Don Trapasso invita ad esultare nella fede

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Nell’Oasi del monastero delle Clarisse ‘San Giuseppe’ di Pollenza, nell’entroterra maceratese, l’Azione Cattolica Italiana della diocesi di Macerata ha svolto gli esercizi spirituali in preparazione alla Pasqua, guidati da don Giordano Trapasso, vicepreside della sede di Fermo dell’Istituto Teologico Marchigiano ed assistente unitario regionale dell’associazione, sul tema delle Beatitudini, ‘Rallegratevi ed esultate’.

Nei tre giorni di spiritualità il relatore ha evidenziato: “Gesù che sale sul monte richiama Mosè che sul monte riceve da Dio le tavole della Legge: Egli è il nuovo Mosè che porta a compimento la Legge e ci dona di viverla in maniera compiuta. Egli come Maestro si siede e gli si avvicinano i discepoli. L’insegnamento è per le folle ma chi può ascoltarlo più da vicino sono i discepoli, che poi nel loro apostolato saranno chiamati ad incarnarlo tra le persone e a proclamarlo alle folle.

Chi ha risposto alla chiamata agli esercizi spirituali è tra i discepoli che si avvicinano a Gesù perché hanno fame e sete della giustizia, perché avvertono che il proprio sapere personale, le proprie competenze non sono sufficienti a dare un senso pieno alla propria vita e a quella degli altri”.

Ma quale significato dare oggi a questa ‘salita sul monte’, che per Gesù rappresenta il Calvario della Crocifissione: “Dunque salire sul monte con Gesù significa prima di tutto discendere, di nuovo scendere nel fonte battesimale, nel cui fondo c’è l’umiltà. Siamo chiamati a scendere dai nostri piedistalli, a saper cogliere e accettare con serenità i nostri limiti e la nostra fragilità, a non sentirci privilegiati o superiori rispetto alle folle che si tengono un po’ a distanza…

In secondo luogo salire sul monte significa avere il coraggio di rientrare nel profondo di noi stessi per riscoprire il nostro essere diventati tempio santo di Dio, grazie al nostro Battesimo. Ognuno di noi è qui ma porta nel cuore inquietudini, preoccupazioni, ansie, affanni, urgenze, sofferenze, soddisfazioni, ferite”.

Per questo gli esercizi spirituali sono necessari per creare un rapporto ‘intimo’ con Dio: “Non si tratta di una introspezione psicologica, ma di andare in profondità per verificare chi è al primo posto nella nostra vita e chi ci aspetta nel profondo di noi stessi. Dio è più intimo a me di me stesso: nel momento in cui cerco la verità di me stesso, il vero senso della mia esistenza, incontro Dio nel profondo di me stesso. Egli si rallegra di abitare in me, si trova a suo agio in me, è la luce che scruta i segreti del mio cuore e mi permette di esplorarli con lui senza scandalizzarmene”.

Gli esercizi spirituali non sono un tempo di evasione dalla vita: “Sul monte con Gesù siamo chiamati ad ascoltare per avere un diverso sguardo su quella folla. Nell’ascolto la prima parola che sentiamo risuonare è ‘beati’. Le Beatitudini non sono un codice di doveri, sono le porte di ingresso nel Regno, sono le congratulazioni che Dio rivolge a chi prova ad incarnare nella vita quotidiana lo stile del Regno”.

Nelle beatitudini Gesù consegna tre verbi come stile di vita del cristiano: “Chi riceve l’invio missionario di Gesù è chiamato a uscire, sconvolgere i propri criteri. Siamo chiamati ad incontrare le persone dove vivono e a liberarci da rigidità e abitudini. Siamo poi chiamati a vedere, a passare del tempo con le persone che incontriamo, ad ascoltare le loro storie, gioie e speranze, tristezze e angosce, per condividerle, andando in profondità senza essere invadenti o minacciosi…

Infine giungiamo a chiamare: ciò vuol dire ridestare il desiderio e porre domande. Ogni chiamata ha questa premessa: Dio ti ama in Cristo gratuitamente, totalmente, incondizionatamente, nella tua unicità e non solo per le tue capacità o doti. Egli apprezza tutto di te, anche le tue debolezze, si getta dietro le sue spalle i tuoi peccati. E’ bello essere discepoli di un Maestro così. Egli si è legato con te per sempre”.

Ma chi è il ‘beato’ che mette in atto la Parola di Dio? Secondo don Trapasso è colui che si mette in cammino verso Gesù: “Egli è un Maestro che non ci complica la vita moltiplicando i comandamenti e le cose da fare, ma riconducendo tutto all’essenziale… Le cose fatte solo per dovere prima o poi opprimono, ciò che è fatto per amore è liberante. Le regole fini a se stesse intrappolano, le regole osservate per il bene degli altri hanno senso e sono di aiuto. Le sole cose da organizzare stancano, le relazioni vissute nell’amore ci fanno rinascere.

Una spiritualità astratta, solo verticale, è solo una fuga dalla realtà che accresce l’ansia, i meccanismi di difesa e l’aggressività. La vera spiritualità in cui l’amore per Dio passa per il servizio alle persone concrete ci pone nella pace, in un giusto rapporto con Dio, con noi stessi, con gli altri, con le cose. E in effetti la mitezza rende beati perché presuppone un giusto rapporto con il tempo e con lo spazio”.

Don Trapasso ha descritto il beato con le parole dell’esortazione apostolica post-sinodale ‘Amoris Laetitia’ di papa Francesco: “Il dono del tempo, l’ascolto dell’altro finché non ci ha comunicato ciò che egli, non noi, ritiene importante dirci, la flessibilità della mente e del cuore per valorizzare ciò che l’altro di positivo ha espresso e per giungere ad un punto di incontro diverso in rapporto alle rispettive posizioni di partenza, un contesto di gesti di premura, affetto, attenzione, in cui avvengono le parole del dialogo, la cura della propria interiorità per avere qualcosa di profondo da dire”.

Quindi aderire alle beatitudini, secondo don Trapasso, è un costante allenamento nella quotidianità della vita, indicando un ‘modello’ da seguire nel beato Pier Giorgio Frassati, secondo il racconto della sorella Luciana: “Non ce ne accorgevamo, noi di famiglia, ma in pochi anni la personalità religiosa di Pier Giorgio finì col sopraffare la volontà educativa dei nostri genitori. Estraneo a ogni forma di facile emozione collettiva dinanzi ai misteri della fede, di solito circondati dal fasto delle cerimonie e dalla luce incerta delle candele, egli fu sempre e soltanto se stesso, un’entità precisa tesa a stabilire dolci e teneri rapporti con Gesù”.

Foto: Federico Canullo

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