Massimiliano Maria Kolbe: un santo mariano

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Massimiliano Maria Kolbe nacque a Sudunzska-Wola (Polonia) l’8 gennaio 1894. I suoi genitori erano operai tessili. Nel 1907 abbracciò la Regola di S. Francesco tra i minori conventuali di Leopoli. Nell’ideale francescano Kolbe innestò la propria fiducia nella possibilità offerta dai mezzi che la tecnica in quel tempo stavo mettendo a disposizione.

E a chi faceva osservare che su di essi già il diavolo aveva allungato le sue sordide zampe, egli rispondeva: “Ragione in più per svegliarci e metterci all’opera per riconquistare le posizioni perdute”. Nel 1919, dopo essersi laureato in teologia a Roma, ritornò nella sua terra natia.

Nel 1926, a pochi chilometri da Varsavia, diede vita ad un istituzione che aveva nel lavoro e nella povertà un sicuro fondamento: la ‘Città dell’Immacolata’ i cui cittadini, tutti frati, si dedicavano, vivendo in rigorosa povertà, all’apostolato per mezzo della stampa. E furono gli autori di un vero successo editoriale.

‘Il cavaliere dell’Immacolata’, la prima di una serie di riviste, ben presto riuscì a raggiungere le cinquantamila copie. In seguito divenuto settimanale raggiunse le settantamila copie e nel 1938 un milione.

L’Immacolata, cui padre Kolbe intitolò gran parte delle sue riviste, era il suo chiodo fisso. In tempi non troppo felici per la Chiesa e per il mondo egli vedeva nella Vergine l’ideale capace di scuote le coscienze, di ridare fiato al cristianesimo. Per questo, ancora prima di essere ordinato prete, aveva istituito a Roma.

Il 16 ottobre 1917, la Milizia dell’Immacolata, uno strumento per far conoscere e vivere l’autentica devozione alla Madre di Dio, ancor oggi presente. Nel 1930 Massimiliano partì missionario per il Giappone dove anche qui fondò una ‘Città dell’Immacolata’ per poi ritornare dopo qualche anno in Polonia. Il 19 settembre 1939, dopo un paio di viaggi missionari in Giappone, venne arrestato dalla Gestapo che lo internò nei campi di concentramento.

Rilasciato e arrestato di nuovo nel 1941, Massimiliano venne deportato ad Auschwitz dove con uno straordinario atto d’amore chiuse una vita tutta spesa al servizio degli altri. Offrendo la propria vita per salvare quella di un padre di famiglia, Francesco Gaioiwniczek, condannato a morire di fame come rappresaglia per la fuga di un detenuto, Massimiliano venne ucciso con un’iniezione di acido fenico nella sua cella che aveva trasformato in cenacolo di preghiera.

“Porse lui stesso, con la preghiera sulle labbra, il braccio al carnefice”, raccontò un testimone. Lo trovarono qualche ora dopo “appoggiato al muro, con la testa inclinata su fianco sinistro e il volto insolitamente raggiante, Aveva gli occhi aperti e concentrati in un punto. Lo si sarebbe detto in estasi”. Era la viglia dell’Assunta che egli aveva sempre con affetto venerato.

Nel 1982 fu proclamato santo da Giovanni Paolo II che lo invoca in quanto ‘patrono del nostro secolo difficile’. Massimiliano fu animato da una grande passione per l’evangelizzazione e intuì, primo fra pochi in quell’epoca, il ruolo che i mezzi di comunicazione di massa possono svolgere nel far giungere a tutti la buona novella. Egli, inoltre, non solo con le parole ma anche con la propria testimonianza è stato esempio di pace e di fraternità in una società sconvolta dall’odio e dall’egoismo!

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