Messico: i cattolici contro la violenza

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Mons. José Trinidad Zapata Ortiz, celebrando le festività natalizie con i detenuti del Centro di Riabilitazione Sociale di Poza Rica, circa 270 km da Città del Messico, ha sottolineato che i crimini, gli omicidi e i rapimenti non sono finiti, ma continuano tra la popolazione messicana, e purtroppo per i minori rappresentano una scuola di apprendimento:

“Il traffico di droga lo troviamo ora a tutti i livelli, ha messo radici nella nostra società e sta facendo scuola, questa è la cosa più terribile… Finché ci sarà povertà, sempre più persone andranno a far parte del crimine organizzato per poter mangiare…

Si deve tornare alla vera educazione, focalizzata sulla civiltà, sui valori umani, rafforzare le istituzioni e le famiglie messicane, in quanto i problemi economici della famiglia hanno innescato l’emigrazione delle persone, che poi, essendo lontane da casa, finiscono per abbandonare i loro figli, figlie e mogli”.

Dalle parole del prelato si comprende che la situazione nella nazione è tutt’altro che tranquilla ed aspettando papa Francesco, che lo visiterà dal 12 al 18 febbraio, la chiesa messicana denuncia l’escalation delle violenze nel ricordo del massacro dei 43 studenti, avvenuto il 26 settembre 2014 ad Iguala, nello Stato di Guerrero, tra i più devastati dalla violenza, come hanno sottolineato in un documento i quattro vescovi, con l’invito ad un dialogo per invertire la grave situazione di violenza:

“Questa grave situazione ha portato alla polarizzazione, all’emarginazione, alla disperazione e persino a cercare di farsi giustizia con le proprie mani… E’ essenziale che vengano promossi processi di dialogo e creati scenari in cui ci possiamo ascoltare, raggiungere accordi e ricostruire la memoria storica del nostro popolo…

La parola è lo strumento per l’annuncio della Buona Novella, la parola è anche lo strumento delle autorità per rapportarsi con la popolazione, e i delinquenti sono parte della popolazione. In ogni processo di educazione o formazione c’è sempre la parola e il dialogo”.

Nei mesi scorsi nella mensa della parrocchia di San Gerardo è stata allestita una mostra dove sono esposte lunghe file di fotografie che ritraggono decine di volti di persone scomparse, rapite senza lasciare traccia. La maggior parte provenienti dal nord dello Stato di Guerrero. Nello scorso anno nella parrocchia sono state accolte famiglie che hanno denunciato sparizioni e ritrovamenti nel cimitero clandestino scoperto tra le colline che circondano la città, come nel caso degli studenti della scuola di Ayotzinapa.

Ma altri casi sono stati registrati nello Stato settentrionale di Nuevo León, dove sono stati localizzati ben 31.000 resti umani tra il 2011 e il 2015, che per ora hanno portato all’identificazione di 30 persone. Inoltre, stando a quanto denunciato, soprattutto negli ultimi quattro anni le violenze avrebbero come obiettivi principali attivisti e difensori dei diritti umani.

Un documento, presentato a fine agosto, conta ben 860 violazioni di diritti umani contro attivisti e promotori sociali verificatesi tra giugno 2014 e maggio 2015; inoltre in questa città sono stati trovati 104 corpi in fosse clandestine, sebbene ne siano stati identificati solo nove.

Davanti a questa violenza intollerabile è scesa in campo la Chiesa locale, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica, come ha detto il vescovo di Chilpancingo-Chilapa, mons. Salvador Rangel Mendoza, in occasione dell’anniversario del massacro dei 43 studenti di Ayotzinapa:

“Nessuno può rimanere indifferente. La consapevolezza della grandezza e della dignità di ogni persona ci deve portare ad amare, rispettare, promuovere e difendere la vita in tutte le sue espressioni e momenti, e non tollerare o incoraggiare la cultura della morte…

Dobbiamo cominciare a esaminare noi stessi davanti a Dio e davanti alla nostra coscienza civica, e chiederci che cosa ha causato questi eventi deplorevoli e riprovevoli… Dinanzi a questa situazione drammatica i discorsi non sono abbastanza; è necessario uno sforzo delle autorità competenti per chiarire i fatti ed arrivare insieme con la società, a cominciare dalle famiglie degli scomparsi, alla verità”.

Nel frattempo sono stati inviati al Congresso dal presidente Enrique Peña Nieto due disegni di legge, uno per prevenire e sanzionare la ‘sparizione forzata’ di persone, l’altro per combattere la tortura e i trattamenti disumani, crudeli o degradanti: si stima che i ‘desaparecidos’ oggi in Messico siano oltre 25.000. Da sempre Libera ha chiesto la costituzione di una commissione internazionale indipendente di indagine che agisse sotto l’egida dell’ONU:

“La commissione Gruppo Interdisciplinare di Esperti Indipendenti (GIEI) solo in parte rispondeva alla nostra richiesta e nonostante questo le sue considerazioni finali sono rimaste senza conseguenze. Abbiamo infatti appreso, con amarezza, che il GIEI nominato dalla Commissione Interamericana per i Diritti Umani è giunto alle stesse conclusioni alle quali erano arrivate tante organizzazioni di difesa dei diritti umani con le quali Libera lavora quotidianamente in Messico:

la versione ufficiale non regge ad una analisi delle prove scientifiche”. Ed ad anno nuovo è stata uccisa, appena prestato il giuramento, la neo sindaco di Temixco, Gisela Mota, che nella sua campagna elettorale aveva annunciato una dura lotta al narcotraffico: sono quasi 100 i sindaci messicani uccisi negli ultimi dieci anni, quasi tutti vittime dei narcos.

Da ultimo in un nuovo rapporto Amnesty International ha accusato le autorità federali e statali di aver alimentato una crisi dei diritti umani di proporzioni endemiche a causa della loro sistematica incompetenza e della totale mancanza di volontà di svolgere ricerche e indagini adeguate sulla sorte di migliaia di scomparsi:

“L’ondata senza fine di sparizioni nello stato di Chihuahua e il modo del tutto avventato col quale le autorità stanno indagando sulla sparizione dei 43 studenti di Ayotzinapa dimostrano il completo disprezzo per i diritti umani e per la dignità umana da parte delle autorità messicane.

E’ tragico dover constatare che, a causa della frequenza con cui si verificano, le sparizioni sono diventate quasi un aspetto della vita quotidiana. Nelle rare occasioni in cui vengono aperte indagini, si tratta di poco più di una mera formalità per far vedere che si sta facendo qualcosa”, ha dichiarato Erika Guavara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.

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