Amnesty International: in aumento le violazioni dei diritti umani

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Nelle settimane scorse è stato diffuso da Amnesty International il Rapporto 2015-2016 sullo stato dei diritti umani nel mondo: in molte parti del mondo, un notevole numero di rifugiati si è messo in cammino per sfuggire a conflitti e repressione.

La tortura e altri maltrattamenti da un lato e la mancata tutela dei diritti sessuali e riproduttivi dall’altro sono stati due grandi fonti di preoccupazione. La sorveglianza da parte dei governi e la cultura dell’impunità hanno continuato a negare a molte persone i loro diritti. Le vicende che si stanno svolgendo sulla scena politica internazionale rischiano di mettere sempre più a rischio il rispetto dei diritti delle persone.

Nel corso dell’ultimo anno molti governi hanno sfacciatamente violato il diritto internazionale e continuano a operare volutamente per indebolire le istituzioni che sono impegnate nella tutela delle persone. Secondo Salil Shetty, segretario internazionale di Amnesty International, il rischio mette in discussione gli stessi principi democratici: “Non sono solo i nostri diritti a essere minacciati; lo sono anche le leggi e il sistema che li proteggono. Oltre 70 anni di duro lavoro e di progresso umano sono a rischio”.

I dati pubblicati da Amnesty sono impressionanti: nel 2015 oltre 122 stati hanno praticato maltrattamenti o torture e 30 paesi, se non di più, hanno rimandato illegalmente rifugiati verso paesi in cui sarebbero stati in pericolo. In almeno 19 paesi, governi o gruppi armati hanno commesso crimini di guerra o altre violazioni delle ‘leggi di guerra’. Non sono mancati inoltre altri abusi come gli attacchi deliberati di molti governi ad attivisti, avvocati e altre persone che difendono i diritti umani.

Quello che emerge è una sostanziale debolezza delle Nazioni Unite e una forte difficoltà nel tutelare i diritti umani soprattutto di fronte all’aggravarsi dell’emergenza profughi o con l’ampliamento del conflitto in Siria. Le Nazioni Unite erano state istituite per ‘salvare le future generazioni dal flagello della guerra’ e ‘riaffermare la fiducia nei diritti umani fondamentali’, richiedono di essere ripensate alla luce delle nuove sfide che si trovano ad affrontare.

E di questa necessità di ripensare l’Onu e dargli nuovo vigore si farà carico anche il prossimo segretario generale delle Nazioni Uniti che verrà eletto quest’anno per subentrare a Ban Ki Moon nel 2017 e che, potrebbe essere, per la prima volta nella storia, una donna. Riprendendo l’immagine del corpo annegato del piccolo siriano Aylan Kurdi, il segretario internazionale dell’associazione, ha sottolineato:

“Sia nei paesi dell’area vicini alla Siria sia negli stati occidentali sono emerse profonde divergenze d’approccio nelle risposte alle crisi e ai conflitti. Se da un lato moltissimi rifugiati siriani hanno trovato ospitalità in alcuni dei paesi della regione, molti governi fuori e dentro la regione del Medio Oriente e Africa del Nord hanno continuato a mostrarsi riluttanti ad aumentare l’ammissione di rifugiati oltre una certa soglia.

La condivisione degli sforzi e delle responsabilità ha continuato a essere terribilmente sbilanciata e le risorse fornite non riuscivano a far fronte a una crisi in rapida evoluzione. Nel frattempo, i diritti umani di molte famiglie e singole persone in movimento venivano violati, anche mediante la criminalizzazione dei richiedenti asilo, provvedimenti di refoulement, respingimenti e trasferimenti verso altri territori, oltre a varie iniziative degli stati che si sono configurate come una vera e propria negazione dell’accesso alle procedure di richiesta d’asilo”.

Quindi nello scorso anno Amnesty International ha documentato gravi violazioni dei diritti economici, sociali, politici e civili in molti paesi, riportati in un breve elenco, in cui l’associazione ha inserito anche la chiusura delle frontiere in un Ungheria e il trattamento che qui hanno ricevuto i migranti.

Questi sono i numeri in sintesi di quello che è successo nello scorso anno sul fronte dei diritti umani. 160 sono i paesi nei quali AI ha svolto ricerca o ricevuto informazioni da fonti credibili su violazioni dei diritti umani nel corso del 2015. 60.000.000 sono le persone che si trovano lontano dalle loro case, molte delle quali da molti anni; almeno 113 Paesi nei quali la libertà d’espressione e di stampa sono state sottoposte a restrizioni arbitrarie; circa 30 Paesi hanno rimandato illegalmente rifugiati verso Paesi in cui sarebbero stati in pericolo.

Almeno 19 sono i Paesi nei quali sono stati commessi crimini di guerra o altre violazioni delle ‘leggi di guerra’; più di 36 Paesi nei quali gruppi armati hanno commesso abusi; almeno 156 i difensori dei diritti umani morti durante la detenzione o altrimenti uccisi; almeno 61 sono stati i Paesi i cui governi hanno messo in carcere prigionieri di coscienza, ossia persone che avevano solamente esercitato i loro diritti e le loro libertà.

Per quanto riguarda l’Italia, Amnesty International è preoccupata per la gestione dei migranti e per la vendita di armi, in quanto “nel corso del 2015 e dell’inizio del 2016 sono trasferiti bombe e sistemi militari dall’Italia all’Arabia Saudita, attualmente impegnata in un’azione militare in Yemen, nel quadro di un conflitto caratterizzato da attacchi indiscriminati contro le infrastrutture civili (a cominciare dalle strutture sanitarie e dalle scuole).

Il governo dell’Arabia Saudita è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani, circostanza che dovrebbe da sola comportare, secondo una legge italiana: la n.185 del 1990 il divieto di ‘esportazione e transito di materiali di armamento’. Il Governo, per bocca del Ministro della Difesa, ha detto che è tutto regolare, tutto a posto. A noi non sembra proprio e per questo abbiamo chiesto e chiediamo l’immediata interruzione di ogni ulteriore consegna di armi all’Arabia Saudita”.

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