Cambio di guardia al monastero di Bose

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A fine gennaio fratel Enzo Bianchi si è dimesso da priore della Comunità di Bose (Biella) lasciando l’incarico a fratel Luciano Manicardi. In un comunicato divulgato sul sito della Comunità, Enzo Bianchi, citando un passo dal commento di sant’Agostino al Salmo 41, ha scritto:

“Questo commento… è sempre stato da me meditato, e con queste parole iniziavo la lettera di dimissioni previste nel 2014, alla fine della visita fraterna iniziata a gennaio e terminata a maggio e dopo la revisione economica affidata a una competenza esterna alla comunità. I visitatori fraterni mi hanno chiesto di restare ancora, anche per portare a compimento lo Statuto della comunità, e così ho continuato a presiedere, ma avvertendo più volte i miei fratelli e le mie sorelle che erano gli ultimi mesi del mio servizio e assentandomi sovente, affinché potessero imparare a continuare a vivere senza la mia guida”.

Citando la prima lettera di san Paolo ai Corinti, fratel Bianchi ha detto il motivo della successione: “Nella storia di ogni nuova comunità monastica il passaggio di guida dal fondatore alla generazione seguente è un segno positivo di crescita e di maturità. Scrive l’Apostolo: ‘Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere’ (1Cor 3,6). La vita continua, la fondazione è stata feconda e di questo ringraziamo il Signore, attendendo il suo giudizio alla fine della storia”.

Inoltre in un articolo pubblicato nell’Osservatore Romano fratel Enzo Bianchi ha spiegato la volontà di attenersi alla regola canonica di papa Paolo VI, che fissa al compimento del 75° anno di età (che compirà il prossimo anno) la rinuncia agli incarichi pastorali: “Nella Chiesa, a partire dal IV secolo, uomini e donne hanno dato inizio a forme di vita che volevano essere ispirate dal Vangelo.

Era la loro fede e il loro amore per il Signore Gesù Cristo che li spingeva a ‘inventare’ comunità dove si potesse vivere il primato della Parola e il comandamento nuovo della carità. Dai padri del deserto a san Pacomio e san Basilio in oriente a san Benedetto e altri in occidente, fino alle fondazioni contemporanee è stata originata una risposta all’unica vocazione cristiana nelle pluralità di vie monastiche diverse. Il Signore nel giorno del giudizio dirà la sua parola sia su chi ha iniziato una forma di vita sia su quelli che l’hanno intrapresa”.

Ed ha ricordato come nacque l’idea di fondare un monastero: “Quando, alla fine del Concilio Vaticano II, decidevo di abbracciare la vita monastica e iniziavo a dimorare nella solitudine di Bose, non pensavo e non progettavo lo sviluppo che la comunità avrebbe avuto. Al Signore chiedevo soltanto: ‘Se è la tua volontà, donami alcuni fratelli perché si possa vivere un monastero semplice e attuale in cui si cerchi un’unica cosa: vivere il Vangelo, e nient’altro’.

Dal 1968 cominciarono a raggiungermi fratelli e sorelle cattolici e cristiani di altra confessione: io ho semplicemente detto ‘Amen’, confermato da padre Michele Pellegrino che ha custodito e accompagnato gli inizi della nostra comunità”. Ed ha affermato che il passaggio di testimone è un segno di maturità della Comunità, così come recita il nuovo statuto:

“La vita continua, la fondazione è stata feconda e di questo ringraziamo il Signore: è quindi giunto il tempo e la sera del 26 dicembre scorso, vigilia di san Giovanni apostolo, ho annunciato le dimissioni e indetto il capitolo generale elettivo per il 25 gennaio, rivelazione di Gesù Cristo a Paolo apostolo, con l’inizio delle votazioni il 26 gennaio, memoria dei santi abati di Cîteaux…

Occorre obbedire alla nostra condizione e accettare la vecchiaia come un tempo da viversi altrimenti, con altre funzioni e altre testimonianze da dare. Credo anche che un fondatore debba mostrare con un atto di distacco che la comunità non gli appartiene perché essa resta comunità del Signore”.

Dopo i ringraziamenti, fratel Bianchi ha ricordato la sua sofferenza nel vedere come è ridotta la vita monastica nella Chiesa: “Unica sofferenza che porto nel cuore in questo momento è la consapevolezza delle difficoltà che il monachesimo cattolico vive e il fatto che oggi è entrato in un cono d’ombra nella vita della Chiesa. I monaci si sentono dimenticati, ma anche questo fa parte della loro vocazione di marginali, di cristiani che vivono sui confini”.

Intanto il nuovo priore, fratel Luciano Manicardi, ha ringraziato i fratelli della Comunità per la fiducia accordatagli: “Sono cosciente della responsabilità che questo comporta e sono soprattutto cosciente dei miei profondi limiti, ma chi presiede una comunità lo fa insieme, accanto e con i suoi fratelli e sorelle, e anche con il sostegno e la preghiera di quanti le sono vicini. Per questo chiedo a voi, amici e ospiti, di invocare lo Spirito e pregare per la nostra comunità, per chi l’ha fondata e presieduta fino ad ora e per me e per il servizio che mi accingo a svolgere”.

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