Il Papa: il Cuore del Buon Pastore è il ricettacolo della misericordia

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Nella solennità del Sacro Cuore di Gesù papa Francesco ha concluso le celebrazioni del Giubileo dei Sacerdoti, invitandoli a guardare all’interiorità: “Il Cuore del Buon Pastore non è soltanto il Cuore che ha misericordia di noi, ma è la misericordia stessa. Lì risplende l’amore del Padre; lì mi sento sicuro di essere accolto e compreso come sono; lì, con tutti i miei limiti e i miei peccati, gusto la certezza di essere scelto e amato.

Guardando a quel Cuore rinnovo il primo amore: la memoria di quando il Signore mi ha toccato nell’animo e mi ha chiamato a seguirlo, la gioia di aver gettato le reti della vita sulla sua Parola. Il Cuore del Buon Pastore ci dice che il suo amore non ha confini, non si stanca e non si arrende mai. Lì vediamo il suo continuo donarsi, senza limiti; lì troviamo la sorgente dell’amore fedele e mite, che lascia liberi e rende liberi; lì riscopriamo ogni volta che Gesù ci ama ‘fino alla fine’, non si ferma prima, fino alla fine, senza mai imporsi.

Il Cuore del Buon Pastore è proteso verso di noi, ‘polarizzato’ specialmente verso chi è più distante; lì punta ostinatamente l’ago della sua bussola, lì rivela una debolezza d’amore particolare, perché tutti desidera raggiungere e nessuno perdere”. Nei tre giorni giubilari papa Francesco ha invitato i sacerdoti a scoprire la propria identità di pastori, ringraziandoli per aver risposto positivamente alla chiamata del Signore:

“Ma devo dire che sono rimasto edificato da tanti sacerdoti, tanti preti bravi! Da quelli (ne ho conosciuti) che, quando non c’era la segreteria telefonica, dormivano con il telefono sul comodino, e nessuno moriva senza i sacramenti; chiamavano a qualsiasi ora, e loro si alzavano e andavano.

Bravi sacerdoti! E ringrazio il Signore per questa grazia. Tutti siamo peccatori, ma possiamo dire che ci sono tanti bravi, santi sacerdoti che lavorano in silenzio e nascosti. A volte c’è uno scandalo, ma noi sappiamo che fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”.

Ed ha letto una lettera che un parroco aveva scritto al papa qualche giorno prima dell’inizio di questo Giubileo (29 maggio): “Mi ha colpito, mi colpisce quell’invito che Lei più volte fa a noi pastori di avere l’odore delle pecore. Sono in montagna e so bene cosa vuol dire. Si diventa preti per sentire quell’odore, che poi è il vero profumo del gregge.

Sarebbe davvero bello se il contatto quotidiano e la frequentazione assidua del nostro gregge, motivo vero della nostra chiamata, non fosse sostituito dalle incombenze amministrative e burocratiche delle parrocchie, della scuola dell’infanzia e di altro. Ho la fortuna di avere dei bravi e validi laici che seguono dal di dentro queste cose…

Che bello, Santo Padre, quando ci si accorge che le pecore non ci lasciano soli, hanno il termometro del nostro essere lì per loro, e se per caso il pastore esce dal sentiero e si smarrisce, loro lo afferrano e lo tengono per mano. Non smetterò mai di ringraziare il Signore, perché sempre ci salva attraverso il suo gregge, quel gregge che ci è stato affidato, quella gente semplice, buona, umile e serena, quel gregge che è la vera grazia del pastore”.

Nelle meditazioni che papa Francesco ha offerto ai sacerdoti ha tracciato alcune figure di sacerdote da imitare: “Il Cura Brochero, il Beato argentino che presto sarà canonizzato, ‘si lasciò lavorare il cuore dalla misericordia di Dio’. Il suo ricettacolo finì per essere il suo stesso corpo lebbroso. Egli, che sognava di morire galoppando, guadando qualche fiume della sierra per andare a dare l’unzione a qualche malato.

Una delle sue ultime frasi fu: ‘Non c’è gloria compiuta in questa vita’… Noi non dobbiamo preoccuparci molto. Questo ci permette di aprirci ai dolori e alle gioie dei nostri fratelli. Era il cardinale Van Thuán a dire che, nel carcere, il Signore gli aveva insegnato a distinguere tra ‘le cose di Dio’, alle quali si era dedicato nella sua vita quando era in libertà come sacerdote e vescovo, e Dio stesso, al quale si dedicava mentre era incarcerato. E così potremmo continuare, con i santi, cercando come era il ricettacolo della loro misericordia”.

Infine papa Francesco ha invitato i sacerdoti a riscoprire le opere di misericordia per risvegliare la speranza: “Il Catechismo della Chiesa Cattolica, parlando delle opere di misericordia, racconta che santa Rosa da Lima, il giorno in cui sua madre la rimproverò di accogliere in casa poveri e infermi, santa Rosa da Lima senza esitare le disse: ‘Quando serviamo i poveri e i malati, siamo buon odore di Cristo’. Questo buon odore di Cristo, la cura dei poveri, è caratteristico della Chiesa, sempre lo è stato…

Un’opera che si moltiplica come il pane nelle ceste, che cresce a dismisura come il seme di senape. Perché la misericordia è feconda e inclusiva. E’ vero che di solito pensiamo alle opere di misericordia ad una ad una, e in quanto legate ad un’opera: ospedali per i malati, mense per quelli che hanno fame, ostelli per quelli che sono per la strada, scuole per quelli che hanno bisogno di istruzione, il confessionale e la direzione spirituale per chi necessita di consiglio e di perdono…

Ma se le guardiamo insieme, il messaggio è che l’oggetto della misericordia è la vita umana stessa e nella sua totalità. La nostra vita stessa in quanto ‘carne’ è affamata e assetata, bisognosa di vestito, di casa e di visite, come pure di una sepoltura degna, cosa che nessuno può dare a sé stesso… Come sacerdoti, chiediamo due grazie al Buon Pastore: quella di lasciarci guidare dal sensus fidei del nostro popolo fedele, e anche dal suo ‘senso del povero’. Entrambi i ‘sensi’ sono legati al ‘sensus Christi’, all’amore e alla fede che la nostra gente ha per Gesù”.

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