Padre Olmi spiega la grande attualità di padre Matteo Ricci

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Nell’introduzione al Catechismo: il vero significato di ‘Signore del Cielo’, padre Matteo Ricci scrive: “Tutte le nazioni sono incentrate nell’unità; perciò gli uomini sapienti e virtuosi hanno sempre consigliato ai ministri di essere leali verso l’unico signore.
Tra le cinque relazioni umane la più importante è quella che riguarda il re, e il primo dei tre vincoli nelle relazioni umane è quello che lega il re ai suoi ministri; un uomo retto dovrebbe comprenderlo, e comportarsi di conseguenza.

Nei tempi antichi, quando in periodo di anarchia molti eroi combattevano tra loro dividendo il paese ed era incerto chi fosse il legittimo signore, tutti gli uomini retti scrutavano chi potesse esserlo, pronti a sacrificare la vita per lui; questa decisione era irrevocabile. Ogni paese o nazione ha il suo signore; com’è possibile che solo il cielo e la terra non abbiano un signore? Una nazione deve essere unita sotto un unico signore; com’è possibile che il cielo e la terra abbiano due signori? Perciò l’uomo nobile non può non riconoscere l’Origine del cielo e della terra, l’Artefice della creazione, ed elevare a Lui la mente”.

Ed in una intervista concessa ad Asia Times papa Francesco ha detto: “Più tardi ho conosciuto la vita di Matteo Ricci e ho visto come quest’uomo ha sentito nello stesso modo che è capitato a me. E come egli è stato in grado di entrare in dialogo con la grande cultura di questo Paese, e con questa sua antica saggezza.

Lui ha saputo come ‘incontrarla’… Matteo Ricci ci insegna che è necessario entrare in dialogo con la Cina, perché essa è un’accumulazione di saggezza e di storia. E’ una terra benedetta da molte cose”. Partiamo da queste due testi per rivolgere alcune domande a padre Antonio Olmi, docente di teologia sistematica alla Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna ed autore di fondamentali testi e traduzioni del gesuita maceratese, di cui l’11 maggio si ricorda la sua ‘nascita al Cielo’.

Perché padre Matteo Ricci può essere un ponte tra Oriente ed Occidente?
“Padre Matteo Ricci è stato una delle poche figure occidentali che hanno riscosso stima e ammirazione da parte degli intellettuali cinesi. Ha portato in dono conoscenze preziose, ancora ignote in Cina, senza alcuna pretesa di superiorità ma in atteggiamento di amicizia: intesa come cammino da compiere insieme per raggiungere un ideale condiviso di saggezza e di perfezione umana.

Il dispiegamento di barbarica potenza effettuato in Cina dalle potenze coloniali nel secolo XIX e agli inizi del XX ha gettato un’ombra di sfiducia, che tuttora permane, sulle relazioni bilaterali tra i due mondi; ma l’opera di padre Ricci è un permanente ricordo che sono possibili rapporti diversi, basati sulla sincerità e sulla stima reciproca”.

Quale è stata la peculiarità del gesuita maceratese nel dialogo con i cinesi?
“Aver compreso profondamente la loro cultura, e aver tenuto conto di questa conoscenza nella vita e nei rapporti sociali di ogni giorno. La civiltà cinese è la più antica del mondo, e il popolo cinese è ben consapevole del livello di raffinatezza che il proprio sapere e il proprio modo di vivere possiedono nei confronti delle altre nazioni.

Gli intellettuali cinesi conosciuti da padre Ricci erano convinti, come egli testimonia in una delle sue lettere, ‘che niuna nazione si possa paragonar loro in ingegno e sapere; onde, quando questi letterati odono le ragioni con che provo le cose di nostra fede e della filosofia, stanno come fuori di sé dicendo: come può un forestiero saper più che noi altri?’.

Padre Ricci non sfida questo atteggiamento, non tenta di confutarlo o di contrapporre ad esso una vera o presunta superiorità dell’Occidente; né finge di condividerlo, solo per agevolare il buon esito della sua missione. Egli ha rispettato la Cina perché l’ha amata, e l’ha amata perché l’ha conosciuta: indicando così quale sono le tappe che dobbiamo percorrere anche noi, se siamo veramente interessati al dialogo con il mondo cinese”.

In cosa consiste il suo catechismo?
“Il catechismo di padre Ricci, intitolato ‘Il vero di significato di Signore del Cielo’, è probabilmente la sua opera più significativa, anche se non raggiunse immediatamente la notorietà di altri suoi scritti: come il trattato ‘Dell’amicizia’, o i ‘Dieci capitoli di un uomo strano’.

E’ scritto in forma di dialogo tra due interlocutori: un ‘letterato occidentale’ (alter ego dell’autore) e un ‘letterato cinese’ (controfigura dei diversi intellettuali con i quali padre Ricci si era più volte confrontato su argomenti di filosofia e di fede). La conversazione si fonda sui princìpi primi della conoscenza (causalità, finalità, non contraddizione), vere e proprie ‘costanti antropologiche’ che accomunano tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutte le culture;

l’occidentale mostra come la ragione universale, rettamente usata, non possa che ammettere l’esistenza di un unico Signore di tutto ciò che è. Solo a questo punto, persuaso ormai dell’esistenza e degli attributi principali di Dio, è il cinese stesso a chiedere come mai Egli non sia sceso in mezzo agli uomini, per salvarli dalla loro miserabile condizione; l’occidentale ha buon gioco nel rispondere che questo è già successo, nella figura di Gesù Cristo”.

Quale considerazione ha di padre Matteo Ricci, la Chiesa?
“Dopo la morte di padre Ricci il suo metodo missionario, che ad alcuni sembrava concedere troppo alla cultura cinese, venne duramente contestato in Europa.

Le accuse riguardavano l’uso dei nomi tradizionali cinesi per indicare Dio, passibili di un’interpretazione materialistica; la sospetta venerazione di Confucio non come maestro, ma come ‘santo’; e il culto degli antenati, i cui nomi incisi sulle tavolette ricordavano ai figli e ai discendenti le fattezze e la voce dei defunti.

La ‘questione dei riti cinesi’ culminò nel 1742, con la loro condanna definitiva; solo nel 1939 il metodo ricciano venne formalmente riabilitato, con un documento della Congregazione de propaganda Fide. Gli ultimi pontefici hanno manifestato la massima stima per il gesuita maceratese, di cui è in corso la causa di beatificazione; papa Benedetto XVI lo ha definito ‘vero protagonista dell’annuncio del Vangelo in Cina nell’era moderna’, ‘caso singolare di felice sintesi tra l’annuncio del Vangelo e il dialogo con la cultura del popolo a cui lo si porta, esempio di equilibrio tra chiarezza dottrinale e prudente azione pastorale’”.

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