Mons. Cataldo Naro, il ricordo e l’eredità per il futuro

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Dieci anni sono trascorsi dalla morte dell’arcivescovo di Monreale, un uomo sempre al servizio della Chiesa. Il 29 Settembre del 2006, il triste annuncio della sua morte, accompagnato dallo stupore che solo le notizie inaspettate sanno generare.

Nel decennale della scomparsa, però, non c’è solo il ricordo del religioso originario di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta. Tante le iniziative per divulgare il pensiero di un lungimirante Pastore che avuto cura del suo gregge. I suoi scritti del magistero episcopale tracciano una linea precisa sull’indirizzo che ha voluto imprimere al suo mandato. La sua continua ricerca della verità mediante lo studio, il discernimento e il metodo, ha attratto tanti fedeli al suo seguito, così come tanti nemici, refrattari e ostili alla sua predicazione schietta e diretta. Un vero educatore di anime, che nell’insegnamento ha trovato una via feconda per far conoscere Dio.

In un ventennio, dagli anni Ottanta ai primi del Duemila, ha ricoperto il ruolo di docente di Storia ecclesiastica presso l’Istituto teologico ‘Mons. Guttadauro’, sino alla carica di preside. Il dialogo è il suo tratto distintivo. Tangibile esempio è l’esperienza nella direzione ventennale del Centro Studi Cammarata di San Cataldo. L’istituto ha un preciso scopo: analizzare le dinamiche sociali, storiche ed economiche che coinvolgono la Sicilia e in generale il Meridione, alla luce dell’aiuto fornito dal mondo cattolico.

Successi e delusioni si susseguono, specie come segretario del Sinodo della sua diocesi. La sua istanza per una Chiesa in uscita, che anni dopo avrebbe ripreso anche Papa Francesco, non è ben vista da tutti gli addetti ai lavori. Come bene puntualizza in uno dei suoi discorsi, mons. Naro chiarisce che: “il ripiegamento della Chiesa su se stessa le impedisce di sentire l’ansia missionaria nei confronti del mondo. In un mondo senza tradizioni, la Chiesa deve trasmettere una tradizione, che è il Vangelo e la sua interpretazione bimillenaria, ma anche l’esperienza spirituale della Chiesa particolare”.

L’eco del suo servizievole ed umile operato si espande anche a livello nazionale, tanto da ricoprire il ruolo di Consulente per il Progetto culturale della Cei, oltre a far parte del consiglio di amministrazione del quotidiano Avvenire e del comitato scientifico delle Settimane Sociali. A seguire l’Arcidiocesi di Monreale, per lui vista non come un premio per quanto sin qui svolto, bensì come uno stimolo ulteriore ad ‘abbracciare la croce’.

Tra convegni per catechisti, progetti pastorali, pedagogici, riorganizzazione delle parrocchie e lettere pastorali, il porporato nisseno ha voluto esortare a combattere le piache sociali mediante il Vangelo. La lotta alla mafia, il dialogo con il mondo musulmano e il continuo anelito verso gli ultimi sono alcuni dei temi affrontati durante il suo mandato. Ricco e prolifico è dunque il suo testamento spirituale, impreziosito dai moniti verso quelle distrazioni che ledono il confronto umano.

La sua franchezza ha spesso generato straniamenti all’interno dell’ala più conservatrice della comunità ecclesiale. Talvolta il senso di scoramento dovuto all’isolamento ne indebolivano il fisico e la mente. Il tutto però, offerto a Dio, rendeva fruttuoso il suo cammino verso la contemplazione. Un uomo speciale, che ha tanto amato la Chiesa, lasciando spunti costanti per approfondire e innovare in funzione della comunione. Il suo ricordo si proietta nel futuro per accrescere i valori cristiani oggi lesi dal relativismo culturale.

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