Padre Pizzaballa è l’Amministratore Apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme

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Venerdì 24 giugno, festività di san Giovanni Battista, papa Francesco ha accettato le dimissioni di Sua Beatitudine, il patriarca Fouad Twal, per raggiunti limiti di età, conformemente all’articolo 401, § 1, del Codice di Diritto Canonico ed ha nominato p. Pierbattista Pizzaballa, già Custode di Terra Santa per 12 anni, come Amministratore Apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, fino alla nomina di un nuovo Patriarca. L’ordinazione episcopale di Padre Pizzaballa avrà luogo nel prossimo mese di settembre.

Nel messaggio ai fedeli gerosolimitani p. Pizzaballa si è detto sorpreso della nomina papale: “Non nascondo di essere rimasto sorpreso da tale richiesta, conoscendo i miei personali ed oggettivi limiti. Potete dunque immaginare quale sia la mia trepidazione e la mia preoccupazione per l’incarico che mi è stato affidato. Posso anche comprendere le tante vostre domande e forse anche qualche perplessità… Torno a Gerusalemme con il desiderio di servire innanzitutto il clero locale e tutta la comunità, chiedendo a tutti comprensione, amicizia e collaborazione”.

Scrivendo ai suoi fedeli ha indicato alla chiesa di Gerusalemme la figura di san Giovanni Battista, “in cui sulle labbra e nel cuore della Chiesa risuona il cantico di Zaccaria per la salvezza potente suscitata nella casa di Davide, vengo mandato innanzi al Signore a preparargli le strade proprio lì dove tutto è cominciato. Come Giovanni il Battista, allora, dobbiamo guardare innanzitutto a Lui e nello sguardo verso Lui riconoscerci Chiesa.

Solo così potremo diventare balsamo per le tante ferite di questa Terra e dei popoli che la abitano”. Dopo aver ricordato i predecessori ha rivolto un pensiero ai giovani: “Un pensiero particolare va ai giovani. Sono loro il futuro della nostra Chiesa e a loro guardiamo con speranza e con fiducia. Penso in particolare a coloro che sono coinvolti nelle varie iniziative del Patriarcato: nelle scuole, nelle parrocchie, nelle Università.

Sono luoghi importanti di incontro, di condivisione e che meritano tutta la nostra attenzione. Sono risorse preziose che aiutano i giovani a costruire il sogno del loro futuro qui, ma anche strutture per le quali è necessario che tutti noi, con chiarezza, trasparenza e solidarietà, ci impegniamo a sostenere”.

Infine ha sollecitato un intenso dialogo per costruire nuove strade e nuovi ponti, citando il vangelo di san Luca: “La salvezza ha la ‘forma’ dell’incontro: assecondando l’invito di Papa Francesco, vorrei che ripartisse da Gerusalemme, da questa Terra santa e ferita, per noi e per tutta la Chiesa, la capacità di incontrarci e di accoglierci gli uni gli altri, costruendo strade e ponti e non muri:

tra noi e il Signore, tra vescovi e preti, tra preti e laici, tra noi e i fratelli delle diverse chiese, tra noi e i fratelli e amici ebrei e musulmani, tra noi e i poveri, tra noi e quanti hanno bisogno di misericordia e di speranza. Solo così potremo rispondere pienamente alla speciale vocazione universale della Chiesa di Gerusalemme, Chiesa dei Luoghi Santi.

‘Cominciando da Gerusalemme’, vorrei essere perciò con voi e per voi colui che apre vie, che rende possibile l’incontro, che condivide con tutti e ciascuno l’impegnativa ed entusiasmante sequela di Gesù e per il bene della Chiesa e del mondo”. Quindi le prime parole dell’amministratore apostolico sono speranza, fiducia, coraggio:

“Vogliamo guardare al futuro della nostra Chiesa con fiducia e con speranza, certi che il Signore ci sostiene e ci accompagna. Dobbiamo e vogliamo essere una chiesa che entra dialogo con tutti e che in una Terra lacerata da divisioni di ogni genere, vuole essere un piccolo segno di unità. Le nostre piccole paure non devono diventare il metro con il quale misurare la vita della Chiesa. Vogliamo invece guardare questa nostra porzione di Chiesa con gli occhi dello Spirito, capaci di vedere la vita e costruirla anche nelle situazioni più difficili.

Dio ha bisogno di strumenti poveri come noi perché si manifesti attraverso di essi la grandezza del suo amore. La Chiesa, la nostra Chiesa, deve avere un respiro grande, che sappia andare oltre, vedere sempre un ‘di più’, e testimoniare la propria appartenenza a Gesù”.

E per quanto riguarda la situazione in Terra Santa la Chiesa di Gerusalemme è chiamata ad assumere un ruolo improntato al dialogo: “E’ importante cercare di capire le situazioni complesse, senza avere fretta di giudicarle. Avere un cuore desideroso di incontrare tutti.

Lavorare serenamente con tutti, senza distinzione e senza paura, per la giustizia e la pace. Coscienti che la soluzione dei problemi che affliggono il Paese è lontana, vogliamo insomma stare dentro questa situazione con il nostro stile cristiano: sereno, senza paure, caparbiamente desiderosi di accogliere chiunque. Essere poi in dialogo franco e amichevole con le comunità religiose musulmane ed ebraiche”.

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