Perché la Francia?

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Nell’Angelus di domenica 17 luglio papa Francesco ha espresso nuove parole di cordoglio per l’attentato a Nizza, lungo la Promenade des Anglais: “Nei nostri cuori è vivo il dolore per la strage che, la sera di giovedì scorso, a Nizza, ha falciato tante vite innocenti… Dio, Padre buono, accolga tutte le vittime nella sua pace, sostenga i feriti e conforti i familiari; Egli disperda ogni progetto di terrore e di morte, perché nessun uomo osi più versare il sangue del fratello”.

Da parte sua mons. Marceau ha stigmatizzato duramente l’assalto rivendicato dall’Isis sulle colonne del giornale La Croix: “Cosa risiede nel cuore di un uomo nel momento in cui compie un atto di tale odio, barbarie e morte? Sono domande serie che restano senza risposta. Siamo testimoni di scene di guerra, insopportabili…

Il ruolo della Chiesa è quello di portare conforto ai parenti delle vittime, a coloro che soffrono, offrire preghiere per tanti innocenti e tenere aperta una finestra che proietti luce su questi aspetti più oscuri dell’animo umano. Crediamo che la compassione e la consolazione siano un mezzo attraverso cui il cuore degli uomini sia toccato dall’amore, esortando a mantenere viva e vigile questa sensibilità, indispensabile per non cadere nel tranello di chi semina paura e morte”.

Mentre la Cec, la Conferenza delle Chiese europee (organismo ecumenico che riunisce tutte le Chiese di tradizione protestante, ortodossa e anglicana del continente) ha allineato questo attentato a quelli avvenuti in Iraq, Siria, Bangladesh, Libia, Somalia: “La violenza è simbolica in quanto è avvenuta il 14 luglio, giorno in cui la Francia celebrava la presa della Bastiglia e in cui i cittadini francesi commemoravano l’inizio della Rivoluzione Francese.

In questo anniversario, siamo più che mai coscienti dell’eredità lasciata dal XVII secolo che promuove i valori dell’uguaglianza, della legalità e uno Stato che lotta per garantire a tutte le religioni pari diritti. Come Chiese e uomini di fede dobbiamo chiederci: qual è il nostro ruolo? In che modo questa tragedia ci sta sfidando. Attraverso sforzi di pace e riconciliazione noi, Chiese in Europa, dobbiamo perseverare nel coltivare un’atmosfera di fiducia e di accoglienza con tutte le persone di fede e di buona volontà”.

Anche dal mondo mussulmano sono arrivate dure parole di condanna, come quelle del segretario generale del Centro culturale islamico d’Italia che ospita la grande Moschea di Roma, Abdellah Redouane: “La strage compiuta a Nizza è un atto ignobile e abietto che nessuna religione o morale può giustificare. Negli ultimi giorni il terrorismo ha colpito Baghdad, Dacca, Aden, Gedda, al-Qatif e Medina. Ieri, 14 luglio, data simbolo dei tre principi di fratellanza, uguaglianza e libertà, Nizza è stata insanguinata per mano di un terrorista che ha commesso una strage che non ha risparmiato neanche i bambini”.

Izzedine Elzir, presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (Ucoii), ha avuto dure parole di condanna: “Purtroppo, nella nostra realtà europea abbiamo dei mostri, delle persone che sono cresciute senza conoscere la loro fede, che sono avviate allo spaccio, alla criminalità; che entrano in prigione e ne escono non soltanto come criminali, ma anche come assassini…

Dobbiamo veramente riflettere tutti quanti insieme e dire: ‘Abbiamo fallito! Ciascuno ha la sua responsabilità’. Solo così riusciremo a dare una risposta efficace e non rimanere nella trappola di questi criminali, questi assassini”. Un appello a non trascurare il peacekeeping in Medio Oriente, come strumento preventivo del terrorismo anche in Europa, è arrivato dalla Comunità di Sant’Egidio:

“La morte di così tante vittime innocenti, tra cui molti bambini, obbliga tutti a fermarci manifestando solidarietà e vicinanza, raccoglimento e preghiera in memoria di chi ha perso la vita per una logica di violenza insensata, che ha l’obiettivo di minare alle radici il vivere insieme.

Di fronte al terrore che colpisce nuovamente l’Europa, le Comunità di Sant’Egidio, ovunque nel mondo, sentono la necessità di intensificare il loro lavoro per difendere la vita degli innocenti e dei più deboli. Sentiamo, in particolare, l’urgenza di arrestare le troppe guerre che, in Medio Oriente e in Africa, sono all’origine di tensioni e conflitti che non possono più essere considerati locali e lontani, ma si fanno drammaticamente vicini interessando tutte le nostre società”.

Mentre sono molto interessanti le osservazioni di esperti raccolte in un forum dalla Fondazione Oasis. Secondo lo scrittore turco, Mustafa Akyol: “La carneficina di Nizza è stata un massacro di innocenti. Le vittime non avevano fatto nulla di male, se non trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, così come era successo alle vittime degli altri recenti massacri: a Bagdad, Istanbul, Orlando, Dacca, Medina.

Dobbiamo essere tutti uniti contro questo terrore assetato di sangue e piangere insieme le sue vittime. Dovremmo inoltre capire il colpevole di questi massacri, Isis, per sconfiggerlo. Eppure in questa faccenda ci sono due modi opposti di autoilludersi. Uno sostiene che l’Isis non abbia niente a che fare con l’Islam. No, diciamolo sinceramente, ha qualcosa a che vedere con l’Islam, allo stesso modo in cui le crociate e l’inquisizione avevano a che fare con il Cristianesimo. E’ una visione molto violenta e bigotta di una grande religione, le cui interpretazioni comuni sono molto più confortanti. L’altra autoillusione è l’amplificazione, o meglio, esagerazione, della relazione di Isis con l’Islam”.

Jean Duchesne, membro del comitato scientifico di Oasis, dell’Osservatorio Fede e Cultura della Conferenza Episcopale di Francia e dell’Accademia cattolica di Francia, ha parlato di odio contro la ragione: “Poco importa sapere quale logica si sia impossessata del pazzo furioso di Nizza, se apparteneva a un’organizzazione o si è semplicemente ispirato a una propaganda che incita all’omicidio cieco e di massa.

Ciò che resta e resterà, è l’accumulazione delle frustrazioni e delle umiliazioni che possono motivare un tale odio in un individuo che fa parte di una minoranza male integrata in un Paese che si vanta di essere aperto e di avere ragione su tutto. E’ anche la fragilità della ragione, quando si chiude su se stessa, e dimentica di essere un dono che si rivolta contro se stessi se non lo si condivide, riconoscendo e imitando la magnanime abnegazione di Colui che ne è l’origine”.

Felice Dassetto, professore emerito all’Università Cattolica di Lovanio, Belgio, ha sottolineato i tre problemi non tenuti in conto dalla Francia: “Ci sono principalmente tre motivi per cui un Paese come la Francia è obiettivo particolare degli attentati jihadisti. Il primo è la popolazione: i musulmani in Francia, e qui sta una differenza con l’Italia, sono parecchi milioni e questo causa effetti di aggregazione attorno a un certo tipo di discorso che diventano rilevanti.

Il secondo motivo è l’impegno della Francia nella lotta al radicalismo e a Daesh. Qui è rilevante in particolare la percezione dell’impegno francese diffusa nell’immaginario dei musulmani francesi, in maggioranza provenienti dal Maghreb. Nell’immaginario anti-coloniale della popolazione maghrebina la Francia è la bestia nera.

Il mito negativo della Francia con il suo passato coloniale è proiettato sugli avvenimenti recenti e provoca una sopravvalutazione dell’impegno militare francese in Medio Oriente, che in realtà è secondario rispetto a Stati Uniti e Russia. Si tratta del mito di grandezza di cui si nutre la Francia stessa. Infine, l’ideologia iper-laica francese può essere considerata dalla popolazione musulmana come un fattore di rottura.

In questo senso, il contenuto del discorso politico francese, fortemente assimilazionista ai valori della Repubblica, con l’estremizzazione della laicità, può giocare un ruolo importante. Che fare? Non abbiamo capito qual è la sfida culturale in direzione del mondo musulmano. Una risposta di sicurezza e armata è necessaria, ma c’è una ‘guerra culturale’, di idee, di testa e di mentalità, che i musulmani devono affrontare e in cui noi dobbiamo aiutarli, per evitare l’errore del 2001, quando in fondo si pensava che sarebbe stato sufficiente eliminare i talebani per cancellare il terrorismo jihadista”.

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