Europa: i rifugiati sono nostri fratelli

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Nei primi giorni di dicembre presso la Casina Pio IV si è svolto il seminario ‘Europa: i rifugiati sono nostri fratelli’, promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze, in cui hanno partecipato 80 sindaci di tutto il mondo per parlare di nuove strade per costruire la pace, che mettano in evidenza la dignità umana di tutti i rifugiati e che permettano di affermare la loro identità.

Alla conclusione del convegno, papa Francesco, che non ha potuto incontrare i sindaci in udienza, ha inviato loro una lettera personale, in cui ha affermato l’apprezzamento dell’iniziativa: “In entrambe le giornate ho seguito da vicino lo svolgimento dei lavori e sono consapevole dei notevoli successi che sono stati raggiunti.

Ho voluto rispettare la libertà di tutti e di ciascuno. Apprezzo molto la proposta che è stata avanzata di creare una rete di sindaci… Mentre chiedo al Signore di non abbandonarla mai soprattutto in questo momento difficile, la accompagno con riconoscenza e affetto. Non si dimentichi di pregare per me o, se non prega, le chiedo che mi pensi bene e mi mandi ‘buona onda’. Sinceramente, Francesco”.

Inoltre, i sindaci hanno sottoscritto una ‘nota concettuale’ partendo dall’Enciclica ‘Laudato sì’: “Tre quarti di tutte le odierne emergenze umanitarie sono la diretta conseguenza di una guerra. Per ridurre tale cifra niente sarebbe più efficace che porre fine a tutti i conflitti armati, e prevenire quelli futuri o la ripresa di quelli storici, così da eliminare in un colpo solo la principale causa degli esodi di massa dei rifugiati.

Le cause della guerra sono molteplici e non sempre giuste: orgoglio nazionale, avidità, rabbia, brama di potere, indolenza verso il fare del bene, invidia nei confronti dei paesi vicini. In breve, questo flagello affonda le sue radici in una umanità incline all’egoismo e all’interesse personale”. Dopo l’analisi delle cause che costringono i 125.000.000 profughi a fuggire dai propri Paesi, i sindaci hanno prospettato alcune risoluzioni:

“In primo luogo, fermare all’origine l’ondata di rifugiati, mettendo immediatamente fine alla guerra in Siria. Secondo, non bisogna sanzionare la Gran Bretagna per la sua uscita dall’Unione Europea, caratterizzata dalla preoccupazione su come vivere l’unità a fronte dell’arrivo massivo di rifugiati e della mancanza di lavoro. Ciò significa pensare a una forma di unione più creativa e feconda, finanche a una ‘sana disunione’… La priorità deve essere data al salvare vite.

E’ fondamentale creare un robusto sistema di assistenza per i rifugiati, consentendo loro di chiedere asilo, accogliendo in modo equo le loro richieste, ricollocando i più vulnerabili e soddisfacendo i bisogni primari come l’istruzione e la salute. Terzo, devono essere creati dei corridoi umanitari sicuri e certi, riconosciuti a livello internazionale non solo dai paesi membri della UE, in cui l’attuale situazione sta portando le infrastrutture del welfare oltre il limite della sostenibilità, ma anche in paesi meno popolosi quali, tra gli altri, l’Argentina, l’Australia, il Brasile, il Canada, gli USA, e il Medio Oriente.

Si deve rispettare il principio di non respingimento (Non refoulement) dei rifugiati e, in ogni caso, esaminare la possibilità di un loro accesso al mercato del lavoro nel paese ospitante. Quarto, offrire l’amnistia o altri tipi di soluzioni per le vittime della schiavitù moderna e la tratta di esseri umani che vengono sottoposti a forme di lavoro forzato.

Quinto, ripristinare un senso di giustizia e di eque opportunità nelle disilluse classi lavoratrici, nei giovani disoccupati e in tutti coloro la cui condizione economica è stata indebolita dalle crisi finanziarie e dall’esternalizzazione e precarizzazione del lavoro… Sesto, non meno importante è concentrare le risorse, compresi eventuali aiuti aggiuntivi, nel promuovere lo sviluppo economico dei paesi a basso reddito, piuttosto che nella guerra.

In maniera del tutto indipendente dalle politiche migratorie che vengono applicate, la migrazione incontrollata dalle regioni povere e segnate dalle guerre diventerà incontrollabile se il cambio climatico, l’estrema povertà, la mancanza di istruzione e di formazione continueranno a indebolire lo sviluppo di Africa, America Centrale e Caraibi, Medio Oriente e Asia Centrale”.

Ed il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha proposto di seguire l’esempio di Giorgio La Pira: “Il dialogo tra le città e i sindaci sarebbe in grado di proporre un piano comune, per rivedere gli attuali trattati internazionali sull’immigrazione che sono troppo lenti, non più attuali e insufficienti a gestire un fenomeno di tali proporzione…

Occorre smettere di inseguire l’emergenza, scommettendo su un piano strutturato e sul raddoppio delle risorse sulla cooperazione a cui l’Europa dedica solo € 56.000.000.000, mentre sono € 311.000.000.000 quelli dedicati alle spese militari. Unificare il mondo costruendo ponti e abbattendo muri, diceva Giorgio La Pira e a questo dobbiamo tendere, indagando e cercando di risolvere le cause globali dell’immigrazione ovvero guerre, squilibrio di ricchezze, tratta di esseri umani e mancanza di sistemi di rapido intervento nei casi di crisi umanitarie”.

Perciò anche i sindaci italiani desiderano “un’Europa moderna e aperta al futuro, libera dalle paure, fondata sulla valorizzazione dei talenti e del merito, solidale nei confronti del mondo che più soffre e garante di libertà e di democrazia… Nel rispondere alla sfida epocale che la protezione dei richiedenti asilo e le migrazioni ci pongono davanti, riconosciamo nel ruolo dei Sindaci la grande responsabilità di trasformare le parole e gli atti della politica in gesti quotidiani e in scelte amministrative concrete, e di saperle raccontare e condividere con la cittadinanza, diventando così operatori di pace”.

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