Si allarga la piaga delle spose bambine

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In occasione della Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze, celebrata nella scorsa settimana, Save The Children ha presentato il rapporto ‘Every Last Girl: Free to live, free to learn, free from harm’, stilando la classifica dei Paesi del mondo dove non è facile essere una bambina o una ragazza a causa di matrimoni precoci, scarso accesso a educazione e sanità ed esclusione dai processi decisionali le principali barriere che impediscono a bambine e ragazze di costruirsi un futuro ricco di opportunità.

A livello globale la situazione delle bambine e delle ragazze è tutt’altro che rosea: una ragazza minore di 15 anni si sposa ogni sette secondi, oltre 1.000.000 di ragazze diventano madri prima di compiere i 15 anni, mentre 70.000 ragazze tra i 15 e i 19 anni perdono la vita ogni anno per cause legate alla gravidanza e al parto. Questi sono solo alcuni dei dati che emergono dal rapporto, che contiene la graduatoria dei Paesi al mondo dove le bambine e le ragazze hanno maggiori opportunità di crescita e di sviluppo, basata su cinque parametri: matrimoni precoci, numero di bambini per madri adolescenti, mortalità materna, completamento della scuola secondaria di primo grado e numero di donne in Parlamento.

In coda alla classifica, c’è il Niger, seguito da altri Paesi africani quali Ciad, Repubblica Centrafricana, Mali e Somalia, che si caratterizzano per numeri molto alti di spose bambine. Gli Stati Uniti non vanno invece oltre la 32^ posizione, in virtù di tassi di mortalità materna e numero di bambini nati da madri adolescenti più alti di quelli di altri Paesi ad alto reddito. Invece l’Italia presenta gli stessi risultati della Svezia prima classificata per quanto riguarda il numero di figli per madri adolescenti (6 su 1.000) e tasso di mortalità materna (4 su 100.000 nascite), mentre ha una percentuale minore di donne che siedono in Parlamento (31% contro 44%).

Per quanto riguardano i matrimoni precoci sono più di 700.000.000 le donne che si sono sposate prima di aver compiuto i 18 anni, e ogni anno 15.000.000 bambine e ragazze contraggono matrimonio ancora minorenni, con conseguenze drammatiche sulla loro salute, educazione e sicurezza. L’India è il Paese con il più alto numero di spose bambine, con il 47% delle ragazze, più di 24,5 milioni, sposate prima di aver compiuto i 18 anni. In India, del resto, così come in Afghanistan, Yemen e Somalia, sono numerosi i casi di spose bambine che hanno meno di 10 anni e che si legano a uomini molto più grandi di loro.

Dal rapporto emerge inoltre come le ragazze che vivono in famiglie povere abbiano molte più probabilità di sposarsi molto giovani rispetto alle proprie coetanee con alle spalle famiglie benestanti. In Nigeria, per esempio, il 40% delle ragazze povere si sposa prima di aver compiuto i 15 anni, una percentuale che si abbassa al 3% per le ragazze più ricche. Anche guerre e crisi umanitarie contribuiscono ad alimentare il fenomeno dei matrimoni precoci.

Molte ragazze siriane vengono costrette dalle proprie famiglie a sposarsi in tenerissima età, nella convinzione che questo sia l’unico modo per metterle al riparo da violenze e stupri e per assicurare loro risorse e mezzi di sostentamento che spesso le stesse famiglie non sono più in grado di garantire. Tra le ragazze siriane rifugiate in Giordania, nel 2013, una su quattro di età compresa tra i 15 e i 17 anni risultava già sposata.

Ogni anno, secondo il rapporto, 16.000.000 di ragazze tra i 15 e i 19 anni mettono al mondo un figlio, mentre sono oltre 1.000.000 le ragazze che diventano madri prima di compiere i 15 anni. Le complicazioni durante la gravidanza e il parto rappresentano, dopo i suicidi, la seconda causa di morte per le ragazze tra i 15 e i 19 anni, con circa 70.000 ragazze che perdono la vita ogni anno. I bambini che nascono da madri adolescenti, inoltre, hanno il 50% d probabilità in più di morire nei primi giorni dopo il parto, rispetto ai figli di donne tra i 20 e i 35 anni di età.

In molti Paesi del mondo, infine, le ragazze continuano a non potersi esprimere liberamente e a non essere coinvolte nei processi decisionali pubblici e privati. A tal proposito Amnesty International ha sollecitato le autorità di Teheran per sospendere l’esecuzione di Zeinab Sekaanvand, una donna curdo-iraniana di 22 anni, arrestata quando ne aveva 17 e condannata per aver ucciso il marito al termine di un processo viziato da gravi irregolarità, come ha dichiarato Philip Luther, del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International:

“Questo caso è estremamente inquietante. Intanto, Zeinab Sekaanvand aveva meno di 18 anni al momento del reato. Inoltre, prima del processo le è stato impedito di avere un avvocato e ha anche dichiarato di essere stata torturata da agenti di sesso maschile su ogni parte del corpo. Il continuo ricorso alla pena di morte contro rei minorenni illustra come le autorità iraniane disprezzino persino gli impegni presi ufficialmente.

Chiediamo che la condanna sia annullata e che Zeinab Sekaanvand sia nuovamente processata, senza infliggerle la pena di morte e nel rispetto dei principi della giustizia minorile”. Zeinab Sekaanvand è stata arrestata nel febbraio 2012, all’età di 17 anni, per aver ucciso il marito, sposato quando aveva appena 15 anni. E’ stata trattenuta per 20 giorni in una stazione di polizia, dove -secondo quanto ha denunciato- è stata picchiata da agenti di sesso maschile.

Ha ‘confessato’ di aver accoltellato il marito dopo mesi e mesi di violenza psicologica e fisica e dopo che l’uomo aveva ripetutamente rifiutato di concederle il divorzio. Il processo è stato gravemente irregolare. Nella fase che lo ha preceduto, Zeinab Sekaanvand non ha potuto avere un avvocato e ha incontrato quello d’ufficio solo nell’ultima udienza del processo, il 18 ottobre 2014.

In quell’occasione, la ragazza ha ritrattato la ‘confessione’ resa quando era priva di assistenza legale, denunciando che ad aver ucciso il marito era stato il fratello di quest’ultimo. Il vero assassino, ha raccontato Zeinab Sekaanvand, l’aveva violentata numerose volte e l’aveva convinta ad assumersi la responsabilità dell’omicidio promettendole che l’avrebbe perdonata (secondo la legge islamica, i parenti di una vittima di omicidio possono perdonare l’assassino in cambio di un risarcimento).

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