Cinesi cristiani: Praga e il dilemma della richiesta d’asilo

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Sono 60 i cinesi di fede cristiana che hanno chiesto il diritto d’asilo al Governo della Repubblica Ceca. La richiesta però è in sospeso, neanche a dirlo, per motivi economici. Tanti soldi in ballo per rinsaldare un legame tra Praga e Pechino, tanto da immaginare un ipotetico ponte tra l’Europa e la Cina.

Si ricorda che lo scorso marzo, per la visita del Presidente Xi Jinping nello Sato europeo, la Cina aveva fatto intendere che c’era la possibilità di investire la somma record di quasi 1,7 miliardi di euro in terra Ceca. Accettare la richiesta dei 60 cinesi, tra l’altro con lo status di ‘rifugiati’ equivale a dichiarare la Cina come un luogo dove la libertà religiosa è messa a tacere.

È chiaro che la Repubblica popolare cinese limiti ‘certe confessioni’ giudicate scomodo alla visione statale. Ufficialmente però, si afferma il contrario. I ritrovati rapporti di amicizia tra i due Stati, dopo anni di freddezza, sarebbero dunque messi a rischio da una richiesta che invece non ha nulla a che fare con l’economia.

La richiesta di professare la propria religione, senza l’assillo delle persecuzioni e delle limitazioni, va oltre il denaro, perché tocca la sfera dei sentimenti, delle emozioni e dell’anelito al ‘divino’. La situazione dal punto di vista diplomatico è però ricca di sovrastrutture.

Dopo la visita di Xi a Praga, la Banca di Cina ha aperto una filiale nella Capitale mentre la Cefc, il colosso dell’energia di Shangai, che ha anche la maggioranza dello Slavia Praga,la principale società di calcio della capitale, oltre che del marchio di birra Lobkowitz, e due edifici storici nella capitale. È dunque indubbio che si punta sulla città per sfruttarla come quartier generale delle operazioni per espandersi nel mercato europeo.

Di conseguenza, le logiche di mercato influiranno sulla libertà religiosa e sulla politica di accoglienza di presunti perseguitati cinesi? Da Praga sembra che si prenda tempo, si temporeggiare.

Secondo la norma, la risposta deve giungere entro 90 giorni dalla presentazione della richiesta, oltre alla delazione di sei mesi. Organization for Aid and Refugee, l’Ong che segue la vicenda e offre sostegno legale ai cinesi, è pessimista. Hana Frankova, l’avvocato dell’Organizzazione, precisa: “È presto per fare previsioni. Siamo all’inizio, la documentazione raccolta dal ministero dell’Interno è ancora da studiare”.

Resta comunque da considerare la posizione dei richiedenti asilo. Certo sono un numero esiguo rispetto alla moltitudine di persone che vivono nella privazione religiosa per paura delle persecuzioni. Accettando la richiesta si porrebbe una lente su un fenomeno risaputo ma insabbiato, che spesso per motivi economici conviene tenere celato.

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