nei loro confronti: “Oggi, un numero compreso fra 10/12.000.000 di Rom vive in tutta Europa. Sono i custodi di valori importanti. La loro cultura eleva il valore della famiglia, pur vivendo in un tempo di crescente individualismo. Secoli di antiziganismo hanno creato condizioni inaccettabili per i Rom. Storicamente, sono stati spesso emarginati e vittime di violenza, riduzione in schiavitù, persino genocidi.

Oggi soffrono di una costante esclusione sociale e sono costretti a lottare per l’accesso all’istruzione, all’alloggio, all’occupazione, ai servizi sociali, all’assistenza sanitaria. Spesso sono loro negati anche i diritti civili fondamentali, come i certificati di nascita e i relativi diritti legali. Nonostante questa oppressione, sono sopravvissuti e hanno protetto il loro stile peculiare di vita, la loro lingua e le loro tradizioni”.

Quindi i rom hanno partecipato con la loro cultura a ‘costruire’ le basi europee; in base a tale partecipazione la CCEE ha chiesto all’Europa un cambio di passo nei loro confronti: “Le Chiese in Europa sostengono gli sforzi per cambiare la percezione dei Rom, favorire un dialogo nella dignità, rispettare le diverse storie e identità, e allo stesso tempo riconoscere i Rom come nostri concittadini dei paesi europei.

Riconosciamo anche il forte impegno che molte Chiese in Europa hanno dimostrato e incoraggiamo un ulteriore lavoro concreto in quest’area. I Rom hanno una storia che non è paragonabile a quella di nessun altro popolo in questo continente e sono il più grande tra i popoli indigeni dell’Europa. Benché siano passati secoli dalla loro prima apparizione in Europa, essi rimangono ai margini della nostra consapevolezza e delle nostre società. Insieme dobbiamo pentirci dei peccati di discriminazione e persecuzione, e tornare a impegnarci nella difficile opera della riconciliazione”.

Infine la Ccee ha ricordato la scelta di tale giornata: “Riconoscere la storia dei rom in Europa richiede che guardiamo alla storia delle società europee per riconoscere gli schemi di esclusione. Le Chiese in Europa auspicano che i rom possano sentirsi sempre più accettati come cittadini europei a pieno titolo, con tanto di diritti e doveri, e contribuire ad un futuro più giusto che noi tutti condividiamo…

La data dell’8 aprile è stata scelta come riconoscimento del primo appuntamento di questo Congresso, nel 1971, un incontro che era stato parzialmente finanziato dal Consiglio Ecumenico delle Chiese”.

Ed in occasione della giornata l’associazione ’21 Luglio’ ha presentato il rapporto annuale: “E’ possibile quantificare in circa 28.000 unità le persone di etnia rom che vivono in emergenza abitativa, ovvero in baraccopoli formali, in baraccopoli informali, in micro insediamenti, in centri di raccolta rom. Si spazia nell’ambito territoriale di 88 Comuni italiani al cui interno si contano 149 insediamenti. Circa 18.000 persone vivono nelle baraccopoli formali.

Sono invece stimate in 10.000 unità le persone, per il 90% di cittadinanza rumena, presenti in insediamenti informali. Circa 1.300 persone, in prevalenza sinti, vivono invece in una cinquantina di microaree collocate nell’Italia Centro-Settentrionale. Sono meno di 10.000 i cittadini originari dell’ex Jugoslavia presenti quasi esclusivamente nelle baraccopoli formali e di essi, non più di 3.000 sono a rischio apolidia.

Le principali baraccopoli formali si trovano nella città di Roma mentre Napoli detiene il record del numero delle baraccopoli informali più grandi. Nei calcoli numerici e statistici non sono state considerate le persone rom e sinte presenti nelle occupazioni di edifici pubblici o privati e negli insediamenti informali con un numero di abitanti inferiori alle 100 unità”.

Inoltre nello scorso anno l’assenza di impatto della Strategia Nazionale è stata rilevata anche dal Comitato Europeo sui Diritti Sociali del Consiglio d’Europa, che ha pubblicato un’analisi della situazione italiana nel documento ‘Follow-up to Decisions on the Merits of Collective Complaints – Findings 2015’.

Il Comitato aveva rilevato la non conformità della situazione italiana rispetto alla Carta Sociale Europea due volte, nel 2005 e nel 2010, in relazione alla segregazione abitativa e agli sgomberi forzati delle comunità rom. In entrambi i casi, le autorità italiane avevano risposto alla richiesta del Comitato di inviare informazioni sulle misure adottate per riportare la situazione in conformità con la Carta essenzialmente con un singolo argomento: l’attuazione della Strategia Nazionale.

Il Comitato ha concluso che, nonostante limitati progressi in alcune aree, le misure intraprese sono state insufficienti a ristabilire la conformità con le disposizioni della Carta Sociale Europea. In una lettera di preoccupazione riguardo al continuo ricorso a sgomberi forzati di comunità rom inviata a gennaio alla presidenza del Consiglio, anche il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha espresso preoccupazione per lo stato di attuazione della Strategia e per le scarse risorse a essa destinate.

Ha quindi richiesto di essere tenuto informato sulle concrete misure che le autorità italiane intendono realizzare per ‘prevenire l’assenza di alloggio, cessare gli sgomberi forzati e chiudere gli insediamenti e i centri di accoglienza per soli rom esistenti attraverso l’offerta di alternative abitative ordinarie ed effettivamente integrate alle famiglie coinvolte’.

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