Il papa al Pam: per vincere la fame basta guerre!

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“Invito le istituzioni internazionali a dare voce a tante persone che soffrono in silenzio la fame”: con questo tweet giornaliero papa Francesco ha riassunto la sua visita (prima in assoluto di tutti i pontefici) alla sede romana del Programma Alimentare Mondiale, dove ha chiesto di ‘denaturalizzare la miseria’ e di ‘deburocratizzare la fame’.

Secondo il papa ‘esiste cibo sufficiente per tutti, ma non tutti possono mangiare’, perché si utilizza la fame come ricatto: “Sono così tante le immagini che ci raggiungono che noi vediamo il dolore, ma non lo tocchiamo, sentiamo il pianto, ma non lo consoliamo, vediamo la sete ma non la saziamo.

In questo modo, molte vite diventano parte di una notizia che in poco tempo sarà sostituita da un’altra. E, mentre cambiano le notizie, il dolore, la fame e la sete non cambiano, rimangono. Tale tendenza, o tentazione, ci chiede di fare un passo ulteriore e rivela a sua volta il ruolo fondamentale che le istituzioni come la vostra hanno per lo scenario globale. Oggi non possiamo considerarci soddisfatti solo per il fatto di conoscere la situazione di molti nostri fratelli. Non basta elaborare lunghe riflessioni o sprofondarci in interminabili discussioni su di esse, ripetendo continuamente argomenti già conosciuti da tutti”.

E davanti a tale situazione papa Francesco ha chiesto un cambio di mentalità per non considerare più la miseria come un dato di fatto; in sostanza ha chiesto di ‘de-naturalizzare’ la miseria: “Perché la miseria ha un volto. Ha il volto di un bambino, ha il volto di una famiglia, ha il volto di giovani e anziani.

Ha il volto della mancanza di opportunità e di lavoro di tante persone, ha il volto delle migrazioni forzate, delle case abbandonate o distrutte. Non possiamo ‘naturalizzare’ la fame di tante persone; non ci è lecito dire che la loro situazione è frutto di un destino cieco di fronte al quale non possiamo fare nulla”.

Riprendendo un suo discorso alla Conferenza Plenaria della Fao sulla nutrizione del 20 novembre 2014, il papa ha ribadito di non ‘mercantilizzare’ il cibo: “Abbiamo fatto dei frutti della terra, dono per l’umanità, commodities di alcuni, generando in questo modo esclusione. Il consumismo, che pervade le nostre società, ci ha indotti ad abituarci al superfluo e allo spreco quotidiano di cibo, al quale a volte ormai non siamo più capaci di dare il giusto valore, che va oltre i meri parametri economici”.

Quindi il cibo che si spreca può essere considerato un furto al povero; in questo senso il papa ha chiesto di ‘deburocratizzare la fame’ e di non fabbricare le armi: “Ci troviamo così davanti a uno strano e paradossale fenomeno: mentre gli aiuti e i piani di sviluppo sono ostacolati da intricate e incomprensibili decisioni politiche, da forvianti visioni ideologiche o da insormontabili barriere doganali, le armi no; non importa la loro provenienza, esse circolano con una spavalda e quasi assoluta libertà in tante parti del mondo.

E in questo modo, a nutrirsi sono le guerre e non le persone. In alcuni casi, la fame stessa viene usata come arma di guerra. E le vittime si moltiplicano, perché il numero delle persone che muoiono di fame e sfinimento si aggiunge a quello dei combattenti che muoiono sul campo di battaglia e a quello dei molti civili caduti negli scontri e negli attentati”.

Davanti a tali realtà il papa ha invitato tutti a non chiudere gli occhi davanti alle ingiustizie: “Questo metodo, nelle zone più depresse e povere, può e deve garantire l’adeguato sviluppo delle capacità locali ed eliminare gradualmente la dipendenza esterna, mentre consente di ridurre la perdita di alimenti, in modo che nulla vada sprecato. In una parola, il Pam è un valido esempio di come si possa lavorare in tutto il mondo per sradicare la fame attraverso una migliore assegnazione delle risorse umane e materiali, rafforzando la comunità locale”.

E non ha mancato di sottolineare il lavoro della Chiesa in questa lotta, fedele all’insegnamento di Gesù: “Un popolo gioca il proprio futuro nella capacità di farsi carico della fame e della sete dei suoi fratelli. In questa capacità di soccorrere l’affamato e l’assetato possiamo misurare il polso della nostra umanità. Per questo, auspico che la lotta per sradicare la fame e la sete dei nostri fratelli, insieme con i nostri fratelli, continui ad interpellarci, al fine di cercare creativamente soluzioni di cambiamento e di trasformazione”.

Al termine della visita papa Francesco ha salutato le famiglie dei dipendenti del Pam ed i bambini che frequentano la scuola dell’infanzia: “E credo che questo coraggio tutti voi lo abbiate: il coraggio di portare avanti un’opera da ‘dietro le quinte’ e aiutare. C’è il coraggio di quelle persone che si vedono, perché in un corpo ci sono i piedi, ci sono le mani, c’è anche la faccia:

si vede la faccia, ma i piedi non si vedono, perché sono nascosti dentro le scarpe; ma voi siete i piedi, le mani, che sostengono il coraggio di tutti quelli che vanno avanti, che hanno sostenuto anche il coraggio dei vostri ‘martiri’, diciamo così, dei vostri testimoni.

Mai, mai dimenticare i nomi di quelli che sono scritti lì, all’entrata. Loro hanno potuto fare quelle cose per il coraggio che avevano, per la fede che avevano nel loro lavoro, ma anche perché erano sostenuti dal vostro lavoro. Grazie tante. E vi chiedo di pregare per me, perché anch’io possa fare qualcosa contro la fame”.

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