La Caritas attiva un fondo di emergenza per Aleppo

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Per la Siria, e soprattutto per Aleppo sotto assedio, sono giorni drammatici, in quanto le riserve di cibo e di medicinali scarseggiano e la popolazione è ancor di più sotto bombardamenti.

Per rispondere ai bisogni sempre più urgenti della popolazione la Caritas Siria ha attivato un fondo di emergenza, coadiuvata dalla rete Caritas, impegnata dall’inizio del conflitto a fornire cibo, assistenza sanitaria, istruzione, alloggio, consulenza, protezione e mezzi di sussistenza agli abitanti della Siria e ai rifugiati nelle nazioni ospitanti.

Solo l’anno scorso gli aiuti hanno raggiunto 1.300.000 persone. E a luglio scorso, attraverso un video-messaggio del papa, la Caritas ha lanciato una campagna per chiedere che ci si impegni affinché tutte le parti in conflitto si incontrino per trovare una soluzione pacifica, che si assicuri sostegno ai milioni di persone colpite dalla guerra e che sia data speranza a tutti i siriani dentro e fuori dal Paese.

Anche la Caritas italiana (grazie anche al contributo di € 1.000.000 del Comitato Cei 8 x mille) dall’inizio della crisi a tutto il 2015 ha risposto agli appelli di Caritas Siria e delle Caritas nazionali dei Paesi del Vicino oriente che hanno accolto i rifugiati (Giordania, Libano, Turchia, Grecia e Cipro), sostenendo interventi per un totale di € 2.800.000, dei quali oltre € 1.200.000 alla Siria. Per il 2016 sono stati già messi a disposizione circa € 500.000.

E negli angelus domenicali papa Francesco continua a lanciare appelli per la città di Aleppo: “Purtroppo dalla Siria continuano ad arrivare notizie di vittime civili della guerra, in particolare da Aleppo. E’ inaccettabile che tante persone inermi, anche tanti bambini, debbano pagare il prezzo del conflitto, il prezzo della chiusura di cuore e della mancanza della volontà di pace dei potenti. Siamo vicini con la preghiera e la solidarietà ai fratelli e alle sorelle siriani”.

Anche la Comunità di Sant’Egidio ha rivolto un appello per salvare la popolazione di Aleppo: “La città è allo stremo, ci vuole subito una tregua per liberare gli abitanti da un assedio che li sta uccidendo a partire dai più deboli, dai malati, dai bambini. Si dia priorità alla popolazione, ormai priva di tutto il necessario”.

La conferma di una situazione difficilissima viene da padre Ibrahim Al Sabagh, parroco di rito latino ad Aleppo, che alla Radio Vaticana ha raccontato della paura della gente, della mancanza di acqua ed elettricità: “Tutto è a caro prezzo e negli ultimi giorni due zone sono state evacuate e tante persone hanno dormito e continuano a dormire per le strade e nelle tende. Ci stiamo preparando, anche questo mese, a distribuire il pacco alimentare a migliaia di famiglie che sono nel bisogno”.

Intanto nella scorsa settimana Aleppo è stata nuovamente colpita da un attacco chimico, probabilmente a base di cloro, che se confermato costituirebbe un crimine di guerra oltre che un allarmante segnale dell’intensificato uso, da parte del governo siriano, delle armi chimiche contro la popolazione civile.

L’attacco, avvenuto ad al-Zibdiye, un quartiere controllato dai gruppi armati che si oppongono al governo di Damasco, è il terzo portato a termine nel giro di due settimane nel nord della Siria. Amnesty International ha avuto conferma del ricovero di almeno 60 persone, tra cui 40 bambini, con sintomi caratteristici di un attacco col cloro. Un medico di Aleppo ha riferito ad Amnesty International che tutti i ricoverati presentavano gli stessi sintomi (difficoltà di respirazione e tosse) e che l’odore di cloro sui loro vestiti era evidente.

Magdalena Mughrabi, vicedirettrice ad interim del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International, ha chiesto la cessazione dei raid aerei sugli obiettivi civili di Aleppo: “Gli attacchi chimici e altri crimini di guerra devono finire. Chiediamo inoltre che gli aiuti possano arrivare senza incontrare ostacoli alle decine di migliaia di persone intrappolate nella zona orientale della città”.

Dal suo blog il prof. Andrea Riccardi si domanda su cosa sta avvenendo in Siria: “Un intero Paese muore in una guerra senza quartiere. E’ tristemente semplice. Sul terreno, invece, tutto è complicato: guerra tra le forze del presidente Assad (appoggiate dai russi), l’Isis, i curdo-arabi (appoggiati dagli americani), Al Nusra, un tempo affiliata ad Al Qaeda e altri attori armati. Le guerre si intrecciano. La gente non sa dove andare.

Ci sono quasi 5.000.000 di rifugiati all’estero. Più di 600.000 sfollati si addensano verso la frontiera giordana. Il conteggio dei morti, civili e combattenti, è difficile. Forse 500.000… Le immagini di Aleppo mostrano palazzi sventrati. La parte est della città, assediata dalle truppe del Governo, accoglie 300.000 persone, condannate alla fame, senza medicine. Lo scontro tra governativi e ribelli segna alterne vicende, ma alla fine la vittoria di Assad è probabile.

L’altra Aleppo, controllata dai governativi, dove abitano i cristiani rimasti, soffre molto. Un giovane di quella città ha dichiarato: ‘L’umanità è finita ad Aleppo’. Gli ospedali bombardati. I bambini uccisi. Avevamo fatto un appello per Aleppo ‘città aperta’. Chi lo ha preso sul serio? I curdo-arabi, appoggiati dai raid americani, incalzano l’Isis e hanno occupato Mambij, città a 120 km da Raqqa, la capitale del ‘califfato’.

Qui, più di un mese fa, una famiglia di sei persone (con due bambini) è stata fucilata per dare un esempio: aveva tentato la fuga. Tempo di barbarie. Dura da cinque anni. Dal 2011… Il tempo passa: morti, distruzioni, dolore, profughi. C’è bisogno di compromesso tra posizioni irriducibili. Solo gli americani e i russi possono trovarlo. Poi resta la lotta all’Isis. Ci sono parti del Paese dove per fortuna non si combatte: qui il controllo degli uni e degli altri è assodato. Soprattutto, nel dolore, è maturata una larga volontà di pace della gran parte dei siriani”.

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