Il ruolo delle religioni nella cura dei migranti

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Il ruolo delle religioni nel prevenire crimini e atrocità è stato il punto nodale degli interventi tenuti dal segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, al summit dell’Onu sui migranti,che ha sottolineato che ‘tutte le componenti della società civile hanno un ruolo nella prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo violento’, ricordando che le comunità religiose e i loro leader possono offrire un contributo essenziale.

Nell’intervento il segretario di Stato vaticano ha ripreso i valori della Carta dell’ONU: “Questi stessi principi fondamentali vengono affermati dalla maggior parte delle principali tradizioni religiose nel mondo e dalla gente di buona volontà. La regola d’oro ci impone di trattare rifugiati e migranti nello stesso modo in cui vorremmo essere trattati noi se fossimo nella loro situazione.

Pertanto, mentre cerchiamo di trovare i modi più efficaci per rispondere alle sfide poste dai movimenti senza precedenti di rifugiati e di migranti, tenendo conto delle legittime preoccupazioni di società e paesi, non dobbiamo perdere di vista le persone reali, con un nome e un volto, che stanno dietro alle sconvolgenti statistiche. I rifugiati hanno bisogno della nostra protezione, ma anche i migranti hanno bisogno, oltre che di solidarietà e di compassione, che siano rispettati i loro diritti”.

In seguito ha sottolineato che tale sfida può essere affrontata insieme, in quanto le barriere fisiche e legislative: “dividono le persone e i popoli, causano tensioni tra loro e indeboliscono e ostacolano lo sviluppo. Invece, malgrado le difficoltà, gli interessi elettorali e le preoccupazioni comprensibili e legittime, le nostre responsabilità esigono che superiamo paure e ostacoli e lavoriamo per un mondo in cui le persone e i popoli possano vivere nella libertà e nella dignità.

Le enormi e complesse sfide poste dai vasti movimenti di rifugiati e migranti possono essere affrontate solo se lavoriamo tutti insieme. La mia Delegazione insiste sulla necessità di un dialogo transnazionale e di cooperazione tra le nazioni, le organizzazioni internazionali e le agenzie umanitarie. A tale riguardo, la collaborazione con le organizzazioni religiose e le comunità di fede è particolarmente utile, poiché si tratta di interlocutori interessati e capaci, che spesso sono i primi a rispondere ai movimenti transfrontalieri di rifugiati e migranti e alle persone internamente dislocate”.

Dopo aver citato i dati il card. Parolin ha illustrato il lavoro svolto dal Vaticano a favore dei migranti: “La Santa Sede desidera ribadire ancora una volta il suo appello urgente perché siano compiuti sforzi politici e multilaterali per affrontare le cause alla base dei grandi movimenti e della dislocazione forzata di popolazioni, specialmente i conflitti e la violenza, le innumerevoli violazioni di diritti umani, il degrado ambientale, la povertà estrema, il commercio e il traffico d’armi, la corruzione e gli oscuri piani finanziari e commerciali connessi a tutto ciò.

Al tempo stesso, è necessario assicurare che i fondi per lo sviluppo vengano assegnati in modo equo e trasparente, consegnati e utilizzati in modo adeguato… La mia Delegazione osserva che la Dichiarazione politica avalla impegni urgentemente necessari per aiutare sia i rifugiati sia altri migranti forzati, poiché condividono le stesse cause fondamentali che richiedono una risposta comune.

Inoltre, la Dichiarazione tiene conto delle realtà nazionali, delle capacità, delle priorità e dei livelli di sviluppo in un modo che è coerente con i diritti e gli obblighi degli Stati secondo il diritto internazionale. Su questa linea, apprezziamo il forte invito a tutti gli Stati a operare per l’eliminazione della pratica della detenzione infantile, che non è mai nel miglior interesse del bambino”.

E da Assisi il prof. Mario Marazziti ha sottolineato: “Le migrazioni non sono un fatto transitorio, ma epocale. I migranti che premono alle porte dell’Europa sono una piccola minoranza rispetto alle masse di individui, persone, che oggi sono migranti forzati nel mondo. Più di 60.000.000, oggi, la cifra più grande dalla fine della seconda guerra mondiale, e della storia umana, forse. Solo 2.000.000 in Europa, e 2.000.000 in Libano o Giordania, come se in Europa ve ne fossero 200.000.000, in rapporto alla popolazione.

Ma l’Europa si è spaventata, partiti populisti pensano di guadagnare aumentando la paura, la paura è quello che vuole Daesh, ISIS, ma i nostri apprendisti stregoni che dicono ‘salviamo la civiltà occidentale’ regalano ogni minuto a Daesh una supremazia che non ha, proprio attraverso la strategia della paura e dell’indistinto: migranti uguale musulmani uguale possibili terroristi, comunque potenziali minacce e nemici, uguale clandestini e pericolo che si muove nell’ombra”.

Ed ha avanzato l’idea, portata avanti dalla Comunità di Sant’Egidio, dei ‘corridoi umanitari’: “Come mostra il modello dei corridoi umanitari di Sant’Egidio e Chiese evangeliche. Un’alternativa alla radicalizzazione, che invece può crescere nei campi di accoglienza, nella terra di nessuno, in carcere. Solo una grande politica di dialogo e amicizia e inclusione svuoterà l’impazzimento violento endogeno e esogeno, permetterà di riassorbire i foreign fighters. 6, 9, 18 mesi in un campo senza fare nulla è solo un costo umano ed economico…

Una grande politica di investimenti di sviluppo, o non ci sarà tempo. Perché tutte le democrazie occidentali si stanno indebolendo, sulla spinta dei diversi populismi, cinici o ignoranti. Si può fare. La vecchia Europa potrebbe trasformare questa crisi in un grande trapianto di cuore e di tessuti, senza rigetto. Le migrazioni sono una grande occasione: una medicina biologica per l’Europa, invece del trionfo della chirurgia plastica su una vecchia signora”.

Intanto al Palazzo di Vetro si è raggiunta un’intesa, che coinvolge 50 Stati, con almeno sette Paesi dell’Europa (Italia, Francia, Romania, Portogallo, Spagna, Repubblica ceca e Lussemburgo), che secondo fonti diplomatiche sarebbero pronti ad accogliere un numero di rifugiati dieci volte superiore rispetto al 2015; l’accordo dovrebbe entrare in vigore il 1° ottobre.

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