Papa Francesco traccia una nuova visione dell’Europa

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Dopo il voto del ‘Brexit’ rimane anche in Gran Bretagna molta amarezza per la ‘sorpresa’ referendaria, che ha sancito la sua uscita dall’Europa con conseguenze, non solo economiche, ma soprattutto politiche sul futuro dell’Europa unita. In queste giornate di tracollo borsistico, tutto sembra sospeso in attesa di qualche magia, che come d’incanto rialzi le borse mondiali. E molti adulti si sono scoperti ‘antieuropeisti’ a scapito dei giovani.

A questo punto è opportuno ricordare quali furono le basi su cui fu fondata l’Europa, all’indomani della conclusione della Seconda Guerra Mondiale, partendo dal discorso ‘La nostra patria Europa’, pronunciato da Alcide De Gasperi il 21 aprile 1954 a Parigi alla Conferenza parlamentare europea. De Gasperi, Schuman e Adenauer avevano lavorato a ritmo forzato per lasciare al continente europeo ancora devastato dalla guerra la traccia di una strada ‘dalla quale non sarebbe stato possibile tornare indietro’.

Tuttavia i tre Padri d’Europa non erano degli illusi e, pur guardando alla novità di un’impresa tanto ardita, ne prevedevano la gradualità necessaria, come aveva scritto De Gasperi: “Per quanto riguarda le istituzioni bisogna ricercare l’unione soltanto nella misura in cui ciò è necessario, o meglio in cui è indispensabile… E’ la volontà politica unitaria che deve prevalere.

E’ l’imperativo categorico che bisogna fare l’Europa per assicurare la nostra pace, il nostro progresso e la nostra giustizia sociale che deve anzitutto servirci da guida… Tutta la nostra costruzione politico-sociale presuppone un regime di moralità internazionale. I popoli che si uniscono, spogliandosi delle scorie egoistiche della loro crescita, debbono elevarsi anche a un più fecondo senso di giustizia verso i deboli e i perseguitati.

Lo sforzo di mediazione e di equità che è compito necessario dell’Autorità europea le darà un nimbo di dignità arbitrale che si irradierà al di là delle sue giuridiche attribuzioni e ravviverà le speranze di tutti i popoli liberi”. Ed alcuni anni più tardi parlando ai giovani sul destino dell’Europa unita egli disse: “Qualcuno ha detto che la federazione europea è un mito. E’ vero, è un mito. E se volete che un mito ci sia, ditemi un po’ quale mito dobbiamo dare alla nostra gioventù per quanto riguarda i rapporti fra Stato e Stato, l’avvenire della nostra Europa, l’avvenire del mondo, la sicurezza, la pace, se non questo sforzo verso l’unione?

Io vi dico che questo è mito di pace. Questa è la strada che dobbiamo seguire. Ricordatevi che se questa speranza di collaborazione fallisse i dittatori ad un certo punto rappresentano quasi la forza di salvataggio a cui istintivamente ciascuno si rivolge, isolandosi e ripiegandosi su se stesso quando si avvede che altre speranze sono spente”.

Anche la Chiesa ha sempre incoraggiato ad un’Europa unita, perché, come ha affermato nel viaggio di ritorno dall’Armenia papa Francesco, è preoccupata per la possibile dissoluzione dell’Europa: “La guerra già c’è in Europa! Poi c’è un’aria di divisione, e non solo in Europa, ma dentro gli stessi Paesi. Si ricordi della Catalogna, l’anno scorso la Scozia… Queste divisioni non dico che siano pericolose, ma dobbiamo studiarle bene e, prima di fare un passo avanti per una divisione, parlare bene fra di noi e cercare soluzioni percorribili.

Io davvero non so, non ho studiato quali siano i motivi perché il Regno Unito abbia voluto prendere questa decisione… Invece la secessione di un Paese, ancora non sto parlando della Brexit, pensiamo alla Scozia, è una cosa che ha preso il nome, e questo lo dico senza offendere, usando quella parola che i politici usano, di ‘balcanizzazione’, senza sparlare dei Balcani!

E’ un po’ una secessione, non è emancipazione, e dietro ci sono storie, culture, malintesi; anche tanta buona volontà in altri. Questo bisogna averlo chiaro. Per me sempre l’unità è superiore al conflitto, sempre! Ma ci sono diverse forme di unità; e anche la fratellanza, e qui arrivo all’Unione Europea, è migliore dell’inimicizia o delle distanze… Pensare un’altra forma di unione, essere creativi. Creativi riguardo ai posti di lavoro, all’economia.

C’è un’economia ‘liquida’ oggi in Europa che fa, per esempio in Italia, che la gioventù dai 25 anni in giù non abbia lavoro: il 40%! C’è qualcosa che non va in quell’Unione massiccia… Ma non buttiamo il bambino con l’acqua sporca dalla finestra!”. Concetto ribadito, ritirando il premio Carlo Magno:

“La creatività, l’ingegno, la capacità di rialzarsi e di uscire dai propri limiti appartengono all’anima dell’Europa. Nel secolo scorso, essa ha testimoniato all’umanità che un nuovo inizio era possibile: dopo anni di tragici scontri, culminati nella guerra più terribile che si ricordi, è sorta, con la grazia di Dio, una novità senza precedenti nella storia. Le ceneri delle macerie non poterono estinguere la speranza e la ricerca dell’altro, che arsero nel cuore dei Padri fondatori del progetto europeo.

Essi gettarono le fondamenta di un baluardo di pace, di un edificio costruito da Stati che non si sono uniti per imposizione, ma per la libera scelta del bene comune, rinunciando per sempre a fronteggiarsi. L’Europa, dopo tante divisioni, ritrovò finalmente sé stessa e iniziò a edificare la sua casa”.

In quell’occasione papa Francesco aveva invitato a non alzare ‘muri’ contro la speranza per tutelare i propri privilegi: “Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?…

A tal fine ci farà bene evocare i Padri fondatori dell’Europa. Essi seppero cercare strade alternative, innovative in un contesto segnato dalle ferite della guerra. Essi ebbero l’audacia non solo di sognare l’idea di Europa, ma osarono trasformare radicalmente i modelli che provocavano soltanto violenza e distruzione. Osarono cercare soluzioni multilaterali ai problemi che poco a poco diventavano comuni”.

L’Europa, secondo il pensiero del papa, deve mostrare una capacità di dialogo generativo: “Questa cultura del dialogo, che dovrebbe essere inserita in tutti i curriculi scolastici come asse trasversale delle discipline, aiuterà ad inculcare nelle giovani generazioni un modo di risolvere i conflitti diverso da quello a cui li stiamo abituando.

Oggi ci urge poter realizzare ‘coalizioni’ non più solamente militari o economiche ma culturali, educative, filosofiche, religiose. Coalizioni che mettano in evidenza che, dietro molti conflitti, è spesso in gioco il potere di gruppi economici. Coalizioni capaci di difendere il popolo dall’essere utilizzato per fini impropri.

Armiamo la nostra gente con la cultura del dialogo e dell’incontro. Il dialogo e tutto ciò che esso comporta ci ricorda che nessuno può limitarsi ad essere spettatore né mero osservatore. Tutti, dal più piccolo al più grande, sono parte attiva nella costruzione di una società integrata e riconciliata. Questa cultura è possibile se tutti partecipiamo alla sua elaborazione e costruzione.

La situazione attuale non ammette meri osservatori di lotte altrui. Al contrario, è un forte appello alla responsabilità personale e sociale. In questo senso i nostri giovani hanno un ruolo preponderante. Essi non sono il futuro dei nostri popoli, sono il presente; sono quelli che già oggi con i loro sogni, con la loro vita stanno forgiando lo spirito europeo. Non possiamo pensare il domani senza offrire loro una reale partecipazione come agenti di cambiamento e di trasformazione. Non possiamo immaginare l’Europa senza renderli partecipi e protagonisti di questo sogno”.

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