Gli italiani non vogliono una guerra in Libia

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Un sondaggio Ixè, in esclusiva per Agorà, ha attestato che l’81% degli italiani è contrario ad un intervento militare in Libia, come ha scritto la Rete Italiana per il Disarmo: “Siamo contrari ad un intervento militare in Libia sia per la specifica situazione del Paese, gettato in una spirale di violenza incontrollabile proprio a seguito dei bombardamenti occidentali del 2011, sia per le peculiari modalità di intervento prospettate dall’Italia:

l’uso di agenti segreti con scopi poco chiari definiti attraverso un Decreto ‘secretato’, l’ipotesi di utilizzo di un rilevante contingente militare di circa 5.000 uomini, utilizzo e concessione ad alleati di basi per droni. Tutte ipotesi riportate in questi giorni da diversi organi di stampa… Chiediamo pertanto che il Governo italiano si faccia promotore in sede internazionale ed europea di una iniziativa volta ad impedire l’esportazione di armi e sistemi militari che possano essere utilizzati per l’aggressione internazionale, contribuire all’instabilità regionale e la repressione interna”.

E per riaffermare questa volontà degli italiani 16 direttori di riviste italiane (Efrem Tresoldi, direttore di Nigrizia, Mao Valpiana, direttore di Azione nonviolenta, Alex Zanotelli, direttore di Mosaico di Pace, Mario Menin, direttore di Missione Oggi, Filippo Rota Martir, direttore di Cem Mondialità, Marco Fratoddi, direttore di La nuova ecologia, Riccardo Bonacina, direttore di Vita, Pietro Raitano, direttore di Altreconomia, Claudio Paravati, direttore di Confronti, Michele Boato, direttore di Gaia, Pier Maria Mazzola e Marco Trovato direttori di Africa, Silvia Pochettino direttrice di Volontari per lo sviluppo, l’intera redazione di Mondo e Missione, Antonio Vermigli, direttore di In dialogo, Luca Kocci, direttore di Adista e Luigi Anataloni, direttore di Missioni Consolata e segretario della Federazione Stampa Missionaria Italiana) hanno sottoscritto un testo comune di 16 riviste che è anche un appello a Papa Francesco perché ‘anche in questo caso levi la sua voce profetica per denunciare l’assurdità e l’immoralità di un intervento armato in Libia, sollecitando la comunità internazionale a cercare soluzioni pacifiche e giuste’.

I direttori hanno preso atto delle parole del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che ha affermato che non è in programma una missione italiana in Libia, ma hanno esternato la loro preoccupazione per le ‘pressioni esercitate sul nostro governo perché assuma un ruolo guida nell’intervento militare in Libia a fianco di altre potenze occidentali’, denunciando: “La guerra non è il mezzo adeguato per sconfiggere il terrorismo né tantomeno per portare stabilità alla Libia. Basterebbe guardare alla storia di questi ultimi anni per capire che gli interventi militari non hanno risolto i problemi, li hanno invece aggravati.

A partire dalla dissennata guerra lanciata dalla Nato nel 2011 contro il regime di Gheddafi che avrebbe dovuto inaugurare un’era nuova di pace e democrazia. Invece la Libia è precipitata nel caos e nella guerra intestina. Non solo. Quella guerra ha posto le basi per altri conflitti. E’ ormai risaputo e documentato che il saccheggio di vasti arsenali di armi del colonnello durante l’operazione della Nato ha alimentato la guerra civile in Siria, rafforzato gruppi terroristici e criminali dalla Nigeria al Sinai e destabilizzato il Mali.

Di fatto nessuno dei conflitti iniziati dal 1991 ad oggi (Iraq, Somalia, Balcani, Afghanistan, Siria) ha risolto i problemi sul campo, anzi sono tragicamente aggravati. Il fallimento di tali operazioni è sotto gli occhi di tutti: milioni di profughi abbandonati al loro destino che fuggono a causa delle nefaste conseguenze delle recenti guerre”.

I direttori hanno sottolineato che un intervento armato in Libia potrebbe aggravare la situazione in Tunisia ed il suo ‘faticoso cammino verso la democrazia avviato in questi ultimi anni’: “Va aggiunto che la lotta al terrorismo dello Stato Islamico non potrà mai essere vinta con un dispiegamento di forze militari. Anche la macchina bellica più potente è inefficace di fronte al fanatismo e alla capacità di mimetizzarsi dei terroristi in grado di colpire ovunque nel mondo cittadini inermi con attentati sanguinari. La nostra penisola è in una posizione particolarmente vulnerabile perché è la più esposta per la sua vicinanza geografica alle coste libiche”.

Ma per ottenere la pace non sono sufficienti le analisi, occorrono proposte concrete; quindi propongono alcuni impegni che l’Italia può realizzare in ambito internazionale: “ricostruire l’assetto statuale della Libia, sostenendo con la diplomazia e la politica l’iniziativa per un accordo tra le controparti e la formazione di un governo unitario tra i governi di Tobruk e di Tripoli; coinvolgere gli stati membri della Lega araba e dell’Unione africana anche al fine di bloccare i finanziamenti ai movimenti terroristici islamici che provengono da Arabia saudita e Qatar, dal commercio di petrolio e di droga; valorizzare la partecipazione della società civile della Libia nel processo di ricostruzione della loro nazione; a garantire da parte dell’Europa l’apertura delle frontiere per accogliere e assistere i profughi, mettendo in campo un’operazione di salvataggio in mare”.

E nell’editoriale dello scorso febbraio su ‘Nigrizia’ padre Zanotelli aveva chiesto una massiccia mobilitazione della società civile contro la guerra:

“L’Italia non solo riceve armi, ma a sua volta ne esporta tante soprattutto in Arabia Saudita e Qatar, che armano i gruppi fondamentalisti islamici come l’Is. I viaggi di Renzi lo scorso anno in quei due paesi hanno propiziato la vendita di armi. Questo in barba alla legge 185 che proibisce al governo italiano di vendere armi a paesi in guerra e che non rispettano i diritti umani (l’Arabia Saudita non rispetta i diritti umani e fa la guerra in Yemen).

Per cui diventa pura ipocrisia per l’Italia intervenire militarmente in Libia per combattere l’Is, quando appare chiaro che siamo anche noi ad armare in gruppo jihadista. Siamo noi a creare dei mostri e poi facciamo nuove guerre per distruggerli… Quello che ai poteri forti interessa non è la tragica situazione del popolo libico, ma il petrolio di quel paese. Dobbiamo tutti mobilitarci! In questo momento così grave è triste vedere il movimento per la pace frantumato in mille rivoli. Oseremo metterci tutti insieme per esprimere con un’unica voce il nostro ‘no alla guerra contro la Libia’, un ‘no’ a tutte le guerre che insanguinano il nostro mondo”.

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