Aleppo tra morte e speranza: l’appello della Chiesa

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Aleppo sopravvive tra raid aerei e guerriglia urbana, contornate da piccole tregue per consentire a chi ancora non è fuggito di raccogliere quelle poche cose che restano e scappare dall’assedio, che non ha risparmiato nemmeno l’università. Le violenze stanno dilagando anche nella zona di Damasco, come hanno denunciato gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo cui le operazioni hanno colpito le zone di Deir al-Asafir e Shabaa.

Fonti della sicurezza di Amman hanno rilevato che sono 60.000 i rifugiati che attendono di entrare in Giordania. Ed intanto i responsabili delle comunità cattoliche di Aleppo hanno lanciato un appello per chiedere la fine delle violenze in città, secondoo il racconto ad AsiaNews di padre Ibrahim Alsabagh, parroco della parrocchia latina di Aleppo:

“Nella nostra zona c’è un silenzio di tomba, poche le persone per strada e non si sente alcun rumore, ma in altre aree si continua a combattere… Nella strada che porta all’università è stato abbattuto completamente un edificio e al momento non si conosce il numero di vittime o feriti. Questo senza contare i bombardamenti sporadici o intensi in altre zone”.

Frere Pier Jabloian, salesiano di Aleppo, ha lanciato un video per chiedere aiuto: “Carissimi salesiani di tutto il mondo, vi saluto da Aleppo, la città martire del Medio Oriente e della Siria. Come comunità salesiana di Aleppo e come comunità ispettoriale del Medio Oriente vi ringraziamo delle vostre preghiere per noi e per la vostra preoccupazione per noi. In città la situazione è molto drammatica e difficile. La popolazione non sa più cosa fare, tanti morti, tanti bombardamenti.

Non ci sono più posti sicuri in città; vi chiediamo questo: intensificare la vostra preghiera per noi in modo speciale questo mese mariano, affinché per la intercessione materna di Maria Santissima Ausiliatrice il Signore guardi questa terra ferita e doni a questa popolazione un po’ di pace. Chiediamo a voi soltanto questo: pregare di più per noi. Che il Signore ci accompagni sempre!”

Nel frattempo i gesuiti hanno sospeso il servizio per i rifugiati nella città di Aleppo a causa dell’escalation di violenza di questi ultimi giorni: attacchi massicci causati da granate ad Aleppo e nei dintorni: “Il figlio di un operatore del JRS è rimasto ferito al rene; le sue condizioni sono al momento stabili.

Bombe da mortaio sono cadute proprio accanto al centro di distribuzione e vicino all’ambulatorio gestiti dal JRS. Inoltre, fin dalle prime ore del mattino, diverse bombe da mortaio sono cadute sulla moschea Al-Rahman Mosque accanto alla mensa del JRS. Zone in cui abbiamo centri di distribuzione e dove effettuiamo visite a domicilio alle famiglie più vulnerabili sono soggette a pesanti e continui bombardamenti”.

Il Centro Astalli si unisce all’appello dei colleghi in Siria: “Ci appelliamo alle istituzioni nazionali e sovranazionali, alle organizzazioni internazionali, alle diplomazie attive nell’area perché sia fatto quanto necessario per stabilire una tregua ad Aleppo e in tutta la Siria. La popolazione civile è allo stremo. Bisogna immediatamente aprire una via di pace.

Chiediamo inoltre che l’Europa apra immediatamente canali umanitari per far giungere la popolazione siriana a chiedere asilo in sicurezza. Servono visti temporanei e misure di accoglienza e protezione per uomini e donne vittime incolpevoli di un conflitto che deve cessare immediatamente”.

Per sostenere i cristiani e permettere loro di continuare a vivere nel proprio paese, Aiuto alla Chiesa che Soffre promuove il progetto ‘Accendi una luce ad Aleppo’, una raccolta fondi per donare l’elettricità necessaria a sopravvivere. Due ampere sono il quantitativo minimo per accendere appena due o tre lampadine ed una radio o un televisore.

La Fondazione si è impegnata a garantire tale quantitativo per almeno un anno a 624 famiglie cattoliche della città, per un totale di € 140.000, come ha affermato il direttore di ACS-Italia, Alessandro Monteduro: “Una vita al buio è impossibile da immaginare, ma ad Aleppo è diventata realtà; ecco perché vi chiediamo di sostenere questo progetto. Perché, appunto, Aleppo non diventi una nuova Mosul”.

Ed alcuni mesi orsono l’arcivescovo armeno, mons. Boutros Marayati, aveva lanciato un appello a non dimenticare Aleppo e i cristiani in Siria: “Veramente stiamo morendo. La nostra gente vive ormai come un piccolo resto e tanti fuggono, vanno fuori e sono i bambini le prime vittime. Tutti noi siamo diventati profughi nelle nostre case, senza acqua, senza luce, senza medicine, senza niente. Non è vivere ma sopravvivere…

Quello che mi commuove di più è vedere come tanta gente, tanti fedeli che venivano prima per aiutare la Chiesa e contribuire alla beneficenza parrocchiale, oggi sono costretti a venire a chiedere aiuto. Siamo diventati un popolo di mendicanti, viviamo con le elemosine degli altri. Siamo profughi nelle nostre case ed è molto, molto difficile vedere una persona che stava bene e adesso è ridotta a niente, a stare in fila ad aspettare il suo turno per prendere dell’acqua, per prendere del latte, per prendere soldi e cibo. E’ molto difficile. Il nostro arcivescovado è ormai diventato un luogo di accoglienza. Tutte le chiese hanno aperto le loro porte all’accoglienza”.

Di fronte a tale barbarie Abdulrahman al-Rashed, ex direttore generale del canale Al-Arabiya ed ex caporedattore di Asharq al-Awsat, per cui tuttora collabora, ha posto alcune domande, finora senza risposta: “Come è possibile che questi massacri abbiano luogo, mentre ogni giorno le parti impegnate nei negoziati di Ginevra non agiscono andando al di là del rilasciare dichiarazioni senza valore?

Quello che sta accadendo ad Aleppo è terrificante. In quella che sono una falsa tregua e delle trattative teatrali invece che effettive, la distruzione di massa continua a colpire una nazione che sta lottato da anni tra guerra e pulizia confessionale… I massacri nei giorni di tregua hanno superato il numero delle vittime dei massacri nei giorni dei guerra. Ciò conferma che i negoziati non solo sostengono il regime siriano, che è stato rinforzato dagli alleati iraniani e russi, ma gettano acqua sulle speranze di pace”.

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