Alla scoperta dei borghi dimenticati: Civita di Bagnoregio

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Civita di Bagnoregio, la città che (non muore) è uno dei borghi più belli d’Italia, dove il tempo sembra essersi fermato al 1700. Siamo in provincia di Viterbo, nella Valle dei Calanchi.

Situato sulla cima di un colle e arroccato su uno sperone di roccia, il borgo domina l’ampia conca increspata dai calanchi: forma erosiva caratterizzata da piccole valli prive di vegetazione, con forte pendenza e separate da creste d’argilla.  Abitato da una decina di persone, è raggiungibile attraversando a piedi l’unico ponte che gli permette di restare in contatto con il mondo esterno.

Ha origini antichissime: fu fondata dagli Etruschi 2500 anni fa, i quali la trasformarono in una ricca e forte città, favorita dalla posizione strategica sia per il commercio che per la difesa. Dopo il crollo dell’Impero Romano fu sottomessa ai goti, bizantini, visigoti e longobardi, per un breve periodo fu un “libero comune” ma nell’ XI secolo divenne patrimonio della Santa Sede.
Fino al XVII secolo rappresentò una potenza: si estendeva su un vasto altopiano, possedeva 5 porte ed era collegata al quartiere Rota, l’attuale Bagnoregio. La leggenda narra che Civita di Bagnoregio e Bagnoregio fossero due contrade di una stessa città chiamata Balneum Regis (Bagno del re); il nome le fu dato da Desiderio, re dei Longobardi, guarito da una grave malattia grazie alle acque termali presenti.

Il ruolo cardine della città svanì nel 1695, quando un forte terremoto provocò il franamento delle parti più esposte a valle, nonché dell’unica strada che univa l’abitato a Rota. Il susseguirsi di ulteriori scosse con conseguenti frane contribuì ad incrementare il trasferimento della popolazione, fino ad un totale abbandono. Diventò così un luogo “fantasma”, e per questo definito “il paese che muore”.

Al cuore del borgo si può accedere solo tramite la Porta di Santa Maria, con 2 leoni che sorreggono tra le zampe una testa umana che rappresentano la rivolta degli abitanti contro la famiglia dei Monaldeschi di Orvieto.

Il Duomo, intitolato a San Donato, si affaccia sulla piazza maggiore e custodisce il S.S. Crocifisso ligneo.

Uno dei luoghi più venerati è la grotta di San Bonaventura: un’antica tomba etrusca posta a strapiombo sulla valle che testimonia il miracolo della guarigione da una grave malattia di Giovanni Fidanza, futuro San Bonaventura, ad opera di San Francesco d’Assisi.
La visita continua tra gli stretti vicoli caratterizzati da cortili, piazze, archi, case medievali fino ad arrivare al ‘bucaione’: un profondo tunnel inciso nella parte più bassa del paese che permette l’accesso alla Valle dei Calanchi che al tramonto si colora di molte tonalità, creando un’atmosfera magica.

Civita è un luogo incantato: l’atmosfera, il panorama ed il paesaggio la rendono un museo a cielo aperto. Non può più definirsi un paese ‘fantasma’, che ‘muore’ in quanto conosciuta ed apprezzata sui social network e sul web sta tornando a vivere grazie ai numerosi turisti, anche stranieri, che si recano a scoprire la sua storia, la sua ricchezza, il suo incanto.

 

 

 

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