La Chiesa difende la libertà religiosa fondamento dei diritti umani

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Negli ultimi giorni dello scorso anno, durante un intervento all’apertura della conferenza sui cristiani perseguitati, organizzata a Vienna dall’OSCE, mons. Antoine Camilleri, sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha affermato che la Santa Sede ha sempre difeso la libertà religiosa, non per perseguire ‘i propri interessi come suprema autorità di governo della Chiesa cattolica’ ma perché ‘la libertà di religione o di credo è la cartina di tornasole per il rispetto di tutti gli altri diritti umani e le libertà fondamentali’.

Ricordando le parole di papa san Giovanni Paolo II nel messaggio per la pace del 1999, mons. Camilleri ha ricordato la natura della libertà religiosa come fondamento per i diritti umani: “La libertà di religione è dunque fondamentale per la difesa dei diritti umani di tutte le persone, credenti o non, poiché nel regno della coscienza, che costituisce la dignità della persona umana, ci sono diritti umani interconnessi e indivisibili, come la libertà di religione o di credo, la libertà di coscienza e la libertà di espressione.

Di fatto, la lotta contro l’intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani può essere uno strumento efficace per difendere i diritti umani di altri credenti religiosi e, in effetti, anche i diritti umani di quanti non professano alcuna religione”. Il sottosegretario vaticano ha articolato il suo discorso in tre punti, il primo dei quali riguarda il dualismo tra libertà di religione e intolleranza religiosa.

La violazione della libertà religiosa (che pure è tutelata dall’OSCE attraverso l’Atto finale di Helsinki) ai danni dei cristiani, non rappresenta solo un danno personale ma anche per la ‘coesione sociale’ e può portare a ‘violenza e conflitto, anche tra stati’: “L’intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani, come ogni intolleranza e discriminazione per motivi religiosi, non sono solo indici di violazione dei diritti umani, ma si sono anche dimostrati terreno fertile per altre violazioni di diritti umani che ostacolano e minacciano la coesione sociale e che possono portare a violenza e conflitto, anche tra Stati.

Se l’Osce vuole davvero realizzare, da Vladivostok a Vancouver, sicurezza e cooperazione, deve rimanere vigile riguardo all’intolleranza e alla discriminazione dirette contro uomini e donne solo per la loro fede in Gesù Cristo”. Di seguito, mons. Camilleri si è soffermato sulle ‘molteplici forme’ di discriminazione nei confronti dei cristiani, che in questi anni ha raggiunto dimensioni ‘raccapriccianti’ in modo particolare in Siria e in Iraq ma anche nei paesi circostanti:

“La Santa Sede ha ripetutamente osservato che l’intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani non riguarda solo attacchi violenti o la distruzione insensata di oggetti religiosi e si esprime in molte forme nuove. Queste nuove forme di intolleranza e di discriminazione devono essere riconosciute”. Il terzo passaggio del discorso di mons. Camilleri ha avuto ad oggetto le ‘nuove forme di intolleranza’ contro i cristiani, che possono anche non essere necessariamente cruente.

Citando un discorso di papa Benedetto XVI durante la sua visita pastorale in Inghilterra del 2010, il sottosegretario ai Rapporti con gli Stati ha denunciato la tendenza a relegare la religione alla ‘sfera puramente privata’, arrivando persino a scoraggiare la celebrazione del Natale, secondo un malinteso concetto di ‘tolleranza’ e di ‘non-discriminazione’, principi che non dovrebbero essere usati o interpretati “in un modo che restringe la libertà di religione o di credo o altre libertà fondamentali”.

Il sottosegretario ai Rapporti con gli Stati ha quindi evidenziato quella che papa Francesco ha definito la ‘persecuzione educata dei cristiani’, che porta a ritenere la fede e la morale cristiana come ‘offensive’ e meritevoli di essere ‘eliminate dal discorso pubblico’: “Le restrizioni alla libertà religiosa vanno sfidate, poiché i crimini d’odio inevitabilmente prosperano in un ambiente in cui la libertà di religione non viene pienamente rispettata e in cui la religione è discriminata.

Malgrado le numerose sfide che dobbiamo affrontare nel combattere l’intolleranza nei confronti dei cristiani, non dobbiamo dimenticare che la religione o la fede, e quindi il cristianesimo, ha una capacità illimitata di bene, non solo per gli individui o le comunità (basti solo ricordare le immense opere caritative realizzate da cristiani), ma anche per la società nel suo insieme”.

Ed ha concluso il suo intervento ribadendo che la religione, pur non offrendo ‘soluzioni tecniche ai problemi del mondo’ è in grado di generare un processo di pace e di libertà: “La Santa Sede è convinta che, sia per gli individui sia per le comunità, la dimensione della fede può favorire il rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti umani, sostenere la democrazia e lo Stato di diritto e contribuire alla ricerca della verità e della giustizia.

Inoltre, il dialogo e la collaborazione tra le religioni e con le religioni sono un mezzo importante per promuovere sicurezza, fiducia, riconciliazione, rispetto e comprensione reciproci e a favorire la pace. I nostri sforzi comuni per combattere l’intolleranza o la discriminazione nei confronti dei cristiani partono dal nostro riconoscimento comune della libertà di religione o di credo”.

Infatti nella dichiarazione sulla libertà religiosa ‘Dignitatis Humanae’ (1965) la Chiesa auspicava che ogni Stato riconoscesse quale diritto dell’individuo la libertà religiosa: “Tutelare e promuovere gli inviolabili diritti dell’uomo è dovere essenziale di ogni potere civile.

Questo deve quindi assicurare a tutti i cittadini, con leggi giuste e con mezzi idonei, l’efficace tutela della libertà religiosa, e creare condizioni propizie allo sviluppo della vita religiosa, cosicché i cittadini siano realmente in grado di esercitare i loro diritti attinenti la religione e adempiere i rispettivi doveri, e la società goda dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e verso la sua santa volontà.

Se, considerate le circostanze peculiari dei popoli nell’ordinamento giuridico di una società viene attribuita ad un determinato gruppo religioso una speciale posizione civile, è necessario che nello stesso tempo a tutti i cittadini e a tutti i gruppi religiosi venga riconosciuto e sia rispettato il diritto alla libertà in materia religiosa”.

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