Il film dei ragazzi dell’Hotel House conquista l’Europa

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Al ‘Crossing Europe Film Festival’ di Linz, che dal 2004 scandaglia le realtà politiche e sociali in Europa, è stato presentato il film ‘Homeward bound. Sulla strada di casa’.

Scritto e diretto dall’antropologo e documentarista recanatese Giorgio Cingolani, e da Claudio Gaetani, docente di cinema all’Università di Macerata, il film è frutto di un progetto cinematografico che ha coinvolto un gruppo di ragazzi che vivono all’interno di quel controverso mondo multiculturale e multietnico rappresentato dall’Hotel House di Porto Recanati (Mc), in cui abitano 2000 persone e circa 470 adolescenti provenienti da almeno 40 nazionalità diverse convivono nel grattacielo di 17 piani.

Il film è frutto di un laboratorio di cinema, reso possibile grazie a operatori video, fonici, operatori droni, docenti universitari… che da novembre del 2013 fino al 30 maggio 2014, hanno lavorato gratuitamente al percorso formativo. Oltre ai ragazzi dell’Hotel House, sono stati coinvolti altri giovani italiani e stranieri, che, sotto la guida dei professionisti, hanno affinato competenze cinematografiche ed elaborato una serie di racconti legati intimamente alle loro esperienze personali.

Le narrazioni nate nel laboratorio hanno dato vita alla trama del film. Nella pellicola, gli adolescenti Naven, Zak, Yasin, Anta, Ferdaus, Shah Zib, Alamin e gli altri coetanei, tra realtà e finzione, rappresentano il loro mondo, raccontano se stessi, confidano i propri pensieri, gli ideali, parlano della difficile e frammentata ricerca di una ‘identità’. Le vicende, narrate nell’arco di un giorno, si intrecciano senza incrociarsi e il grattacielo spiega il regista, Giorgio Cingolani:

“fa da sfondo alle storie, le condiziona e le porta fino alle più drammatiche conseguenze. Le amicizie si perdono nel tempo e nello spazio dell’Hotel House, che sembra estraneo, indifferente. Alla fine di questo giorno uno dei protagonisti lascerà casa e amici per partire con la famiglia alla volta di un nuovo paese e cominciare una nuova vita. Una vita che è un continuo migrare”.

Il successo di pubblico e di critica al Festival di Linz era atteso?
“Già la selezione era stata una bella soddisfazione, ma non avevamo idea di come sarebbe stato accolto un film come il nostro. Un film che può essere definito partecipativo, con ragazzi giovanissimi senza alcuna esperienza in fatto di cinema e recitazione che vivono in una realtà sociale molto particolare. L’accoglienza è stata superiore a qualsiasi attesa perché nei giorni successivi alle due proiezioni molte persone ci hanno fermato per strada per farci i complimenti e congratularsi per il film”.

Proprio in Austria che sta chiudendo le frontiere?
“Il clima in Europa è opposto allo spirito con cui abbiamo realizzato questo progetto e il film. Ma l’accoglienza al festival forse indica che il cinema e l’arte sono sempre mezzi molto potenti per aprire confronti e dialoghi, soprattutto là dove si cerca di chiudersi e isolarsi. Non è un caso che le due proiezioni del film siano state molto affollate e quasi tutti gli spettatori siano rimasti al dibattito che seguiva, manifestando grande interesse e curiosità”.

Hai già realizzato un film sull’Hotel House nel 2005. Perché tornare lì a distanza di dieci anni?
“Perché si tratta di una realtà sociale e umana in continuo e rapido mutamento le cui vicissitudini riguardano direttamente il presente e il futuro del territorio in cui vivo. Credo che il compito di chi si occupa di scienze umane sia principalmente quello di interessarsi delle trasformazioni della nostra società e delle situazioni particolari che ne fanno parte per cercare delle chiavi di lettura e delle indicazioni utili per cercare soluzioni congrue e pertinenti.

L’Hotel House di Porto Recanati è una realtà molto particolare che si è modificata in molti aspetti rispetto a quella che ho conosciuto dieci anni fa. E’ una struttura che non trova eguali nel panorama europeo a livello di problematiche e peculiarità sociali e culturali. Inoltre, nel frattempo, all’interno del palazzo negli ultimi anni è emersa con sempre maggiore forza una realtà minorile che è cresciuta moltissimo e oggi ammonta a 470 persone circa (quasi un terzo della popolazione residente). Proprio dei minori, in particolare, degli adolescenti, mi sono occupato negli ultimi tre anni come ricercatore”.

Come è nato questo progetto cinematografico?
“Il film è l’esito di un’azione sociale che faceva parte di un mio progetto di dottorato volta a rompere l’isolamento e attenuare la distanza sociale tra l’Hotel House e i territori circostanti. Ma il progetto è andato molto al di là degli obiettivi e aspettative iniziali.

Il coinvolgimento mio e di Claudio Gaetani, che ha condiviso con me il progetto fin dall’inizio divenendo poi co-regista del film, è stato tale che tuttora con i ragazzi c’è un bellissimo rapporto. Due anni di attività intensa hanno permesso di conoscerci, metterci alla prova e costruire rapporti importanti.

Il film è stato il tramite di tutto ciò. La chiave dell’intero progetto è la partecipazione come modalità attraverso la quale si possono raggiungere obiettivi importanti, rendersi consapevoli delle proprie risorse e capacità e attivare processi di cambiamento.

Le storie raccontate nel film sono il frutto di una scrittura collettiva che ha visto coinvolti in prima persona i ragazzi stessi. Noi abbiamo dato veste cinematografica alle loro storie e racconti autobiografici e alla fine il film resta sospeso tra realtà documentaristica e finzione narrativa”.

A quando la distribuzione nelle sale italiane?
“Il film avrà un’uscita nelle sale da settembre sia nelle Marche che in altre regioni italiane. Non abbiamo ancora una vera distribuzione, ma stiamo lavorando per dare massima visibilità al film non solo sul territorio nazionale. E ci riempie di gioia anche il patrocinio che il film ha ottenuto da Amnesty International Italia”.

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