La Chiesa ricorda i martiri della fede

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Si chiamavano suor Anselma, suor Marguerite, suor Reginette, suor Judit, venivano dall’India, dal Rwanda, dal Kenya, missionarie della Carità, l’ordine di Madre Teresa (che sarà canonizzata il prossimo 4 settembre), operavano ad Aden, la zona dello Yemen più funestata dalla guerra contro i ribelli sciiti Houti. La loro missione si costruiva sull’assistenza ad anziani e disabili.

Nell’Angelus di domenica 6 marzo papa Francesco ha affermato: “Prego per loro e per le altre persone uccise nell’attacco, e per i familiari. Questi sono i martiri di oggi, non sono copertine dei giornali, non sono notizie. Questi danno il suo sangue per la Chiesa. Questi sono vittime dell’attacco di quelli che li hanno uccisi e dell’indifferenza, della globalizzazione dell’indifferenza. Madre Teresa accompagni in paradiso queste sue figlie martiri della carità, e interceda per la pace e il sacro rispetto della vita umana”.

Nel ‘testamento spirituale’ avevano descritto la loro vita quotidiana: “Ogni qualvolta i bombardamenti si fanno pesanti noi ci inginocchiamo davanti al Santissimo esposto, implorando Gesù misericordioso di proteggere e difendere noi e i nostri poveri e di concedere pace a questa nazione.

Non ci stanchiamo di bussare al cuore di Dio, confidando che ci sarà una fine a tutto questo. Mentre la guerra continua ci troviamo a calcolare quanto cibo abbiamo e ci chiediamo: sarà sufficiente per oggi? I bombardamenti continuano, le sparatorie sono da ogni parte e abbiamo farina soltanto per oggi. Come faremo domani a sfamare i nostri poveri?.. E poi corriamo di nuovo velocemente per raggiungere i nostri poveri che ci attendono sereni. Sono molto anziani, alcuni non vedenti, altri con handicap mentali o fisici.

Subito cominciamo il nostro lavoro pulendo, lavando, cucinando, utilizzando gli ultimi sacchi di farina, le ultime bottiglie d’olio, proprio come la storia del profeta Elia e della vedova. Dio non può mai essere da meno in generosità fino a quando rimaniamo con Lui e i suoi poveri. Quando i bombardamenti sono pesanti ci nascondiamo sotto le scale tutte e cinque sempre unite: insieme viviamo, insieme moriamo, con Gesù, Maria e la nostra Madre”.

E’ bello che in questo anno della misericordia, proprio nel giorno in cui Gesù ha istituito l’Eucarestia, la Chiesa ricordi i propri martiri, il 24 marzo, giorno del martirio di mons. Oscar Arnulfo Romero, che nella sua ultima omelia di quel giorno del 1980, prima di essere ucciso, disse:

“Questa santa messa quindi, questa Eucarestia, è precisamente un atto di fede. Con fede cristiana sappiamo che in questo momento l’ostia di frumento si trasforma nel corpo del Signore che si offrì per la salvezza del mondo e che in questo calice il vino si trasforma nel sangue che fu il prezzo della salvezza.

Che questo corpo immolato e questo sangue sacrificato per gli uomini alimentino anche noi per dare il nostro corpo e in nostro sangue alla sofferenza e al dolore, come Cristo, non per sé, ma per offrire concetti di giustizia e di pace al nostro popolo. Uniamoci quindi intimamente con fede e speranza a questo momento di preghiera per la signora Sarita e per noi”.

E proprio alla Chiesa dei martiri mons. Paul Richard Gallagher, segretario della Segreteria di Stato per i Rapporti con gli Stati, ha dedicato una bella riflessione: “Sono davanti ai nostri occhi le immagini dei nostri fratelli disperati che emigrano mettendo a rischio la loro stessa vita. L’esodo forzato dei cristiani dal Medio Oriente lascia un vuoto nelle comunità che rischiano così di scomparire.

Al riguardo, colpiscono i dati contenuti nel rapporto recentemente pubblicato dalla fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre e dal rapporto 2014 sulla libertà religiosa nel mondo, edito dal Dipartimento di Stato Americano. In questi documenti, si rileva che dal 2003 ad oggi, in Iraq il numero dei cristiani è diminuito da più di 1.300.000. Nella sola città di Mosul, l’antica Ninive, che rappresenta una delle comunità cristiane più antiche, con una storia di oltre 1.700 anni, in una notte (6 agosto 2014) 150.000 cristiani hanno lasciato le loro case e i loro villaggi, dopo essere stati derubati di tutti i loro averi.

Oggi, in quella città, occupata dallo Stato Islamico, non ci sono più cristiani. Similmente, in Nigeria, Boko Haram ha costretto alla fuga 100 mila cristiani nella sola Diocesi di Maiduguri, nella quale sono state distrutte 350 chiese. In Siria, poi, oltre agli orrori della guerra, che ha già causato oltre 260.000 morti, non si contano i casi di ostilità.

Ma anche in Libia la situazione dei cristiani è estremamente drammatica, infatti, a partire dal 2013 la maggior parte dei cristiani sono stati costretti ad abbandonare il Paese, a causa del peggioramento delle condizioni di sicurezza dovuto all’estremismo religioso che li minaccia di morte. Insomma, ci troviamo di fronte a un’emorragia inarrestabile, che mette a repentaglio la stessa esistenza delle comunità cristiane”.

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