La Chiesa rwandese chiede perdono per il genocidio

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In una lettera emanata a conclusione dell’anno del ‘Giubileo della Misericordia di Dio’ e letta a conclusione delle messe festive nelle chiese rwandesi, i vescovi cattolici delle nove diocesi del Rwanda hanno chiesto perdono per il ruolo che la Chiesa ha potuto avere nel genocidio del 1994.

Come ha spiegato all’agenzia Fides il presidente della Conferenza Episcopale, mons. Philippe Rukamba, vescovo di Butare, “la lettera è divisa in 14 punti. Nella prima parte ringraziamo Dio per tutto quello che ci ha donato, la vita, i figli, la cultura, la Chiesa che ha più di 100 anni. Nella seconda parte chiediamo perdono per il genocidio come individui, perché non è la Chiesa in quanto tale che ha commesso questi crimini, ma sono i suoi figli che hanno peccato.

Si condanna anche l’ideologia del genocidio che è stato un elemento importante nel scatenare la tragedia che comportato la distruzione di così tante vite e del tessuto sociale del nostro Paese”. Nella lettera i vescovi hanno chiesto perdono per il comportamento di alcuni sacerdoti e vescovi per il loro comportamento, secondo quanto riferito dalle agenzie internazionali:

“Ci scusiamo a nome di tutti i cristiani per tutte le forme di torti che abbiamo commesso. Ci dispiace che i membri della Chiesa abbiano violato il loro giuramento di fedeltà ai comandamenti di Dio”. I Vescovi hanno anche ufficialmente condannato l’ideologia del genocidio, ricordando, peraltro, come appena un mese dopo l’inizio del genocidio, papa Giovanni Paolo II sia stato il primo, a livello mondiale, a condannare ufficialmente le atrocità in atto, bollandole esplicitamente come un genocidio, e a invocare per i responsabili il giudizio di Dio e della storia.

Nella lettera, i Vescovi hanno chiesto perdono per l’odio diffuso nel Paese: “fino al punto di odiare anche i nostri confratelli a causa della loro appartenenza etnica e di non aver dato dimostrazione di essere una sola famiglia, uccidendoci invece a vicenda… Ci scusiamo per tutte le guerre che si sono verificate in questo paese. Perdonaci per i crimini commessi da sacerdoti e suore e dalla leadership della chiesa che hanno promosso divisionismo etnico e odio”.

La presa di coscienza è molto importante in campo internazionale, perché per quasi 22 anni, la Chiesa cattolica in Rwanda non si era mai pronunciata sul ruolo avuto da alcuni membri del clero e dei singoli cattolici nel genocidio che ha causato la morte di oltre un milione di persone nel Paese, tra aprile e luglio 1994.

Inoltre nell’aprile 2014 papa Francesco aveva scritto ai vescovi del Rwanda queste parole: “Il Rwanda tra qualche giorno commemorerà il ventesimo anniversario dell’inizio dell’orribile genocidio che ha provocato tante sofferenze e ferite, che sono ancora lungi dall’essersi rimarginate.

Mi unisco di tutto cuore al lutto nazionale, e vi assicuro della mia preghiera per voi, per le vostre comunità spesso lacerate, per tutte le vittime e le loro famiglie, per l’intero popolo rwandese, senza distinzione di religione, di etnia o di opzione politica. Venti anni dopo quei tragici eventi, la riconciliazione e la guarigione delle ferite restano certamente la priorità della Chiesa in Rwanda.

Vi incoraggio a perseverare in questo impegno, che avete già assunto attraverso numerose iniziative. Il perdono delle offese e la riconciliazione autentica, che potrebbero sembrare impossibili all’occhio umano dopo tante sofferenze, sono tuttavia un dono che è possibile ricevere da Cristo, mediante la vita di fede e la preghiera, anche se il cammino è lungo e richiede pazienza, rispetto reciproco e dialogo.

La Chiesa ha dunque un posto importante nella ricostruzione di una società rwandese riconciliata; con tutto il dinamismo della vostra fede e della speranza cristiana, andate quindi risolutamente avanti, rendendo senza posa testimonianza alla verità… Un dialogo costruttivo e autentico con le Autorità potrà favorire l’opera comune di riconciliazione e di ricostruzione della società fondata sui valori della dignità umana, della giustizia e della pace. Siate una Chiesa che sappia prendere l’iniziativa e generare fiducia”.

Il genocidio provocò anche 248 vittime tra sacerdoti e vescovi. Nonostante ciò il governo rwandese ha chiesto esplicitamente ‘le scuse da parte del Vaticano, come è accaduto più volte con altri casi di minore entità’: “Questo passaggio è il benvenuto, come espressioni individuali di rimorso. Tuttavia, la sua profonda inadeguatezza serve solo a mettere in evidenza fino a che punto la Chiesa cattolica è ancora lontana da una resa dei conti completa e onesta con le sue responsabilità morali e legali.

In primo luogo, come si scusano per conto di alcuni individui senza nome, i vescovi sembrano escludere qualsiasi colpa della Chiesa cattolica nel suo complesso in relazione al genocidio. Ogni ricostruzione storica contraddice questa affermazione di divisione. In secondo luogo, è deplorevole che alcuni sacerdoti si siano apparentemente rifiutati di leggere il messaggio dei vescovi ai fedeli come previsto, dissociandosi quindi anche da questa debole espressione di rammarico.

Infine, data la portata dei crimini, c’è ampia giustificazione per le scuse da parte del Vaticano, come è accaduto più volte con altri casi di minore entità. Il governo rwandese loda la presa di posizione dei vescovi sull’importanza della lotta contro l’ideologia del genocidio, e continuerà a impegnarsi in un dialogo aperto e franco con dirigenti della Chiesa con l’intento di incoraggiare la Chiesa cattolica ad affrontare il proprio passato, senza scuse o paura, proprio come hanno fatto gli stessi rwandesi negli ultimi ventidue anni”.

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