Festa della Divina Misericordia: l’opera di Dio nel mondo

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Nella prima domenica dopo Pasqua la Chiesa celebra la festa della Divina Misericordia, secondo le parole di Gesù trasmesse a suor Faustina Kowalska (beatificata nel 1993 e proclamata santa nel 2000 da san Giovanni Paolo II) nel 1931, come è annotato nel suo diario:

“Figlia Mia, parla a tutto il mondo della Mia inconcepibile Misericordia. Desidero che la festa della Misericordia sia di riparo e rifugio per tutte le anime e specialmente per i poveri peccatori. In quel giorno sono aperte le viscere della Mia Misericordia, riverserò tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia Misericordia.

L’anima che si accosta alla confessione ed alla santa Comunione, riceve il perdono totale delle colpe e delle pene. Che nessuna anima tema ad avvicinarsi a Me, anche se i suoi peccati fossero come porpora. Questa causa è Mia ed è scaturita dal seno della Santissima Trinità, che attraverso il Verbo vi fa conoscere l’abisso della Divina Misericordia. Desidero che questa Festa venga celebrata solennemente la prima Domenica dopo la Pasqua”.

Il card. Franciszek Macharski con la Lettera Pastorale per la Quaresima nel 1985 ha introdotto la festa nella diocesi di Cracovia e seguendo il suo esempio, negli anni successivi, lo hanno fatto i vescovi di altre diocesi in Polonia. Il culto della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua nel santuario di Cracovia – Lagiewniki era già presente nel 1944. La partecipazione alle funzioni era così numerosa che la Congregazione ha ottenuto l’indulgenza plenaria, concessa nel 1951 per sette anni dal card. Adam Sapieha. La festa della Divina Misericordia è stata istituita ufficialmente da san Giovanni Paolo II nel 1992 che la fissò per tutta la Chiesa nella prima domenica dopo Pasqua.

Lo stesso papa, a tre anni dalla sua elezione a pontefice, il 30 novembre 1980, scrisse un’enciclica sulla Divina Misericordia, per dare completezza alla precedente enciclica ‘Redemptor Hominis’, definendo la Misericordia un mistero: “E’ per questo che conviene ora volgerci a quel mistero: lo suggeriscono molteplici esperienze della Chiesa e dell’uomo contemporaneo; lo esigono anche le invocazioni di tanti cuori umani, le loro sofferenze e speranze, le loro angosce ed attese.

Se è vero che ogni uomo, in un certo senso, è la via della Chiesa, come ho affermato nell’enciclica ‘Redemptor hominis’, al tempo stesso il Vangelo e tutta la tradizione ci indicano costantemente che dobbiamo percorrere questa via con ogni uomo cosi come Cristo l’ha tracciata, rivelando in se stesso il Padre e il suo amore. In Gesù Cristo ogni cammino verso l’uomo, quale è stato una volta per sempre assegnato alla Chiesa nel mutevole contesto dei tempi, è simultaneamente un andare incontro al Padre e al suo amore. Il Concilio Vaticano II ha confermato questa verità a misura dei nostri tempi”.

Secondo san Giovanni Paolo II la misericordia è l’incarnazione di Dio attraverso il Figlio nell’uomo: “In tal modo, in Cristo e mediante Cristo, diventa anche particolarmente visibile Dio nella sua misericordia, cioè si mette in risalto quell’attributo della divinità che già l’Antico Testamento, valendosi di diversi concetti e termini, ha definito ‘misericordia’. Cristo conferisce a tutta la tradizione vetero-testamentaria della misericordia divina un significato definitivo”.

Per questo il messaggio messianico sulla misericordia ha una dimensione divino-umana: “Contemporaneamente, divenendo per gli uomini modello dell’amore misericordioso verso gli altri, Cristo proclama con i fatti ancor più che con le parole quell’appello alla misericordia, che è una delle componenti essenziali dell’ ‘ethos del Vangelo’.

In questo caso non si tratta solo di adempiere un comandamento o una esigenza di natura etica, ma anche di soddisfare una condizione di capitale importanza, affinché Dio si possa rivelare nella sua misericordia verso l’uomo: I misericordiosi… troveranno misericordia”.

Dopo un excursus veterotestamentario papa Giovanni Paolo II si è soffermato sull’immagine della parabola del Figliol prodigo: “Questa precisa immagine dello stato d’animo del figliol prodigo ci permette di comprendere con esattezza in che cosa consista la misericordia divina. Non vi è alcun dubbio che in quella semplice ma penetrante analogia, la figura del genitore ci svela Dio come Padre.

Il comportamento del padre della parabola e tutto il suo modo di agire, che manifestano il suo atteggiamento interiore, ci consentono di ritrovare i singoli fili della visione vetero-testamentaria della misericordia in una sintesi totalmente nuova, piena di semplicità e di profondità. Il padre del figliol prodigo è fedele alla sua paternità, fedele a quell’amore che da sempre elargiva al proprio figlio.

Tale fedeltà si esprime nella parabola non soltanto con la prontezza immediata nell’accoglierlo in casa, quando ritorna dopo aver sperperato il patrimonio: essa si esprime ancor più pienamente con quella gioia, con quella festosità cosi generosa nei confronti del dissipatore dopo il ritorno, che è tale da suscitare l’opposizione e l’invidia del fratello maggiore, il quale non si era mai allontanato dal padre e non ne aveva abbandonato la casa”.

La fedeltà del Padre a se stesso ci porta a comprendere quanto è grande la misericordia di Dio tanto da donare tutto se stesso nel Figlio: “Ecco il Figlio di Dio, che nella sua risurrezione ha sperimentato in modo radicale su di sé la misericordia, cioè l’amore del Padre che è più potente della morte.

Ed è anche lo stesso Cristo, Figlio di Dio, che al termine, e in certo senso già oltre il termine, della sua missione messianica, rivela se stesso come fonte inesauribile della misericordia, del medesimo amore che, nella prospettiva ulteriore della storia della salvezza nella Chiesa, deve perennemente confermarsi più potente del peccato. Il Cristo pasquale è l’incarnazione definitiva della misericordia, il suo segno vivente: storico salvifìco ed insieme escatologico”.

Fedele a Cristo san Giovanni Paolo II ha declinato nell’enciclica anche il compito della Chiesa nell’attuazione della misericordia: “La Chiesa ritiene giustamente come proprio dovere, come scopo della propria missione, quello di custodire l’autenticità del perdono, tanto nella vita e nel comportamento quanto nell’educazione e nella pastorale. Essa la protegge non altrimenti che custodendo la sua fonte, cioè il mistero della misericordia di Dio stesso, rivelato in Gesù Cristo.

Alla base della missione della Chiesa, in tutte le sfere di cui parlano numerose indicazioni del più recente Concilio e la plurisecolare esperienza dell’apostolato, non vi è altro che l’attingere alle fonti del Salvatore: è questo che traccia molteplici orientamenti alla missione della Chiesa nella vita dei singoli cristiani, delle singole comunità ed anche dell’intero Popolo di Dio…

Nel continuare il grande compito di attuare il Concilio Vaticano II, in cui giustamente possiamo vedere una nuova fase dell’autorealizzazione della Chiesa, su misura dell’epoca in cui ci tocca di vivere, la Chiesa stessa deve essere costantemente guidata dalla piena coscienza che in quest’opera non le è lecito, a nessun patto, di ripiegarsi su se stessa. La ragione del suo essere è infatti quella di rivelare Dio, cioè quel Padre che ci consente di essere ‘visto’ nel Cristo”.

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