1° Maggio: il lavoro alla base dell’ecologia integrale

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Nel messaggio per la festa del lavoro del 1° maggio la Conferenza Episcopale Italiana ha rivolto un messaggio, invitando tutti a convertirsi ad un’ecologia integrale per permettere a tutti un lavoro dignitoso, perché in Italia manca il lavoro: “Una scarsità che porta sempre più persone, impaurite dalla prospettiva di perderlo o di non trovarlo, a condividere l’idea che nulla sia più come è stato finora: dignità, diritti, salute finiscono così in secondo piano.

Si tratta di una deriva preoccupante messa in moto dal perdurare di una crisi economica stabilmente severa, da una disoccupazione che tocca diversi segmenti anagrafici e demografici (i giovani, le donne e gli ultracinquantenni), e da un cambiamento tecnologico che da più parti viene definito in termini di ‘quarta rivoluzione industriale’”.

E la responsabilità è di tutti: “Ecco la responsabilità che tutti ci troviamo a condividere: l’incapacità di fermarci e tendere la mano a chi è rimasto indietro. Intimoriti e atterriti da un mondo che non offre certezze, scivoliamo nel disinteresse per il destino dei nostri fratelli e così facendo perdiamo la nostra umanità, divenendo individui che esistono senza trascendenza e senza legami sociali”.

Riprendendo il discorso di papa Francesco per il ‘Progetto Policoro’ i vescovi italiani invitano ad educare al lavoro per riscoprire le relazioni fondamentali dell’uomo: “Il lavoro deve tornare a essere luogo umanizzante, uno spazio nel quale comprendiamo il nostro compito di cristiani, entrando in relazione profonda con Dio, con noi stessi, con i nostri fratelli e con il creato. Bisogna, in altre parole, fuggire dall’idea che la vera realizzazione dell’uomo possa avvenire nell’alternativa ‘solo nel lavoro o nonostante il lavoro’.

Il tempo dell’uomo è invece tempo operoso. Questa riflessione è valida per tutte quelle persone che guardano in modo disilluso e stanco alla propria vita lavorativa e, soprattutto, per tutti quei giovani che disperano di poter trovare un’occupazione o languono facendo un lavoro che non li soddisfa”.

La riflessione dei vescovi è molto importante in quanto sottolineano che il lavoro deve essere espressione della dignità dell’uomo: “Questo tema trova particolare espressione nell’elaborazione di percorsi educativi per le giovani generazioni da parte delle comunità cristiane con una precisa attenzione all’orientamento al mondo universitario.

L’esperienza universitaria non può soggiacere unicamente alla logica economica di mercato e di preparazione di persone competenti nei campi della sola organizzazione del lavoro. La formazione culturale e l’elaborazione di esperienze spirituali e morali che plasmino l’identità della persona e aprano ai valori della giustizia, della solidarietà e della cura per il creato costituiscono le condizioni di base per una corretta e completa educazione al lavoro stesso”.

Infine il messaggio dei vescovi sottolinea che ci può essere vero progresso se esiste una interdipendenza tra Nord e Sud: “Ciò che colpisce e inquieta di questa situazione è la mancanza di consapevolezza rispetto al fatto che il destino delle diverse aree del Paese non può essere disgiunto: senza un Meridione sottratto alla povertà e alla dittatura della criminalità organizzata non può esserci un Centro-Nord prospero. Non è un caso che le mafie abbiamo spostato gli affari più redditizi nelle regioni del Nord, dove la ricchezza da accaparrare è maggiore”.

E suggerisce alcune misure da adottare per colmare questo divario che causa migrazione: “In prima battuta, è necessario prevedere uno strumento di contrasto alla povertà che poggi su basi universalistiche e supporti le persone che hanno perso il lavoro, soprattutto gli adulti tra i 40 e i 60 anni che non riescono a trovare una ricollocazione.

Oltre a quanto già indicato circa l’incentivazione di forme di dialogo scuola-lavoro, bisogna dare spazio all’innovazione e alla creatività, creando le condizioni per un sistema produttivo capace di liberare la fantasia e le capacità dei giovani e di tutte le persone con buone idee.

A ben vedere, lungo queste direttrici qualcosa si sta muovendo, sia a livello istituzionale sia dentro la società civile e il mondo dell’impresa. Tuttavia, la strada è ancora lunga perché l’Italia è stata per troppo tempo ferma: è giunto il momento di ricominciare a camminare, nessuno escluso, mettendo in pratica quell’ ‘ecologia integrale’, che è la base del nostro stare al mondo”.

La pratica dell’ecologia integrale è stata ben espressa da san Giovanni Paolo II nell’enciclica ‘Centesimus Annus’, di cui ricorrono i 25 anni: “Per la Chiesa il messaggio sociale del Vangelo non deve esser considerato una teoria, ma prima di tutto un fondamento e una motivazione per l’azione.

Spinti da questo messaggio, alcuni dei primi cristiani distribuivano i loro beni ai poveri, testimoniando che, nonostante le diverse provenienze sociali, era possibile una convivenza pacifica e solidale.

Con la forza del Vangelo, nel corso dei secoli, i monaci coltivarono le terre, i religiosi e le religiose fondarono ospedali e asili per i poveri, le confraternite, come pure uomini e donne di tutte le condizioni, si impegnarono in favore dei bisognosi e degli emarginati, essendo convinti che le parole di Cristo:

‘Ogni volta che farete queste cose a uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’ (Mt 25,40), non dovevano rimanere un pio desiderio, ma diventare un concreto impegno di vita”.

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