Tra silenzio e parola

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La vita dell’uomo, degno di questo nome, trascorre tra l’interiorità che è l’intimo centro di se stesso, e il complesso mondo delle cose che sono fuori di se stesso. L’uomo vive all’interno della geografia in cui si svolge la storia degli eventi, delle situazioni, delle attività e delle relazioni con i suoi simili e con la varietà sinfonica del creato. La vita quotidiana dovrebbe essere articolata nel rapporto vicendevole e nel concorde equilibrio tra il centro dentro di sé e il mondo attorno a sé.

Oggi, uno dei problemi più drammatici è dato dal fatto che nella nostra loquace società il silenzio interiore ed esteriore si presenta come qualcosa di temibile che riempie il cuore di paura. Per tanta gente, il silenzio non è esperienza di pienezza ma vuoto e abisso pronto a inghiottire. Visto così, il silenzio diventa motivo di disagio e di nervosismo, con il pericolo che il sopravvento dell’esteriore diventi più forte di quello interiore. In questo modo nasce l’uomo dissipato e distratto dalle tante cose esterne, per cui le quotidiane sollecitazioni esteriori che lo assalgono diventano un pericolo distruttivo per la vita dello spirito.

Affaccendato nel vorticoso caos senza controllo, dominato dalla pubblicità senza remore, stordito dalla smania di vedere il sensazionale, talvolta con il piacere malvagio di mettere in risalto tutto ciò che dovrebbe essere protetto, l’uomo rischia di condurre la sua vita da dissipato, da distruttore dell’interiorità e di quella sfera privata che è alveo sacro e fecondo in cui realizza la sua personalità.

E’ chiaro che quel che si è dentro di se dev’essere in armonia con quel che c’è fuori, perché le due sfere sono in rapporto tra di loro. Le due sfere della vita si determinano e si completano a vicenda, anche se nel vissuto quotidiano è diverso. Quando l’esteriore prende il sopravvento, nasce l’uomo dissipato e il mondo interiore diventa sempre più debole.

Oggi la situazione è preoccupante e pericolosa. L’intimità della casa sembra non avere più la custodia delle pareti, delle porte, delle stanze, il nucleo familiare che vive all’interno, nello stesso tempo conduce la vita all’esterno. Il mondo esterno, a sua volta è introdotto all’interno. Nelle case non c’è più silenzio o, se c’è, è solo mutismo egoistico causato dalla mancanza di rapporti familiari, talvolta col sottofondo della radio che strilla o della televisione che invade costantemente la scena familiare. Quando perde il senso dell’interiorità, l’uomo fugge da sè stesso e dalla sua casa per orientarsi verso il mondo esterno che lo sollecita in mille cose.

Ogni invasione e aggressione della sfera privata è manifestazione d’infamante dittatura. La civiltà dev’essere sempre espressione di umanità, di rispetto, di riguardo per la dignità intoccabile della persona umana. E’ segno di barbarie, per esempio, quando la sventura dell’altro viene offerta in pasto al pubblico. Intanto è urgente educare la gente al silenzio dell’interiorità, allontanarla dalla verbosità snervante, distraente e schizofrenica di questo mondo in subbuglio per convogliare verso quella quiete interiore in cui si possa scoprire se stessi.

Il silenzio è la preziosa qualità del cuore che richiama il silenzio amorevole con cui Dio si rivela attraverso la verità nella carità. Dal suo silenzio eterno Dio Padre ha espresso il Verbo Figlio, Parola che esce dal silenzio eterno. Il silenzio è perciò la qualità del cuore che rimane con noi anche quando parliamo con gli altri. Tutto il ministero di Gesù è incentrato sul Padre: Le parole che io dico, non le dico da me stesso; ma il Padre che rimane in me, compie le sue opere (Gv 14,10). Il Verbo fatto carne non fa spettacolo di sé per attirare l’attenzione su di sé ma parla per rivelare la verità del Padre suo.

All’uomo contemporaneo, confuso da inquieti interrogativi, prosciugato da ogni entusiasmo, amareggiato da aride e disperate certezze, aggredito da una crisi di fede drammaticamente radicale, bisogna dire con forza che è necessario privilegiare il suo “essere profondo” della persona, all’”essere superficiale”. Solo il silenzio eloquente e fecondo è capace di dare occhi al cuore per vedere la realtà della nostra esistenza e dare voce alla bocca per pronunziare parole di verità per vivere nella carità.

Tutta l’esistenza dell’uomo si articola all’interno del rapporto “io-Tu” tra Dio e lui. L’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio e nel rapporto con il suo Creatore non è visto come “specie” ma come “singolo”. In tal modo Dio parla al suo cuore e il dialogo avviene all’interno di tutto ciò che fa e che avviene. Come potrebbe essere possibile questo parlare a cuore a cuore se l’uomo vive nella superficialità distrattiva? Dio parla se il centro in lui è vivo, se è attento all’ascolto, se è disponibile all’azione obbediente.

Questo rapporto “io-tu” vale anche, in certo senso, circa il dialogo con il fratello in umanità, che non è né il gattino, né il cagnolino, né qualsiasi altro animale. Solo il fratello in umanità è il tuo simile creato a immagine di Dio come te.

Si sa che la vita oscilla tra l’intimità della persona e l’esteriorità del mondo, tra il regno profondo del cuore libero e operante e l’immensità delle cose create. Bisogna diventare familiari con la nostra interiorità per non correre il pericolo di confonderci con la folla dei dissipati vaniloquenti con il loro ininterrotto fiume di chiacchere. Bisogna privilegiare il mondo interiore per poter rientrare in possesso di se stessi.

Silenzio e parola sono le forme fondamentali della vita umana e l’uomo vive in tutti e due questi misteri. La loro unità in armonia rivela ed esprime la sua essenza.

 

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