La porta aperta ai Riina e quella chiusa ai Graviano

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A proposito dell’intervista di Bruno Vespa a Salvo Riina, figlio del boss mafioso Totò Riina e autore di un libro, il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino – ai microfoni di Tg2000 – diceva che non avrebbe mai accettato di prendere parte alla trasmissione “Porta a Porta” di Bruno Vespa per sedere accanto al figlio di Totò Riina; «Si può anche far andare il figlio di Riina in televisione – precisava Galantino – ma non devono guidare le danze e fare loro lo show per spiegarci cosa non è la Mafia».

La porta aperta ai Riina e quella chiusa ai Graviano!

Diversa, è invece, l’opinione che il card. Paolo Romeo, arcivescovo emerito di Palermo, riferisce in una intervista a “lafedequotidiana.it”. «Monsignor Galantino – afferma il porporato – è libero di pensare quello che meglio crede e io non intendo fare polemiche. Tuttavia penso che Bruno Vespa abbia svolto il suo mestiere di giornalista e dal suo punto di vista non capisco di che cosa debba scusarsi. Ha ritenuto giusto invitare il figlio di Riina a fini di cronaca e ha esercitato il suo sacrosanto diritto a informare. Noi non abbiamo nessun diritto a censurare nel nome di un astratto moralismo. Senza dunque fare apologia della mafia, e con sano discernimento, anche il figlio di Riina ha diritto di parola e Vespa quello di intervistarlo. Aggiungo, visto che parliamo tanto di misericordia, che le colpe dei padri non possono mai ricadere sui figli, per nessuno».

Nel corso dell’intervista, mons. Romeo precisa anche che «la mafia è una cosa orribile e va combattuta con tutti i mezzi legali dei quali il nostro ordinamento dispone», considerando inaccettabile «che il figlio di Riina possa fare una sorta di apologia del padre ritenendolo un modello educativo. Questo non va bene, ma voglio andare oltre». Poi – a proposito della definizione di “preti antimafia” – l’arcivescovo emerito di Palermo afferma che «il sacerdote non è contrario alla mafia, è la mafia contraria al prete e al Vangelo, dunque al ministro di Dio, la prospettiva è capovolta».

Le parole del card. Paolo Romeo creano un certo imbarazzo nella città del beato Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia in odio alla fede. In tanti – a Palermo – tra e altre cose, di fronte all’affermazione giustissima riferita nell’intervista da Romeo, «visto che parliamo tanto di misericordia, che le colpe dei padri non possono mai ricadere sui figli, per nessuno», si chiedono: come mai nel novembre del 2014 il card. Romeo (allora arcivescovo di Palermo) negò al figlio di uno dei boss Graviano (i mandanti dell’omicidio di don Puglisi) la possibilità di ricevere la cresima in Cattedrale, chiedendo che il ragazzo la ricevesse in forma privata in un’altra chiesa… visto che parliamo tanto di misericordia?

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