Le Acli eleggono Roberto Rossini

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A sorpresa il bresciano Roberto Rossini è stato eletto nuovo presidente nazionale delle Acli, le Associazioni cristiani lavoratori italiane, con l’85% dei consensi al Congresso nazionale svoltosi a San Vincenzo, in provincia di Livorno: “E’ stata una cosa abbastanza inaspettata”, ha dichiarato a Radio Vaticana.

Roberto Rossini è nato nel 1964, è sposato e ha due figlie. Vive a Brescia. Laureato in scienze politiche, è docente di diritto e metodologia della ricerca sociale presso l’istituto bresciano Maddalena di Canossa. Dal 2000 al 2016 è stato membro della Presidenza Provinciale delle Acli di Brescia, con delega alla Formazione e in seguito alla Comunicazione, ricoprendo il ruolo di Presidente dal 2008 al 2016. Dall’estate 2010 il Consiglio Nazionale Acli gli ha conferito la delega per la Comunicazione e successivamente è stato dal 2013 responsabile dell’Ufficio studi nazionale.

E’ stato un congresso ‘sorprendente’ in quanto si è rischiata una seria spaccatura all’interno dell’associazione, come ha testimoniato un dirigente: “Alla prima votazione i candidati non hanno raggiunto il quorum del 50% +1 degli aventi diritto, e c’era una sostanziale parità con 5 schede di differenza e 18 schede bianche.

A quel punto da regolamento si prevede ballottaggio con quorum di 50% +1 dei votanti. Ma i candidati erano già solo due. I votanti erano praticamente corrispondenti agli aventi diritto. Si rischiava una situazione di stallo. E comunque chiunque non sarebbe stato eletto con maggioranza larga per governare”.

Appena eletto Rossini ha dichiarato di voler procedere a un “rilancio dell’azione quotidiana e volontaria, politicità dei servizi, formazione e dimensione culturale, azione pubblica sono le quattro linee fondamentali a cui intendo improntare il mio mandato… Il pensiero collettivo è la forza delle Acli, un pensiero che nasce dalla nostra capacità di stare nella quotidianità della vita…

Noi siamo un’associazione di lavoratori che produce lavoro, che ha sempre riflettuto e fatto analisi sul tema del lavoro, che ha un ente di formazione professionale al lavoro. Il lavoro evidentemente è nel nostro dna, è quello che ci caratterizza”. Ed ha riconfermato le tre ‘fedeltà’:

“Abbiamo una fedeltà alla democrazia. Riguarda tutto il tema delle istituzioni, dei partiti politici e della rappresentanza. Un tema significativo in una fase in cui la politica sta mostrando di essere piuttosto fragile nella sua rappresentanza. I partiti politici non fanno più formazione.

Ci troviamo di fronte a partiti politici che nascono e muoiono nel volgere di una stagione, nel giro di un anno se non pochi mesi. Si tratta di una fedeltà che ci obbliga a lavorare per una politica che sia rappresentativa degli interessi del popolo e che sia orientata al bene comune… Per il lavoro c’è una fedeltà sulla quale investiamo molte delle nostre energie.

Non solo di tutela, attraverso i nostri patronati, ma anche per la formazione professionale. Dove c’è è decisiva per contrastare la disoccupazione perché permettere di creare dei profili professionali effettivamente utili. Ottemperiamo a questa nostra fedeltà anche attraverso l’assistenza, intermediazione al lavoro e la nostra partecipazione al dibattito pubblico, con prese di posizione e proposte politiche…

Infine cercheremo di sostenere il più possibile il magistero di Papa Francesco che condividiamo e che sentiamo particolarmente vicino alla nostra sensibilità”.

I temi del nuovo presidente non si allontanano da quelli delineati nella relazione di apertura dell’ex presidente Gianni Bottalico, che aveva sottolineato che occorre riformare le Acli per essere sentinelle del futuro: “Non i territori che servono alla sede nazionale ma una sede nazionale che serve ai territori. Regioni, province, circoli oggi soffrono per la mancanza di strumenti, di supporti, di sostegni, di collaborazioni.

In questi anni ho visto Presidenti provinciali venire in sede nazionale e fare il giro delle cinque chiese: Patronato, Caf, Fap, 5×1000, tesseramento. Poi li ho visti soli a progettare interventi specifici per i loro contesti, soli a pensare iniziative utili per le loro comunità, soli a definire modelli di integrazione e di governo del sistema, soli a ricercare buone prassi da cui prendere spunto, soli a dare un mestiere ai loro circoli, soli anche a cercare un relatore o a fare un manifesto.

Allora ‘rovesciamo il calzino’: pensiamo ad una sede nazionale, agile e disponibile, che guarda costantemente al territorio e che si pone l’obiettivo di non lasciare soli i Presidenti regionali, provinciali e di circolo. Occorre una sede nazionale che aiuta a progettare, a pensare, a comunicare, a formare, ad integrare e così via: una struttura nazionale che, prima ancora che servire alla sua Presidenza, serva ai Presidenti”.

Dal cambiamento dipende anche una nuova idea di welfare: “Bisogna riscoprire l’importanza dei legami sociali e definire un nuovo welfare comunitario capace di mobilitare tutte le risorse disponibili nei territori, nelle istituzioni, nella società civile con lo scopo di non lasciare sole le persone che sono in difficoltà.

La coesione sociale è un grande bene per tutta la società, ed ha anche un valore economico. Troppi attori sociali, privati e pubblici, si sono ridotti a ragionare solo in un’ottica di mercato: facciamo quadrare i bilanci, rispettiamo i parametri, aumentiamo i profitti.

Bisogna superare questa mentalità. Ognuno deve fare la propria parte, nessuno, nel proprio ambito, si può tirar fuori dal farsi carico dell’obiettivo della sostenibilità del vivere per tutti. Le Acli si mettono in gioco per questo scopo. Da questa preoccupazione deriva il progetto strategico sul contrasto alla povertà di cui in questi tre anni siamo stati promotori, insieme a decine di altri organismi di vario orientamento culturale”.

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