Il primo saluto di Papa Francesco agli armeni

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Partito oggi da Roma Fiumicino, dopo quattro ore di volo, Papa Francesco atterra all’aeroporto internazionale “Zvartnots” di Erevan, la capitale più popolosa dell’Armenia, per iniziare il quattordicesimo viaggio apostolico fuori dall’Italia. Un viaggio molto atteso nella terra armena, che fu la prima nazione al mondo ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato, nel 301, precedendo di alcuni decenni l’impero romano. Accolgono il Pontefice il Presidente della Repubblica, Serzh Sargsyan, la consorte signora Rita Sargsyan, e il Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni, Sua Santità Karekin II.

Due bambini offrono al Papa il tradizionale dono di benvenuto: pane e sale, e dopo gli Inni e gli onori militari vengono presentate le delegazioni ufficiali. Il Catholicos, Karekin II (arcivescovo cristiano orientale armeno, Patriarca del Patriarcato armeno di Costantinopoli, “Catholicos” della Chiesa apostolica armena), insieme alle autorità, accompagna il Papa verso la Cattedrale Apostolica di Etchmiadzin per una visita di preghiera.

La Cattedrale Apostolica di Etchmiadzin – edificata tra il 301 ed il 303 –  è considerata l’edificio di culto cristiano più antico del paese e di tutta l’ex Unione Sovietica, e soprattutto la prima chiesa al mondo ad essere stata costruita per volontà dello Stato, 12 anni prima dell’editto di Costantino che poneva fine alle persecuzioni contro i cristiani. Essa fa parte del complesso architettonico della Santa Sede di Etchmiadzin, il luogo in cui risiede il Catholicos, capo della Chiesa apostolica armena. Il termine Etchmiadzin, significa “discese l’Unigenito”, in riferimento ad una tradizione che racconta la discesa dal cielo di Cristo che colpiva il suolo con un martello d’oro; tale visione fu mostrata a San Gregorio l’Illuminatore (fondatore e santo patrono della Chiesa apostolica armena) per indicare il luogo dove sarebbe dovuta nascere la cattedrale.

Nel porgere il suo saluto al Catholicos di Tutti gli Armeni e ai presenti, Papa Francesco sottolinea l’emozione e la gioia di poter visitare questo luogo sacro, testimone della storia del popolo armeno, e il riconoscimento per l’amicizia e la carità fraterna con cui è stato accolto. «Mi inchino – dichiara il Pontefice – di fronte alla misericordia del Signore, che ha voluto che l’Armenia diventasse la prima Nazione, fin dall’anno 301, ad accogliere il Cristianesimo quale sua religione, in un tempo nel quale nell’impero romano ancora infuriavano le persecuzioni». Papa Francesco ricorda anche l’impulso decisivo dato da san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI all’intensificazione dei rapporti e al rafforzamento del dialogo fra le due Chiese nei tempi recenti, e ringrazia il Signore «per il cammino che la Chiesa Cattolica e la Chiesa Apostolica Armena hanno compiuto attraverso un dialogo sincero e fraterno, al fine di giungere alla piena condivisione della Mensa eucaristica. Lo Spirito Santo ci aiuti – sottolinea il Papa – a realizzare quell’unità per la quale pregò nostro Signore, affinché i suoi discepoli siano una cosa sola e il mondo creda».

Le divisioni e i conflitti presenti nel mondo, le gravi forme di povertà materiale e spirituale, così come lo sfruttamento delle persone, dei bambini e degli anziani, attendono dai cristiani – dichiara Papa Francesco – «una testimonianza di reciproca stima e fraterna collaborazione, che faccia risplendere davanti ad ogni coscienza la potenza e la verità della Risurrezione di Cristo. Il paziente e rinnovato impegno verso la piena unità, l’intensificazione delle iniziative comuni e la collaborazione tra tutti i discepoli del Signore in vista del bene comune, sono come luce fulgida in una notte oscura e un appello a vivere nella carità e nella mutua comprensione anche le differenze».
Lo spirito ecumenico può rappresentare per tutti un forte richiamo a comporre le divergenze con il dialogo e la valorizzazione di quanto unisce, «perché obbliga a riscoprirne le genuine radici, a comunicare, difendere e propagare la verità nel rispetto della dignità di ogni essere umano e con modalità dalle quali traspaia la presenza di quell’amore e di quella salvezza che si vuole diffondere». È questo il bisogno più urgente nel mondo, offrire una convincente testimonianza «che Cristo è vivo e operante, capace di aprire sempre nuove vie di riconciliazione tra le nazioni, le civiltà e le religioni».
Se il nostro agire – conclude il Pontefice – «è ispirato e mosso dalla forza dell’amore di Cristo, si accrescono la conoscenza e la stima reciproche, si creano migliori condizioni per un cammino ecumenico fruttuoso e, nello stesso tempo, si mostra ad ogni persona di buona volontà e all’intera società una concreta via percorribile per armonizzare i conflitti che lacerano la vita civile e scavano divisioni difficili da sanare».

Al termine della cerimonia Papa Francesco e il Catholicos Karekin II raggiungono a piedi il Palazzo Apostolico di Etchmiadzin dove il Pontefice sarà ospitato in questi giorni, e dove più tardi si svolgerà un incontro personale e privato con Karekin II.

Foto: CTV

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