Da Assisi le religioni unite per la pace

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Ad Assisi papa Francesco ha concluso la preghiera ecumenica per celebrare i 30 anni degli incontri della Comunità di Sant’Egidio per la pace, chiedendo il dono dell’ ‘acqua viva’: “Madre Teresa di Calcutta volle che nelle cappelle di ogni sua comunità, vicino al Crocifisso, fosse scritto: ‘Ho sete’. Estinguere la sete d’amore di Gesù sulla croce mediante il servizio ai più poveri tra i poveri è stata la sua risposta.

Il Signore è infatti dissetato dal nostro amore compassionevole, è consolato quando, in nome suo, ci chiniamo sulle miserie altrui. Nel giudizio chiamerà ‘benedetti’ quanti hanno dato da bere a chi aveva sete, quanti hanno offerto amore concreto a chi era nel bisogno… Le parole di Gesù ci interpellano, domandano accoglienza nel cuore e risposta con la vita. Nel suo ‘Ho sete’ possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace.

Implorano pace le vittime delle guerre, che inquinano i popoli di odio e la Terra di armi; implorano pace i nostri fratelli e sorelle che vivono sotto la minaccia dei bombardamenti o sono costretti a lasciare casa e a migrare verso l’ignoto, spogliati di ogni cosa. Tutti costoro sono fratelli e sorelle del Crocifisso, piccoli del suo Regno, membra ferite e riarse della sua carne. Hanno sete”.

Ed ha concluso, chiedendo in modo specifico ai cristiani, di non dimenticare la misericordia: “Di fronte a Cristo crocifisso, ‘potenza e sapienza di Dio’, noi cristiani siamo chiamati a contemplare il mistero dell’Amore non amato e a riversare misericordia sul mondo. Sulla croce, albero di vita, il male è stato trasformato in bene; anche noi, discepoli del Crocifisso, siamo chiamati a essere ‘alberi di vita’, che assorbono l’inquinamento dell’indifferenza e restituiscono al mondo l’ossigeno dell’amore. Dal fianco di Cristo in croce uscì acqua, simbolo dello Spirito che dà la vita; così da noi suoi fedeli esca compassione per tutti gli assetati di oggi”.

In questa meditazione papa Francesco ha ripreso le parole pronunciate da san Giovanni Paolo II nel 1986, che aveva delineato nelle religioni il compito di implorare la pace: “Il nostro incontro attesta soltanto, questo è il vero significato per le persone del nostro tempo, che nel grande impegno per la pace, l’umanità, nella sua stessa diversità, deve attingere dalle sue più profonde e vivificanti risorse, in cui si forma la propria coscienza e su cui si fonda l’azione di ogni popolo. Vedo l’incontro odierno come un segno molto eloquente dell’impegno di tutti voi per la causa della pace. E’ proprio questo impegno che ci ha condotti ad Assisi”.

Poi nella preghiera ecumenica sono stati ricordati gli Stati, in cui si combatte una guerra con l’accensione di una candela, come una luce di speranza. Nel saluto finale agli oltre 500 leader delle grandi religioni mondiali, intervenuti alla cerimonia conclusiva dell’incontro ‘Sete di Pace’, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, prof. Andrea Riccardi, ha sottolineato che le religioni sono ‘fonti di speranza per chi ha sete di pace, perché ogni comunità religiosa, che prega, può liberare energie di pace’ nel ricordo di Aleppo, città martire:

“Dal 1986, le acque della pace sono debordate dalle fontane delle religioni, mischiandosi tra di loro per spegnere i conflitti. E’ lo spirito di Assisi. Quante storie! Ricordo il vescovo siriaco, Mar Gregorios. Qui nel 1986 e poi sempre con noi: credeva nel vivere insieme. Vescovo di Aleppo, città di convivenza interreligiosa, patrimonio dell’umanità dal 1986. Nell’aprile 2013, uscì da Aleppo con il vescovo Yazigi per una missione umanitaria. Non sono più tornati.

Aleppo bombardata è ora un cumulo di macerie con scheletri di palazzi, dove abita la gente. Quanta sete di pace in Siria! Lì hanno fatto cinicamente la guerra, concentrando armi di ogni tipo: hanno ucciso la convivenza. Perché la guerra è follia di gente avida di potere e denaro. Quando si conosce il dolore della guerra, appare però un ideale per cui vivere: la pace. Molti lamentano oggi la perdita d’ideali e valori: ma c’è la pace!

Non è riservata a politici, specialisti, militari: tutti possono essere artigiani di pace con la forza debole della preghiera e del dialogo. Così si sconfiggono i signori della guerra e gli strateghi… Il dialogo svela che la guerra e le incomprensioni non sono invincibili. Niente è perduto con il dialogo. Tutto è possibile con la pace!”.

Durante la cerimonia conclusiva il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha sottolineato che la pace ha bisogno di rispetto reciproco e di giustizia: “Giustizia è una rinnovata economia mondiale, attenta ai bisogni dei più poveri; è osservare la condizione del nostro pianeta, la salvaguardia del suo ambiente naturale, che è opera di Dio per i credenti, ma che è Casa Comune per tutti.

Significa anche salvaguardare le tradizioni culturali, religiose, artistiche, di ogni popolo della terra. Significa avere la capacità di una solidarietà che non è assistenza, ma è sentire il bisogno, il dolore e la gioia dell’altro, come nostro proprio. Giustizia è essere coerenti con quanto professiamo e crediamo, ma capaci di dialogo con l’altro, capaci di vedere le ricchezze dell’altro, capaci di non sopraffare l’altro, capaci di non sentirci superiori o inferiori del nostro prossimo. Giustizia è far sì che ognuno continui a vivere nella terra dei propri avi, in pace e amore, che possa tornare al suo focolare domestico per la crescita della società umana”.

Il rabbino capo di Saviyon, in Israele, David Brodman, deportato nei campi di concentramento nel 1943, ha messo in guardia da non dimenticare la storia: “Molte volte ho parlato ai giovani perché chi non conosce la storia è condannato a ripeterla. Per me lo spirito di Assisi è il miglior esempio di umiltà e santità ed è la risposta alla tragedia della Shoah e di tutte le guerre. Perché qui noi diciamo al mondo che è possibile diventare amici e vivere insieme in pace anche se siamo differenti”.

Eppoi Tamar Mikalli, che ora vive in Toscana, ha raccontato la vita ad Aleppo: “Mi tornano alla mente i tanti amici musulmani e cristiani. Ora si fanno differenze tra cristiani e musulmani, ma prima della guerra non c’erano differenze. Ognuno di noi praticava le proprie religioni in una terra che formava un mosaico attraverso le differenti culture, lingue e religioni. Poi è scoppiata la guerra, non so ancora bene perché. Hanno cominciato a piovere missili che distruggevano le case.

Sento ancora le grida di un padre, di una madre o le urla dei bambini che cercano i loro genitori… Abbiamo resistito tre anni nella speranza che la guerra finisse, abbiamo vissuto in miseria, poi hanno bombardato la casa della mia famiglia, e alla fine abbiamo deciso di lasciare la Siria e siamo giunti in Libano. Siamo diventati rifugiati, insieme a migliaia di siriani. Abbiamo dovuto lasciare tutto, ho portato con me anche i miei genitori anziani, non sarei mai partita senza di loro. E’ il secondo esodo che compiono le nostre famiglie in 100 anni”.

Nell’appello finale i leaders religiosi hanno chiesto la pace: “Ci siamo posti in ascolto della voce dei poveri, dei bambini, delle giovani generazioni, delle donne e di tanti fratelli e sorelle che soffrono per la guerra; con loro diciamo con forza: No alla guerra! Non resti inascoltato il grido di dolore di tanti innocenti. Imploriamo i Responsabili delle Nazioni perché siano disinnescati i moventi delle guerre: l’avidità di potere e denaro, la cupidigia di chi commercia armi, gli interessi di parte, le vendette per il passato.

Aumenti l’impegno concreto per rimuovere le cause soggiacenti ai conflitti: le situazioni di povertà, ingiustizia e disuguaglianza, lo sfruttamento e il disprezzo della vita umana. Si apra finalmente un nuovo tempo, in cui il mondo globalizzato diventi una famiglia di popoli. Si attui la responsabilità di costruire una pace vera, che sia attenta ai bisogni autentici delle persone e dei popoli, che prevenga i conflitti con la collaborazione, che vinca gli odi e superi le barriere con l’incontro e il dialogo.

Nulla è perso, praticando effettivamente il dialogo. Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace; da Assisi rinnoviamo con convinzione il nostro impegno ad esserlo, con l’aiuto di Dio, insieme a tutti gli uomini e donne di buona volontà”.

Infine il vescovo ausiliare di Muenster, mons. Heinrich Timmerevers, ha annunciato che il prossimo incontro si svolgerà in Germania, a Muenster e a Osnabruck, che sono le due città dove furono firmati i trattati di pace, con la fine delle guerre di religione in Europa nel 1648.

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