Caritas: dopo la crisi costruire il welfare

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Nel 2014 la Caritas ha distribuito oltre 6.000.000 di pasti solo nelle sue mense, ma la povertà in Italia non la si può “combattere solo con il programma del Fead, del fondo europeo per gli interventi su beni essenziali e alimentari. Non si può pensare che l’unica misura universalistica che il nostro paese sa garantire alle famiglie povere è un pacco viveri o una mensa grazie ad una rete sussidiaria presente in tutto il territorio nazionale”:

così ha affermato Francesco Soddu, direttore della Caritas italiana, presentando il dossier ‘Dopo la crisi, costruire il welfare’, rapporto 2015 sulle politiche contro la povertà in Italia, che segue il primo pubblicato lo scorso anno. Nell’introdurre il rapporto il direttore della Caritas italiana ha tracciato le linee di un’alternativa per costruire un nuovo welfare:

“Nel nostro paese gli ultimi dati Istat parlano ancora di oltre 4.000.000 di poveri assoluti e nei centri Caritas crescono le richieste di aiuti economici e materiali, insieme al bisogno di ascolto. Le ragioni ultime delle troppe iniquità che affliggono sono certamente molteplici, ma tutte riconducibili a un’unica parola: esclusione, in tutte le sue forme.

Esclusione dalla terra, dal reddito, dal lavoro, dal salario, dalla vita, dalla cittadinanza. C’è allora bisogno di un’alternativa all’approccio attuale, nella quale la coesione e l’inclusione sociale assumano un ruolo altrettanto significativo rispetto alla dimensione economica. Occorre riattivare la solidarietà tra popoli, Paesi, città e persone e impegnarsi per il bene comune.

Questo significa fare scelte solidali sulla base di ‘una opzione preferenziale per i più poveri’ comprendendo che ‘rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società’. Un chiaro monito per la politica, ma anche per la carità.

Non basta infatti soccorrere ogni essere umano ferito sulle strade di Gerico della vita, ma bisogna superare un concetto di carità come mero concetto di condivisione per aprirsi ad un concetto di carità più vasto che si preoccupi, nel contempo, di cambiare l’assetto della società”.

In termini di necessità espresse o intercettate, nell’ultimo triennio sono tendenzialmente stabili l’incidenza della povertà economica (55%) e del disagio occupazionale (43,3%), mentre si registra una lieve crescita del peso di alcune problematiche non legate ad aspetti prettamente economici:

il disagio abitativo (+2,8%), i problemi di salute (+0,9%) e quelli familiari (per lo più legati a separazioni e divorzi, +0,8%), le vulnerabilità legate alle dipendenze (+0,4%). Infine è in aumento anche il disagio connesso ai processi di migrazione (+1,3%). Le richieste più frequenti, invece, riguardano beni e servizi materiali (58%), l’erogazione di sussidi economici (27,5%), la ricerca di lavoro (17,4%).

Purtroppo lo Stato, secondo il rapporto, non ha assunto precisi segnali di un cambio di rotta rispetto al passato, i poveri non rientrano tra le priorità, nonostante la povertà assoluta (sebbene sostanzialmente invariata tra il 2013 e il 2014) sia raddoppiata rispetto al 2007, come ha sottolineato il prof. Cristiano Gori, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e ideatore del Reis, il reddito di inclusione sociale sviluppato all’interno dell’Alleanza contro la povertà, un cartello di oltre 30 organizzazioni impegnate nel sociale, spiegando a cosa serve il Rapporto:

“Il Rapporto Caritas sulle politiche contro la povertà serve a promuovere il dibattito sulle scelte dei decisori. Vogliamo esaminare le conseguenze, quelle verificabili così come quelle ragionevolmente ipotizzabili, delle scelte compiute dai decisori pubblici sulla povertà, ovvero sugli interventi rivolti alle persone che vivono in povertà e sulle loro condizioni di vita…

Promuovere un dibattito fondato sull’evidenza empirica. Le pagine del Rapporto sono disseminate di dati sulla povertà e, soprattutto, sulla realtà delle azioni realizzate per contrastarla”. Inoltre Gori ha sottolineato che questo governo ha fatto alcuni interventi a favore dei poveri. Tuttavia, le misure finora adottate riguardano solo marginalmente questa fascia di popolazione.

Gli interventi in questione sono il bonus di 80 euro per i lavoratori dipendenti, il bonus bebè per famiglie con figli entro i tre anni, il bonus per le famiglie numerose e l’Asdi, cioè l’assegno di disoccupazione destinato a chi ha esaurito la possibilità di ricevere la nuova indennità di disoccupazione (Naspi), ma è ancora senza lavoro e in condizioni di povertà:

“I diversi contributi sin qui introdotti raggiungono, nel loro complesso, una quota limitata delle famiglie in povertà assoluta, intorno al 20%. Quattro nuclei indigenti su cinque, in altre parole, non ne sono toccati”.

Andando a valutare l’incremento medio del reddito di tutte le famiglie in povertà assoluta, invece, si scopre che con le misure attualmente introdotte aumenta soltanto del 5,7%. Col Reis si arriverebbe ad un aumento medio del reddito del nucleo familiare dell’86%.

Ulteriore punto debole degli interventi sinora introdotti è l’estrema frammentazione degli stessi: “Il sostegno alla povertà, nel nostro paese, coniuga la debolezza complessiva con la frammentazione in una varietà di misure, ognuna destinata ad un gruppo circoscritto di popolazione”.

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