Le tre Epifanie

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L’Antifona al Magnificat dell’Epifania così ci fa cantare: Tre prodigi celebriamo in questo giorno santo: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l’acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia.

La solennità dell’Epifania è la celebrazione delle manifestazioni di Dio nel Cristo. La tradizione ne ha messe in evidenza tre: quella di Cristo-Dio ai Magi, l’altra al Battista e ai testimoni del Battesimo, e quella a tutti i convitati alle nozze di Cana. A Betlemme, i Magi trovano la Santa Famiglia. Al Giordano, la Trinità si rivela come Famiglia d’Amore; a Cana, tutto si svolge all’interno di un banchetto nuziale che costituisce il contesto in cui si rivela il nuovo e più vero rapporto sponsale tra Cristo e la sua Chiesa.

Nel suo incontrarsi con gli uomini, Dio segue gli arcani criteri dell’autorivelazione progressiva. Il Creatore si rivela attraverso il creato nell’uomo fatto a sua immagine e somiglianza. Nell’Antico Testamento si manifesta attraverso i grandi eventi storici da Lui compiuti. La piena e integrale teofania si ha poi al culmine dei tempi quando il Verbo, fattosi carne dell’umana natura , pianta la sua tenda fra gli uomini (cf. Gv 1,14). L’umanità di Cristo diventa il sacramento di Dio. Sacramento che lo rivela e lo rende presente, in attesa della manifestazione ultima e definitiva quando lo vedremo a faccia a faccia nella visione beatifica. La preghiera colletta dell’Epifania ci fa pregare: Conduci… noi che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la grandezza della tua gloria.

La venuta dei Magi a Betlemme, nella pre-visione esaltante del profeta Isaia, è contemplata come “luogo” verso cui tutti i popoli della terra convengono per riconoscere in Gesù il loro Re: Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla su di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te (Is 60,1-6). Questo cantico profetico, poetico e glorioso è visione di unità e universalità di tutti i popoli in cammino verso Gerusalemme. Essi sono divisi in due gruppi distinti: uno è formato dai figli d’Israele che ritornano dall’esilio, l’altro è formato dalle nazioni straniere attratte dalla gloria e dallo splendore di Dio. Alza gli occhi intorno e guarda: finito il tempo della stanchezza e del lamento, inizia il tempo della giovinezza, della gioia e della speranza. Lascia le tenebre, corri verso la luce: il piano di Dio riguarda tutti i popoli, tutti sono chiamati a essere avvolti e irradiati dallo splendore divino, trasparenza e presenza della gloria di Dio. Questa esplosione di luce non indica manifestazione, essa è sublime rivelazione di Dio che, in Cristo, chiama alla salvezza anche i “Gentili” e tutti i popoli a qualunque religione, razza, cultura appartengano.

Epifania è, dunque, Adventus, Rivelazione. I Magi giungono da Oriente perché desiderano conoscere la rivelazione e perciò la cercano con i loro mezzi, scrutando il cielo. Anche i sacerdoti e gli scribi indagano studiando le Scritture ma soltanto per una conoscenza astratta che non tocca la vita. Persino Erode vuole conoscere, ma per un perfido desiderio di morte. I Magi hanno il dono profetico della preveggenza. Partono e vengono per chiedere dati precisi. La domanda: Dov’è colui che è nato, il Re dei Giudei? La causa: Abbiamo visto spuntare la sua stella. Il motivo: «Siamo venuti per adorarlo (Mt 2, 2). I Magi, innanzi tutto, cercano il luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli scribi, mediante uno studio sottile e complesso, riescono a individuare il luogo in Betlemme. Le vie dello Spirito, per l’incontro col divino, sono anche scritte nella natura. I Magi scrutano nel misterioso mondo delle stelle per scoprire la rivelazione di Dio. Gli arcani cicli del loro movimento regolare davano impulso agli eventi storici. L’astrologia era scienza raffinatissima e complessa e i Magi si muovono su questo itinerario scientifico. I semiti credevano che, ogni qualvolta appariva una nuova stella, nasceva un grande personaggio. I Magi dicono a Erode di aver visto sorgere la ”sua stella”.

La letteratura apocalittica dice che le stelle, come gli angeli, sono messaggeri di Dio. Ma è chiaro che il mistero di Gesù viene rivelato e annunziato soltanto dalle Scritture (Rm 16,25-26). Per Erode e per i sacerdoti, le Scritture non sono luce che indicano la Via, né guida per rivelare il Messia. A nulla valgono i prodigi di una stella quando le barriere dei pregiudizi umani ostacolano il naturale cammino verso le profondità del mistero di Dio. Nella corte di Erode, il re assassino, preoccupato solo di salvaguardare il suo potere e pronto a distruggere chiunque tentava di toglierlo, regnava l’ambizione, che è idolatria delle cose, imperava la lussuria, che è idolatria della carne, dominava l’egoismo, che è idolatria di se stessi sino al sacrificio dei fratelli. Perché la scienza possa raggiungere il suo scopo e la filosofia diventare teologia, è necessario vivere la beatitudine dei puri di cuore: solo essi possiedono la capacità della visione di Dio. Gli uomini accecati dall’orgoglio intellettuale preferiscono il “loro messia” e il “loro Dio” a quello che Dio è in se stesso, a quello che Egli umanamente volle essere attraverso le sue scelte misteriose.

Il cammino dei Magi s’arresta lì dove la stella «si ferma sopra il luogo» indicato dalle Scritture. Proprio lì «trovano Gesù», ma l’incontro avviene quando, «entrati in casa», «Maria sua madre» lo mostra per l’adorazione e lo dona per la rivelazione. Ecco la vocazione di Maria! Attraverso di Lei, l’umanità in ricerca trova Dio nell’Epifania del Natale del Figlio. I Magi, come i pastori, diventano ”veggenti”, non nel senso di un puro vedere fisiologico, ma come capacità spirituale di saper percepire, nella fragilità del Bambino, il Verbo-Luce che si fa Carne nella storia dell’uomo. La luce della stella, la conoscenza delle Scritture e l’ostensione del Figlio, da parte della Madre, sono i segni per l’incontro, la rivelazione e l’adorazione. Quando gli occhi dei Magi, abituati a scrutare le stelle, vedono estasiati la Luce, s’immergono nel silenzio dello stupore. Silenzio adorante che diventa offertorio del triplice dono profetico: oro, incenso e mirra. Nella Messa dell’Epifania, l’orazione sopra le offerte riprende le parole di san Pier Crisologo che spiega il significato simbolico dei tre doni, dicendo che i Magi «con l’incenso riconoscono che Gesù è Dio, con l’oro lo accettano come re, con la mirra esprimono la loro fede in colui che doveva morire».

Oro, incenso e mirra sono doni profetici che indicano Regalità, Nuzialità, Sacerdozio: il Regno di Dio che si inaugura, il Sacerdozio che entra nella sua funzione ultima e redentrice, le Nozze divine che creano, santificano la Sposa e la uniscono al suo Sposo. Come dal sonno di Adamo nasce Eva, così, dal maestoso sonno della sua morte, il nuovo Adamo genera la nuova Eva: la Chiesa, mirabile sacramento dell’intera Chiesa di tutti i tempi. La venuta dei Magi è l’inizio dell’unità e della pace tra tutti i popoli. Unità che si realizzerà pienamente nella fede in Gesù Cristo, quando tutti gli uomini si sentiranno figli dello stesso Padre e, in questa paternità, sperimenteranno la fraternità universale. Come dalla vita di comunione e di amore tra il Padre e il Figlio è derivata la missione di Gesù, così dall’intimità tra Gesù e la sua Chiesa è scaturita la missione dei discepoli che è quella di creare comunione e unità tra tutti i popoli di ogni razza, lingua e cultura. San Paolo ci conferma che tutti siamo chiamati in Cristo a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo (Ef 3,6). San Leone Magno ci invita a vedere nei magi di ieri “le primizie della nostra vocazione e della notra fede” (Sermone 3 per l’Epifania). La Chiesa ci presenta i magi di ieri per fare di noi i magi di oggi.

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