Il ritorno di Simenon

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Un occhio che guarda: potrebbe essere una definizione che ben si attaglia a Georges Simenon e alla sua mastodontica opera letteraria. Uno sguardo che poi si traduce in segno rapido, guizzante, ma, allo stesso tempo, incisivo. Simenon, nato a Liegi nel 1903, morto a Losanna nel 1989, ha lasciato centonovantatré romanzi pubblicati sotto il suo nome e un numero imprecisato di romanzi e racconti pubblicati sotto pseudonimi, oltre a volumi di «dettature» e memorie. Era proverbiale la sua rapidità nello scrivere, tanto che a volte impiegava non più di una settimana per un romanzo, che quasi sempre riusciva perfetto. Il cinema ha attinto a piene mani da questo serbatoio immenso di storie e personaggi, alcuni davvero memorabili, a cominciare dall’amatissimo commissario Maigret, antieroe per eccellenza, riflessivo, amante della buona cucina e del buon bere, legatissimo alla moglie, molto abitudinario, amante delle piccole trattorie di quartiere e di campagna, possibilmente vicino a un fiume, intollerante verso gli abusi del potere e gli arroganti, umanissimo verso vittime e anche assassini.

Ci viene in mente un’altra, più approfondita definizione dell’arte, in relazione allo scrittore, che appartiene a don Massimo Camisasca: “Sì, il peso delle cose, la realtà che entra nella parola e la sostanzia: ogni pagina dello scrittore francese è come una finestra spalancata, fosse anche solo su un cortile, una stanza di un vecchio palazzo di periferia o una via sfavillante di luci notturne parigine. Tutto il contrario dell’autoreferenzialità della gran parte degli autori contemporanei, per i quali la realtà è relativa, costruita tutta attorno a se stessi, con personaggi che sembrano comparse o proiezioni oniriche dello stesso scrittore. In Simenon uomini e cose sbalzano fuori dalle pagine nudi e crudi, anche se circondati da una luce radente, velatamente poetica, che non soffoca, ma anzi rivela.”

Ed è forse spiegato in questo modo il segreto del successo continuo dei suoi libri, che ora la casa editrice Adelphi sta riproponendo, a scadenze quasi fisse, tutta la sua opera. In particolare, proprio la lunga serie dedicata al commissario Maigret, che consta di ben 76 romanzi e 26 racconti, tutti pubblicati fra il 1931 e il 1972. Da qualche settimana è in libreria uno degli ultimi titoli della serie, ossia , una storia in cui, tra le altre cose, viene descritto l’omicida seriale, insomma un serial killer ante litteram, con uno studio psicologico notevole sulle ragioni che spingono ad uccidere senza un movente preciso, solo per l’impulso di uccidere e basta. E qui, una volta di più, viene descritto il famoso “metodo” del commissario, ossia la sua totale immedesimazione nelle vittime e anche negli assassini, il suo sprofondare, appunto nella realtà degli altri : «Sporgendosi dalla ringhiera, la signora Maigret guardava il marito scendere le scale con passo pesante un po’ come avrebbe guardato uno scolaro che andava ad affrontare un esame difficile.

Lei non ne sapeva molto di più dei giornali, ma quel che i giornali ignoravano era con quanta energia suo marito si sforzava di capire, con quanta concentrazione affrontava certe inchieste. Era come se si immedesimasse con quelli a cui dava la caccia e soffrisse i loro stessi tormenti».

 

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