A Vicenza successo del Festival Biblico

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Ondata di pubblico per la 12^ edizione del Festival Biblico a Vicenza, che si è concluso domenica 29 maggio; il tema affrontato era molto interessante, ‘Giustizia e pace si baceranno’, tratto dal salmo 85.

Il festival ha ospitato 150 eventi in quattro città (Vicenza, Padova, Rovigo e Trento) con ospiti tra i quali Andrea Riccardi, che ha svolto la lectio magistralis inaugurale, don Luigi Ciotti, Nando Dalla Chiesa, Dacia Maraini, Vittorino Andreoli, Agnese Moro, Ernesto Olivero, Lucia Capuzzi, la sorella di don Andrea Santoro, Maddalena, il premio Nobel Adolfo Perez Esquivel.

In apertura lo storico del cristianesimo, prof. Andrea Riccardi, ha chiesto se oggi la pace sia ancora possibile in Medio Oriente: “Per molti la risposta alla domanda del nostro incontro è che la pace non è sempre possibile, e, forse quasi mai. Fermiamoci su di una vicenda storica sviluppatasi sotto i nostri occhi: il conflitto in Siria, cominciato nel marzo 2011 e non ancora concluso.

Ha un aspetto da guerra civile, ma anche da scontro tra potenze regionali come Turchia, Arabia Saudita e Iran, da terreno di emersione dell’estremismo di Daesh, da affermazione dei curdi (che con la loro lotta armata sono divenuti un po’ un mito ‘Rojava’ per certi settori che ne ammirano la combattività). Il tutto nel quadro di un confronto tra Stati Uniti e Russia, senza trascurare Francia e Gran Bretagna. La guerra in Siria ha provocato almeno 260.000 morti, quattro milioni di rifugiati, otto milioni di sfollati interni.

Ha collassato il Libano con una forte presenza di profughi, almeno 1.500.000 su 4.500.000 abitanti oltre il più di mezzo milione di palestinesi, residenti da decenni nel paese. Il Libano, ancora senza presidente, è in crisi per la questione dei rifugiati. Dalla guerra siriana fugge una parte considerevole dei rifugiati in Europa: da qui le conseguenti crisi, i muri, i populismi, i campi e via dicendo. Tutto viene dalla guerra irrisolta in Siria”.

Poi ha ricordato il martirio, dimenticato dall’Occidente, della città martire, Aleppo: “Questa guerra ha distrutto una città-simbolo, Aleppo, patrimonio dell’umanità per l’UNESCO, luogo di rara bellezza, terreno di convivenza millenaria tra musulmani e cristiani (questi ultimi erano tanti: 300.000 su 2.000.000). Aleppo, sull’antica via della seta, nella cui cittadella secondo la leggenda avrebbe soggiornato Abramo, il padre delle tre religioni, nel cui suk fino a ieri si vendeva e si scambiava merce di ogni tipo, era il segno reale della civiltà del vivere insieme.

Era stata città-rifugio nel 1915 per gli armeni massacrati e perseguitati in Anatolia. L’Hotel Baron, ancora gestito da una famiglia armena, era stato il posto dove persecutori turchi, armeni e tedeschi s’incontravano. Ho lanciato vari appelli per Aleppo, che hanno ricevuto illustri e importanti sostegni, ma c’è stato un blocco incrociato nella comunità internazionale e tra i combattenti: Aleppo doveva morire, perché con lei moriva l’immagine e la realtà di una certa Siria, che molti non volevano più.

Questa siriana è una guerra di etnie, con uno sfondo d’ideologia religiosa, animata da una spietatezza, drammaticamente descritta da Domenico Quirico, sequestrato per cinque mesi (in cui non ha mai visto un sorriso, scrive, nemmeno sul volto di un bambino). Non poteva non distruggere la città del vivere insieme in pace. La voleva distruggere l’ideologia islamista del Daesh che vuole una società omogenea e totalitaria da un punto di vista islamico sotto un potere mafioso e criminale. Lo Stato islamico, per i suoi bambini, ha organizzato una rete d’insegnamento, ne abbiamo i documenti, tutta impostato sull’odio del nemico, il culto della guerra, delle armi e della morte”.

Ed ha concluso la sua prolusione, affermando che occorre credere alla pace: “Spesso a sperare nella pace e a lottare per essa sono i più poveracci. Ma la pace è anche un fatto spirituale e personale. Bisogna convertirsi per diventare uomini e donne di pace. Un grande santo russo, Serafino di Sarov, insegna: ‘Trova la pace in te e migliaia la troveranno attorno a te’. La pace è un fatto interiore, frutto di conversione e di preghiera.

Infatti, anche nei momenti più terribili pur nel cuore dei conflitti, la Chiesa continua sempre a pregare per la pace. Anzi la preghiera protegge il mondo dal male della violenza e della guerra. La preghiera è una grande forza di pace, che può spostare le montagne di odio. La pace è possibile? Certo, lo è. E’ soprattutto doverosa, perché rende la vita un’altra cosa”.

Nel filo conduttore della pace si è svolta la testimonianza di Maddalena Santoro, che ha ricordato suo fratello, Andrea, a 10 anni dall’omicidio: “E’ vero che don Andrea è conosciuto per come è avvenuta la sua morte, ma è altrettanto vero che questo momento non è stato che l’ultimo di tanti momenti di una vita in cui diceva: ‘Rendimi pronto Signore al martirio di tutti i giorni, rendimi pronto all’annientamento, alle umiliazioni’…

Don Andrea ripeteva molte volte che questa può essere il senso di una presenza in una realtà in cui non sei accolto:il seme sta nascosto, tace, aspettando che il Signore lo faccia germogliare. Bisogna essere piccoli, accendere una piccola fiammella, essere dispersi nella pasta come il lievito: don Andrea pregava Maria perché facesse crescere questa pasta… Parlava di annientamento e di annullamento perché fosse visto il Signore, e non lui”.

L’inviata di Avvenire, Lucia Capuzzi, ha raccontato l’impegno della Chiesa contro i ‘cartelli’ del narcotraffico in America Latina: “Una consapevolezza fondamentale, appresa nel Sud del mondo, è che non c’è pace senza giustizia. Qualsiasi pace che veda le armi tacere, ma nella quale permangono strutture profondamente ingiuste, è in realtà una guerra che si sta preparando e che prima o poi esploderà. Lo abbiamo visto tante, troppe volte…

La cosa più grave è la mancanza di una coscienza nell’opinione pubblica, poco giustificabile dal momento che il livello di istruzione si è alzato rispetto a mezzo secolo fa. Nessun governo, nemmeno il migliore, agisce da solo in funzione del bene comune. Papa Francesco ripete sempre il dovere dei cittadini di esigere determinati standard dai loro governi…

Il Papa ha dimostrato di essere l’unico leader politico che in Europa abbia la consapevolezza di ciò che sta succedendo dall’altra parte del mondo. Lo ha fatto nella scelta dei luoghi da visitare e nelle parole da dire. I problemi di queste parti del mondo sono più vicini di quello che pensiamo. Non possiamo più cacciare i problemi dalla porta, perché ci rientreranno dalla finestra”.

Invece dall’Italia don Luigi Ciotti ha ricordato il martirio del giudice Rosario Livatino ed il monito di papa Giovanni Paolo II contro la mafia del 1993: “Dopo l’incontro del Papa con i genitori di Rosario Livatino e il discorso dalla Valle dei Templi, il 9 maggio 1993, la mafia si è sentita toccata nel vivo, e ha risposto.

Il 27 luglio dello stesso anno hanno piazzato esplosivo in due chiese di Roma. Il 19 agosto, in America, il collaboratore di giustizia Marino Mannoia, ha chiamato l’FBI per dire che gli uomini d’onore hanno sempre rispettato la Chiesa e i sacerdoti, ma ora dicevano ‘non interferite’. Un mese dopo veniva ucciso don Pino Puglisi, qualche mese dopo don Peppe Diana. Questa successione di date è tutto fuorché casuale”.

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