Papa Francesco e la riforma cristocentrica

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Nel tradizionale incontro di fine anno con la Curia romana papa Francesco ha toccato i punti essenziali della riforma della struttura ecclesiastica in atto, evidenziando i criteri-guida, i passi compiuti, ma soprattutto la logica del perché di ogni passo che è stato realizzato e di ciò che verrà compiuto.

Però, prima di tutto ha ricordato il significato del Natale: “Il Natale, quindi, è la festa dell’umiltà amante di Dio, del Dio che capovolge l’ordine del logicamente scontato, l’ordine del dovuto, del dialettico e del matematico. In questo capovolgimento sta tutta la ricchezza della logica divina che sconvolge la limitatezza della nostra logica umana… Nel Natale noi siamo chiamati a dire ‘sì’, con la nostra fede, non al Dominatore dell’universo e neppure alle più nobili delle idee, ma proprio a questo Dio, che è l’umile-amante…

In realtà, Dio ha scelto di nascere piccolo, perché ha voluto essere amato. Ecco come la logica del Natale è il capovolgimento della logica mondana, della logica del potere, della logica del comando, della logica fariseistica e della logica causalistica o deterministica”. Prendendo spunto dalla riflessione natalizia il papa ha presentato la riforma della Curia Romana:

“Non v’è dubbio che nella Curia il significato della ri-forma può essere duplice: anzitutto renderla conforme alla Buona Novella che deve essere proclamata gioiosamente e coraggiosamente a tutti, specialmente ai poveri, agli ultimi e agli scartati; conforme ai segni del nostro tempo e a tutto ciò che di buono l’uomo ha raggiunto, per meglio andare incontro alle esigenze degli uomini e delle donne che siamo chiamati a servire; al tempo stesso si tratta di rendere la Curia più conforme al suo fine, che è quello di collaborare al ministero proprio del Successore di Pietro, quindi di sostenere il Romano Pontefice nell’esercizio della sua potestà singolare, ordinaria, piena, suprema, immediata e universale”.

Secondo il papa tale riforma è ecclesiologicamente orientata ‘in bonum e in servitium’: “Essendo la Curia non un apparato immobile, la riforma è anzitutto segno della vivacità della Chiesa in cammino, in pellegrinaggio, e della Chiesa vivente e per questo semper reformanda, reformanda perché è viva. E’ necessario ribadire con forza che la riforma non è fine a sé stessa, ma è un processo di crescita e soprattutto di conversione.

La riforma, per questo, non ha un fine estetico, quasi si voglia rendere più bella la Curia; né può essere intesa come una sorta di lifting, di maquillage oppure di trucco per abbellire l’anziano corpo curiale, e nemmeno come una operazione di chirurgia plastica per togliere le rughe. Cari fratelli, non sono le rughe che nella Chiesa si devono temere, ma le macchie!”

Secondo il papa per fare una diagnosi esatta occorreva parlare, nei due anni precedenti, delle malattie che affliggevano la Chiesa: “Tutto questo sta a dire che la riforma della Curia è un delicato processo che deve essere vissuto con fedeltà all’essenziale, con continuo discernimento, con evangelico coraggio, con ecclesiale saggezza, con attento ascolto, con tenace azione, con positivo silenzio, con ferme decisioni, e con tanta preghiera, con tanta preghiera, con profonda umiltà, con chiara lungimiranza, con concreti passi in avanti e, quando risulta necessario, anche con passi indietro, con determinata volontà, con vivace vitalità, con responsabile potestà, con incondizionata obbedienza; ma in primo luogo con l’abbandonarci alla sicura guida dello Spirito Santo, confidando nel Suo necessario sostegno. E per quest’ultimo preghiera, preghieta, preghiera!”

Entrando nel cuore della riforma papa Francesco ha elencato 12 criteri-guida: individualità; pastoralità; missionarietà; razionalità; funzionalità; modernità; sobrietà; sussidiarietà; sinodalità; cattolicità; professionalità; gradualità. Conversione personale (individualità): il Papa ribadisce l’importanza della conversione individuale senza la quale saranno inutili tutti i cambiamenti nelle strutture perché la vera anima della riforma sono gli uomini che ne fanno parte e la rendono possibile. 2. Conversione pastorale (pastoralità): l’impegno di tutto il personale della Curia deve essere animato da una pastoralità e da una spiritualità di servizio e di comunione.

3. Missionarietà: il fine principale di ogni servizio ecclesiastico è quello di portare il lieto annuncio a tutti i confini della terra. 4. Razionalizzazione degli organismi della Curia romana per evidenziare che ogni dicastero ha competenze proprie. Nessun dicastero può attribuirsi la competenza di un altro dicastero, tutti fanno riferimento diretto al Papa. 5. L’accorpamento dei dicasteri competenti su materie affini in un unico dicastero serve a dare al medesimo dicastero una rilevanza maggiore e aiuta ad avere una maggiore funzionalità.

6. Modernità significa capacità di leggere e di ascoltare i ‘segni dei tempi’ secondo il Concilio Vaticano II. ‎7 Sobrietà attraverso la semplificazione e lo snellimento della Curia. 8. Rispetto dei principi della sussidiarietà e della razionalizzazione. 9. Per sinodalità il papa ribadisce che il lavoro della Curia deve essere sinodale con abituali riunioni dei capi dicastero, presiedute dal Papa, regolari udienze, riunioni interdicasteriali.

10. Tra i collaboratori, oltre ai sacerdoti e consacrati/e, la Curia deve rispecchiare la cattolicità della Chiesa con l’assunzione di personale proveniente da tutto il mondo, di diaconi permanenti e fedeli laici e laiche con un numero maggiore di laici specialmente in quei dicasteri dove possono essere più competenti dei chierici o dei consacrati. 11. Formazione permanente del personale per evitare la routine del funzionalismo. 12 La gradualità è il frutto dell’indispensabile discernimento che implica processo storico, scansione di tempi e di tappe, verifica, correzioni, sperimentazione, approvazioni ad experimentum.

Infine si è soffermato su alcuni passi compiuti durante i tre anni del suo pontificato attraverso i 16 provvedimenti emanati per la riorganizzazione dei Dicasteri vaticani: “Il nostro incontro è iniziato parlando del significato del Natale come capovolgimento dei nostri criteri umani per evidenziare che il cuore e il centro della riforma è Cristo (Cristocentrismo)”.

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