Cei: aprire strade di futuro

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La via della progettualità con cui accostare il mondo del lavoro. La via del rinnovamento per avviare processi di formazione del clero a partire da alcune proposte qualificate. La via della collaborazione, passo concreto per accostare il tema del riordino delle diocesi. La via della riforma per attuare la volontà del papa nei Tribunali ecclesiastici italiani in materia matrimoniale. Lungo queste ‘strade’ si è snodata la sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente.

Riprendendo l’analisi iniziale del presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco sulla situazione del Paese, i vescovi si sono confrontati sulle dinamiche che interessano il mondo del lavoro, dando voce alle tante persone che faticano a causa della mancanza di un’occupazione o della sua precarietà. Con sguardo ad un tempo preoccupato e propositivo hanno messo a fuoco il tema della prossima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani (Cagliari, 26 – 29 ottobre 2017) sul tema: ‘Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale’, la metodologia e la finalità che devono animarla per ‘dare voce a chi non ne ha’:

“Su questo sfondo, i Vescovi hanno sottolineato l’importanza di maturare una piena consapevolezza dei cambiamenti radicali che attraversano il mondo del lavoro: conoscerne le dinamiche appare decisivo per evitare il rischio di fermarsi ad analisi datate o, al più, alla drammatica realtà di quanti ne pagano le conseguenze. Nell’esperienza dei pastori, la Chiesa, impegnata a ridurre una certa lontananza dal mondo del lavoro, sul territorio rimane un interlocutore credibile nella sua capacità di attivare una rete solidale tra i diversi soggetti. Anche nelle realtà più piccole, infatti, essa costituisce un riferimento a tutela e promozione di tutti”.

Nell’affrontare il tema del rinnovamento del clero, il Consiglio Permanente ha condiviso la proposta di un Sussidio, che disegni i diversi tasselli della formazione permanente a partire dalla valorizzazione delle indicazioni, iniziative e buone prassi emerse nel corso del lavoro degli ultimi due anni:

“Al riguardo, ecco le dimensioni maggiormente evidenziate: il percorso assicurato dal Seminario, i criteri di ammissione e di valutazione, l’investimento nella qualità degli educatori; le modalità di esercizio da parte dei Vescovi della paternità nei confronti dei presbiteri, l’impegno a favorirne il senso di appartenenza al presbiterio e la cura per la vita fraterna; la vita interiore, questione essenziale, che precede e sostanzia il servizio ministeriale, che vive all’insegna della piena disponibilità al popolo di Dio; una più convinta promozione degli organismi di partecipazione, che, oltre a favorire una più piena esperienza ecclesiale, partecipi più efficacemente alla responsabilità amministrativa del sacerdote…

Il desiderio dei Vescovi è quello di assumere con sacerdoti e diaconi percorsi che favoriscano la comunione e la ministerialità, il cammino spirituale e il rinvigorimento dell’attività missionaria, insieme a una migliore e più snella gestione delle questioni economiche e amministrative. Tutto questo nel quadro di un’etica dei rapporti infra-ecclesiali, che aiuti il sacerdote a interpretarsi nell’appartenenza al presbiterio e alla comunità cristiana”. Infine hanno approvato il Messaggio per la 39ª Giornata nazionale per la Vita (12 febbraio 2017), dedicato a santa Teresa di Calcutta, dal titolo: ‘Donne e uomini per la vita nel solco di Santa Teresa di Calcutta’.

E nella prolusione il card. Bagnasco aveva sottolineato il grande bisogno di essere ‘più Europa’: “Alla luce degli ultimi avvenimenti, dobbiamo riaffermare che oggi c’è bisogno di un di più di Europa. E’ possibile pensare che nel vortice del mondo globalizzato, dove sono saltati molti schemi e parametri, sia possibile vivere allontanandosi gli uni dagli altri? Ciò non ha nulla da vedere con qualche forma di internazionalismo che crea confusione di popoli: essere popolo, infatti, significa avere una propria missione presso la comunità più alta, in quanto si ha un patrimonio di storia e di cultura da offrire.

Solo così l’Europa sarà il luogo del superamento di ogni forma di sciovinismo, che mira a primeggiare e a imporsi ai singoli membri: ogni realtà, infatti, diviene ciò che deve essere solo all’interno di una armonia superiore, della comunità spirituale europea. I nazionalismi non si vincono né con l’omologazione forzosa, che è una sottile espressione di violenza, né con l’irenismo miope che è una forma sofisticata di deriva etica e di annullamento identitario.

Nessuno pensi che si voglia riproporre una visione eurocentrica del mondo; se guardiamo la geografia del pianeta, ogni continente ha qualcosa da portare a tutti, qualcosa di peculiare, che oggi sta emergendo in modo più chiaro e progressivo”. Ed nell’inizio della sua prolusione sono state ricordate le vittime del terremoto, che ha colpito l’Italia centrale:

“Sui volti delle popolazioni colpite brilla anche la fierezza umile e discreta della fede. La gioia e l’affetto che hanno mostrato nell’accogliere in una tenda l’immagine della Madonna recuperata dalle macerie della chiesa parrocchiale, ha colpito e commosso giovani e anziani. La fede cristiana ispira il modo di vedere noi stessi e gli altri, la felicità e il dolore, la vita e la morte…

La forza dello spirito, che la fede alimenta, è più forte del terremoto. Siamo richiamati all’importanza dei piccoli centri, dove la cultura dei legami, i mestieri antichi e nuovi, le tradizioni umane e religiose costruiscono un tessuto solido e dinamico, come un grembo che genera, sostiene e offre una visione alta della vita.

Meritano anche per questo ogni attenzione e cura, perché non si sfaldino nella malinconia del tramonto che una certa visione socio-economica ritiene non solo inevitabile, ma persino auspicabile. I piccoli centri sono una realtà preziosa, luoghi di fede e di umanità: anche chi ha fatto altre scelte rispetto alla fede cristiana, ne resta beneficamente toccato”.

Poi ha sottolineato che, in tempo di globalizzazione del ‘pensiero unico’, occorre che l’Europa non chiuda le porte ai migranti: “Continua l’esodo di tanti disperati che bussano alle porte del continente. Il Santo Padre non si stanca di richiamare lo stile dell’accoglienza e dell’integrazione, che richiede generosità e intelligenza politica e sociale; è uno stile che coinvolge tutti, chi accoglie e chi è accolto.

L’Italia è in prima linea e, nonostante difficoltà oggettive, continua a fare tutto il possibile su questo fronte che la vede ancora troppo sola. Le comunità cristiane cercano di allargare gli spazi dell’accoglienza e soprattutto del cuore, affinché si vada oltre l’emergenza verso percorsi di integrazione per quanti, mostrando consapevolezza e impegno, desiderano rimanere. Più che di tanta povera gente disperata che bussa alle porte del continente, l’Europa dovrebbe temere il cambiamento del modo di pensare che si vuole imporre dall’esterno.

Il Papa molte volte ha messo in guardia dalle ‘colonizzazioni’ in atto, che chiama ‘pensiero unico’: esso vuole costringere a pensare nello stesso modo, con gli stessi criteri di giudizio al di sopra del bene e del male. Propagandare in modo ossessivo certi stili di vita, inculcare il principio del piacere a qualunque costo, esaltare la ‘dea fortuna’ e il gioco anziché il gusto del dovere, del lavoro, della onestà; insinuare il fastidio dei legami, se questi non appagano sempre e comunque, far sognare una perenne giovinezza, spingere alla ricerca di evasioni continue dalla vita reale, non sostenere la fedeltà agli impegni di coppia, di famiglia, di lavoro…

tutto questo connota una mutazione culturale che aliena la persona da se stessa e dalla realtà, la appiattisce sul tutto e subito, la imprigiona in un individualismo esasperato, propagato come libertà. In questo clima l’io resta separato, privo di contatti, solo con se stesso”.

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