Kyrie Eleison: invocazione di misericordia

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Sguardo storico

L’uomo da sempre si è rivolto alla divinità con speciali suppliche intense e ripetitive per intervenire nelle vicende della sua vita. Il termine litaneia, era in uso nell’antico mondo greco e indicava una preghiera di supplica, un’invocazione rivolta alla divinità. La sua forma consisteva in un’invocazione alla quale seguiva una risposta solitamente ripetitiva.

La primitiva comunità cristiana associò l’appellativo Kyrios, Dominus, al nome di Cristo come Dio. Nella lettera ai Filippesi, Paolo chiude il suo celebre inno con una proclamazione e un’acclamazione: …e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre (Fil 2,11). Il termine Kyrios s’incontra varie volte sia nell’AT che nel NT; si trova anche nell’uso devozionale pagano. Arriano, nella biografia di Epitteto, scrive: “Noi poi preghiamo Dio dicendogli Kyrios, eleison”. Questa forma di preghiera liturgica è nata nel IV secolo ad Antiochia e da lì, gradualmente, si diffuse nelle chiese d’Oriente. Il Kyrie fu importato a Roma dall’Oriente non prima del V secolo. Papa Gelasio (492-496) è l’autore di una deprecatio litanica che consiste in una lunga preghiera d’intercessione per i bisogni della Chiesa e della sua Gerarchia. Compilata e introdotta da lui nella Messa per la Chiesa di Roma in un’epoca che va dal 466 al c. 540, era cantata da un diacono alle cui invocazioni il popolo rispondeva Kyrie, eleison. A Roma, al tempo di S. Gregorio Magno, la forma litanica del Kyrie-Christe era già in uso ed era eseguita a cori alterni tra clero e popolo. Nella versione greca dei LXX, Kyrios traduce il termine ebraico Adonai. E’ invocazione che fa appello alla misericordia di Dio come confessione di fede e supplica e non come gesto penitenziale, come farà poi la Riforma protestante.

 

Il Dio della misericordia

Nel linguaggio corrente, determinato dal latino ecclesiastico, la parola “misericordia” vuole significare compassione, commiserazione o certo tipo di perdono. La lingua ebraica ha due termini che, indicando due correnti di pensiero, si armonizzano a vicenda. Il primo, rahamim, dice il legame istintivo che c’è tra due esseri. Questo sentimento si trova nelle viscere materne ed esprime l’amore “viscerale” di una madre verso la creatura che porta in grembo. Il secondo termine, éleos, designa relazione d’amore tra due esseri e implica fedeltà. Non è solo istinto d’amore, dunque, ma espressione d’amore pieno, cosciente e fedele.

Dio manifesta a noi il suo amore eterno con la tenerezza di padre e di madre. Nella sua infinita misericordia, non sopporta la miseria dei suoi figli. Sul monte Sinai, verso il popolo eletto che ha apostatato, Dio usa liberamente e gratuitamente la misericordia che trionfa sul peccato. Il Signore è Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco d’amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione (Es 34,6-7). Tra misericordia e castigo, sarà questo il ritmo delle relazioni tra Dio e il suo popolo, e si protrarrà sino all’incarnazione del Figlio.

I profeti, anche quando annunziano castighi, rivelano sempre la divina tenerezza misericordiosa: Non è un figlio carissimo per me Efraim, il mio bambino prediletto? Ogni volta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per questo il mio cuore si commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza (Ger 31,20). Il gesto misericordioso di Dio comporta sempre che il peccatore riconosca il suo peccato, si converta e torni a lui con tutto il cuore. Anche Isaia ammonisce: L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona (55,7).

Nel Miserere risuona sempre il grido del salmista che implora perdono: Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità (Sal 51,3). Il Salmo 103 canta così la bontà misericordiosa di Dio: Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore… Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono (v. 8, 10-11). Tutto il Salmo 136, “il grande Hallel pasquale”, è una lunga litania che acclama: Eterna è la sua misericordia, perché è Lui la misericordia. Dio, infatti, educa progressivamente il suo popolo a questo sublime sentimento, non connaturale all’uomo, perché, come dice il motto: “Homo homini lupus!”. Dio, condannando quelli che soffocano la misericordia, comanda di vivere l’amore fraterno che è oltremodo superiore agli olocausti e alle vittime degli animali (cf Am 1,11; Es 22,26). La pratica della giustizia deve essere sempre coronata dalla tenerezza dell’amore: Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio (Mic 6,8). Dio spalancherà a poco a poco il cuore dell’uomo alle dimensioni del suo cuore di Padre.

 

Il volto della misericordia di Dio

Cristo Gesù, sommo sacerdote misericordioso (Eb 2,17), facendosi carne della nostra umana natura, rivela pienamente il volto misericordioso di Dio. Il vangelo di Luca descrive in modo sublime come Gesù, attraverso i fatti e le parole, rivela la misericordia divina. Ai peccatori che si vedevano esclusi dal regno di Dio per la grettezza dei farisei, annunzia il vangelo della misericordia. Ricordiamo le commoventi e consolanti parabole di Luca: la pecorella smarrita, la dramma ritrovata, la parabola del figlio prodigo atteso e accolto con pienezza d’amore dal cuore del padre (cf 15, 4-32).

Al momento dell’Incarnazione, troviamo la parola “misericordia” nei due cantici che esplodono dal cuore di Maria e di Zaccaria. Maria ha creduto all’Amore misericordioso di Dio che ha fatto grandi cose in Lei e non cesserà mai di farle nell’umanità. Dio usa sempre l’onnipotenza per operare la misericordia: Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono… Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre (Lc 1,49-50; 54-55). Nel cantico di Zaccaria, le promesse meravigliose di Dio stanno per avere il loro compimento: Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua alleanza… Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace (Lc 1, 78-79).

Gesù, nel Padre nostro, ci ha insegnato a pregare: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Poi ci ha esortati: Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso (Lc 6,36). Alla fine, saremo giudicati in base alla misericordia accolta e donata, condizione essenziale per entrare nel Regno dei cieli (Mt 5,7). La misericordia di Dio rimarrà in noi nella misura in cui avremo donato misericordia. Nella lettera ai Romani, san Paolo scrive chiaramente che, mentre i Giudei, disconoscendo la misericordia divina, ritenevano di procurarsi la giustizia attraverso “le loro opere” e la pratica della “legge”, l’apostolo li dichiara peccatori e li esorta a fare esperienza della misericordia attraverso la giustizia della “fede” (cf Rm 11,16-24).

 

La Chiesa sacramento di misericordia

All’alba di quel giorno, Gesù era di nuovo nel tempio a insegnare. Mentre ammaestrava, gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, postala ben in vista, gli pongono la domanda trabocchetto: Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici? (Gv 8,4-5). Sappiamo bene che la domanda nasconde un tranello per poi poterlo accusare. Sono fatti così i farisei di tutti tempi! Il Maestro risponde: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei (v. 7). Dirà poi: Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno (8,15). Il giudizio secondo la carne, cioè secondo l’uomo, è ispirato alla morale sociologica e all’etica razionale che producono imperativi rigorosi e atteggiamenti discriminanti o eliminanti. La novità evangelica non contesta il carattere peccaminoso dell’adulterio né la legge etica che lo proibisce, contesta la malizia di chi si fa tutore della legge nascondendo i propri peccati ed esasperando giudizi e sanzioni per i peccati altrui. Gesù, con le sue parole, evidenzia l’insufficienza della legge cercando di liberare l’uomo dalla schiavitù del peccato e, al contempo, promuove la nuova legge dell’amore che è “redenzione” di perdono e “rinascita” della persona perdonata. Gesù interiorizza il peccato sottraendolo alla falsa oggettività del moralismo giuridico. Chi crede o finge di “essere giusto” è incapace di spalancare il cuore alla misericordia e al perdono. L’equilibrio della parità tra delitto e castigo è sconvolto dal nuovo concetto di giustizia tra peccato e misericordia. L’onestà degli “empi” pagani fa ormai parte della vecchia logica legalistica superata dalla misericordia incarnata.

Talvolta, è amaro costatare come certo stile di usare misericordia è peggiore di quello dei farisei: si dice di essere misericordiosi ma poi, in effetti, si condanna il peccatore pentito facendolo rimanere fuori della fraternità con vendette, allontanamenti e minacce di epurazione.  Si cade, così, nella perversa tentazione di “fare giustizia”, mentre in verità tutto ruota attorno al sentimento di vendetta che esplode dal rancore e dall’odio che vuole liberarsi del vero o presunto “colpevole” per poi distruggerlo. Offesa e difesa diventano così veri e propri assassini. I sentimenti che sostituiscono il divino perdono misericordioso offrono soltanto illusione di giustizia, ma, in realtà, sono sentimenti distruttivi, effimeri e ingannevoli. Con questi atteggiamenti si corre il pericolo di coniugare anche il “falso perdono” che è finzione di usare una misericordia che non esiste e perciò diventa un sentimento ancor più falso e diabolico. Gesù ci insegna che Dio Padre è il supremo modello della misericordia. Nella misura in cui anche noi lo saremo, vivremo la beatitudine del dare e del ricevere misericordia. La Chiesa di Cristo è sacramento di misericordia. Sarà tanto più credibile quanto più la donerà.

 

 

 

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