Open Doors: in aumento la persecuzione anticristiana

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Martedì 11 gennaio l’ong ‘Open Doors’ ha pubblicato la ‘World Watch List 2017’, la nuova lista dei primi 50 paesi dove più si perseguitano i cristiani al mondo. Dal rapporto è emerso che nello scorso anno è cresciuta ancora la persecuzione anticristiana nel mondo:

sono oltre 215.000.000 i cristiani perseguitati e l’oppressione islamica costituisce ancora la fonte principale di persecuzione anticristiana, non solo per i fenomeni radicali di gruppi estremisti come Boko Haram (Nigeria, Niger, Chad, Camerun), Al Shabaab (Somalia, Kenya, Uganda) o lo stesso ISIS, ma per il fatto che in ben 35 dei 50 paesi della lista la generale oppressione esercitata dall’islam sulle minoranze fa crescere esponenzialmente l’intolleranza anticristiana a tutti i livelli.

Particolarmente in ascesa in termini di fonte di persecuzione è il nazionalismo religioso, che di fatto infiamma alcune nazioni dell’Asia (India in testa, salita addirittura al 15° posto a causa dell’influenza del nazionalismo induista). A tal proposito Laos, Bangladesh, Vietnam e Bhutan hanno visto un deterioramento della situazione dei cristiani, e il nazionalismo buddista ha riportato lo Sri Lanka fra i 50 paesi della WWList.

Inoltre per il quindicesimo anno consecutivo la Corea del Nord del dittatore Kim Jong-un è il peggior paese al mondo dove può vivere un cristiano (anche il solo possedere una Bibbia può portare al carcere, alla tortura o alla pena di morte), tantoché il rapporto ha definito il regime una ‘paranoia dittatoriale’ e la Chiesa è interamente clandestina.

Quindi nella ‘top ten’ della classifica al secondo posto si è posizionata la Somalia a causa del carattere intrinsecamente tribale della società: ogni convertito dall’islam al cristianesimo, quando scoperto, affronta la morte. La Chiesa è pressoché totalmente clandestina: “La pressione generale sui cristiani rimane praticamente allo stesso livello estremo indicato nella WWL 2016. I cittadini sono tenuti a essere devoti alla famiglia leader Kim, e a nessun altro, non lasciando spazio per eventuali deviazioni.

Tutte le sfere della vita mostrano livelli di pressione estrema, con punteggi massimi nel privato, nella chiesa e nella sfera pubblica. Mentre la pressione sulle sfere della chiesa e pubblica è tipica nei paesi comunisti (che, in teoria, vale anche per la Corea del Nord), la pressione sulle restanti sfere dimostra che nessun tipo di religione è tollerato in questo sistema di paranoia dittatoriale totalitaria.

Il livello di violenza è a un livello molto alto. Le segnalazioni degli episodi di violenza possono raramente essere resi pubblici per motivi di sicurezza. Oltre venti cristiani sono stati uccisi e più di cento sono stati arrestati nel periodo di riferimento della WWL 2017”.

9 su 10 nazioni erano già presenti nella WWL dell’anno scorso: oltre alla Corea del Nord e Somalia, ci sono Afghanistan, Pakistan, Sudan, Siria, Iraq, Iran ed Eritrea. Inoltre si sono registrati molti meno casi di incidenti contro cristiani in Siria e Iraq, poiché la gran parte di essi è fuggita dall’ISIS. Per chi è rimasto (anche sfollato in altre aree), la pressione è ancora molto alta. Lo Yemen sale al 9° posto, scalzando la Libia (11°): i cristiani yemeniti sono presi nel mezzo della guerra civile tra fazioni sunnite leali alla corona saudita e ribelli Huthi supportati dall’Iran (sciiti).

Inoltre la pressione anticristiana cresce rapidamente nelle regioni del Sud-Est Asiatico e dell’Asia Meridionale. La forte influenza del partito Bharatiya Janata in India ha scatenato un pericoloso fervore nazionalista-religioso (la religione maggioritaria come elemento fondamentale di appartenenza al paese). 5 delle 6 nazioni che hanno visto un peggioramento notevole della condizione dei cristiani provengono da queste regioni: India, Bangladesh, Laos, Bhutan e Vietnam.

Lo Sri Lanka, poi, rientra nella WWL a causa del nazionalismo buddista. Quello del nazionalismo religioso è un fenomeno in ascesa sin dagli anni ’90, tuttavia nell’anno appena trascorso l’ascesa è stata allarmante. Preoccupa il processo di induizzazione latente (‘L’India agli indù’) acceleratosi da quando Modi è primo Ministro in India (ogni settimana circa 15 cristiani vengono attaccati in questo paese). Le nazioni vicine (a maggioranza induista o buddista) usano il nazionalismo religioso come formula per rafforzare le posizioni di potere nelle zone rurali.

Anche l’oppressione islamica, con la violenta sfaccettatura dell’estremismo, rimane la fonte di persecuzione anticristiana dominante. Medio Oriente, Nord Africa e Africa Sub-Sahariana sono le regioni dove si registra maggiore persecuzione di matrice islamica. L’instabilità politica e la violenza causata da movimenti estremisti come Al-Shabaab e Boko Haram sono ormai sulle prime pagine di tutti i giornali. Una delle più gravi emergenze umanitarie, ha denunciato l’ONU, è causata dai Boko Haram in Nigeria, con 8.000.000 di persone in pericolo di fame.

Tuttavia anche nazioni esterne a queste aree geografiche mostrano lo stesso fenomeno. Il Pakistan, per esempio, sale al 4° posto, con una crescita della violenza e della pressione sociale anticristiana impressionanti: in ben 14 dei primi 20 paesi della lista, così come in 35 tra i primi 50, l’oppressione islamica deforma e devasta la vita quotidiana dei cristiani. La tendenza a focalizzarsi sul numero di morti distoglie l’attenzione sull’aggravamento di tutte le aree delle libertà individuali dei cristiani in questi paesi.

Anche in Africa i Paesi continuano ad essere scenario di odio anticristiano: ben 16 paesi della WWL sono africani. Tra i trend che influenzano la persecuzione dei cristiani l’ong segnale la radicalizzazione islamica dell’Africa Sub-Sahariana come tendenza dominante; la polarizzazione tra regimi radicali e autocratici del Medio Oriente. Generalmente i trend possono essere internazionali, nazionali o locali, e sebbene la sfera locale sia spesso sottovalutata, è proprio nell’ambito locale che si innestano le principali dinamiche di persecuzione.

Le new entry della WWList di quest’anno sono Sri Lanka e Mauritania. Infine nello scorso anno sono stati registrati 1.207 cristiani uccisi per motivi legati alla fede, e 1.329 chiese attaccate. Tali dati sono in diminuzione rispetto al 2015 per alcune ragioni specifiche: “Primo, è sempre più difficile ottenere dati completi in situazioni di conflitto civile. Ne sono un esempio le zone di guerra civile in Myanmar, Iraq e Siria; ma anche i monti Nuba in Sudan e gli stati nella Middle Belt e nord della Nigeria (Ciad e Camerun compresi).

Secondo, la reazione militare del governo nigeriano (e degli alleati) contro i Boko Haram in Nigeria ha limitato le devastanti azioni di sterminio contro villaggi cristiani avvenute con più frequenza nel 2015. Terzo, l’avanzata dell’ISIS è stata fermata, anzi ampie aree sono state liberate dal suo dominio; si aggiunga a ciò che la gran parte dei cristiani minacciati era fuggita nel corso del 2015 quando il Califfato si espandeva, e si comprende come si sia ridotto anche in quest’area il numero di cristiani uccisi.

Imponente invece il numero di cristiani ancora perseguitati proprio in queste aree: di fatto pur diminuendo il numero di morti, cresce l’oppressione, gli abusi, le discriminazioni e l’emarginazione dei cristiani, la gran parte dei quali sfollati e privati di tutto in stati come Nigeria, Siria e Iraq”.

Concludendo la presentazione del rapporto il direttore di ‘Porte Aperte’, Cristian Nani, ha affermato: “Nell’epoca delle immagini fa più eco un assassinio ripreso con un cellulare che un milione di persone trattate come animali. 1 cristiano ogni 3 subisce una grave forma di persecuzione nei 50 stati della nostra ricerca. C’è molto di più delle morti e degli attentati alle chiese: in fondo stiamo parlando di milioni di vite vessate e oppresse a causa di una scelta di fede”.

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