Sud Sudan, il Consiglio Ecumenico delle Chiese avverte: “Crisi umanitaria più grave”

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Sparse per i cinque continenti, le guerre civili, le dittature, le crisi economiche e sociali rappresentano una piaga della globalizzazione. In Sud Sudan, però, il tutto è condito da una spirale negativa di cui i media spesso neanche accennano. I leader del Consiglio Ecumenico delle Chiese – Cec – esprimendosi in merito a tale condizione affermano:

“Il paese vacilla sull’orlo di una crisi umanitaria”. Nigussu Legesse, membro del Consiglio esecutivo del Cec, dichiara: “Il sostegno umanitario dovrebbe essere considerato una priorità assoluta; circa 40.000 persone sono state sfollate durante questa terribile crisi umanitaria e almeno 7.000 di loro si sono rifugiate in diverse chiese e parrocchie”.

La situazione è ancor più tragica perché da quanto sottolinea Legesse, “nel tentativo di tornare alle loro case, la maggior parte di queste persone ha scoperto che quest’ultime erano state saccheggiate o distrutte. Queste persone oggi hanno urgenza di ottenere un immediato sostegno umanitario”.

Il collasso purtroppo è dietro l’angolo. La crisi economica ha coinvolto i prezzi alimentari, specie quelli di prima necessita quali mais e farina, il cui valore negli ultimi giorni è aumentato in modo esponenziale. Le Chiese africane rappresentano un punto fermo, un oasi in cui respirare e trovare un breve ristoro. È chiaro che questo non basta. Occorre assistenza di lunga durata, che possa riaccendere la speranza dei diseredati e reietti ai margini della società.

Agnes Abuom, moderatrice del Comitato centrale del Cec, afferma che: “I leader della Chiesa del Sud Sudan chiedono di essere uniti, formando una sola voce, per poter ottenere soluzioni immediate a questa tragedia. Condanniamo – continua la Abuom – tutti gli atti di violenza. Ci uniamo alle nostre chiese membro del Sud Sudan per chiedere la pace e la fine immediata delle violenze. Dobbiamo impegnarci per soddisfare ogni esigenza umanitaria e dare altresì un segnale di speranza per il futuro”.

Occorre un’azione mirata e celere perché la conta dei morti è ogni giorno più imbarazzante. Lo scorso fine settimana sono decedute circa 300 persone, con violenze armate a Juba e nelle zone circostanti. La salvaguardia della vita delle persone del Sud Sudan è un dovere che l’agenda politica delle coalizioni internazionali non può continuare a ignorare.

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