Beirut in difesa della libertà religiosa nel ricordo di mons. Haddad

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Nella notte tra il 23 e il 24 dicembre scorso all’età di 91 anni, è deceduto mons. Grégoire Haddad, vescovo della Chiesa greco-cattolica melchita di Beirut. Negli anni Sessanta ha incontrato l’abbé Pierre, fondatore del movimento internazionale Emmaus, contribuendo a fondare l’Oasi della Speranza in Libano, insieme a cristiani e musulmani.

Mons. Haddad ha operato affinché cristiani e musulmani cooperassero e si confrontassero, mantenendo però sempre le proprie radici religiose, come ha detto in un’intervista a Graziano Zoni sulla rivista ‘Missione Oggi’ alcuni anni fa:

“Tra musulmani e cristiani, il dialogo religioso, sul piano dei dogmi, non è mai stato avviato. E personalmente penso che mai dovrà essere affrontato con lo scopo di favorire un avvicinamento tra le due religioni.

Tutt’al più dovrebbe instaurarsi un’informazione reciproca, affinché i libanesi si conoscano sul piano religioso e accettino la religione di altri concittadini senza alcun giudizio di valore, o confronto, o trionfalismo, o proselitismo”.

Ed alcune settimane orsono nel Paese dei cedri è stato pubblicato dall’associazione delle ‘Makassed islamiche’, vicina a Dar el-Fatwa, organismo di riferimento ufficiale dei sunniti del Libano, un documento di tre pagine intitolato ‘Dichiarazione di Beirut sulla libertà religiosa’, visto positivamente dai circoli intellettuali libanesi cristiani attenti al problema.

Nella Dichiarazione si afferma che non si può costringere alla conversione né perseguire chi ha una fede diversa dalla propria: “La fede religiosa è una libera scelta e un libero impegno. E’ un diritto di ogni persona. Il Sacro Corano inequivocabilmente protegge questo diritto quando dice: ‘Non c’è costrizione nella religione. L’orientamento giusto è stato distinto dall’errore’ (Al-Baqara 256)…

Negare il diritto delle comunità cristiane di esercitare la loro libertà religiosa e distruggere le loro chiese, i loro monasteri e istituti educativi e sociali, è contrario agli insegnamenti dell’islam ed è una violazione palese dei suoi principi, visto che questi abusi sono compiuti nel suo nome”.

Il documento ribadisce la contrarietà agli atti terroristici ed invita i cattolici a resistere nella loro terra d’origine ed i mussulmani a salvaguardare la convivenza e la dignità della persona: “Perciò, l’uomo ha dignità in quanto essere umano. Il fondamento della sua dignità è il fatto che è stato dotato di ragione, libertà di credere, d’opinione e d’espressione. Egli è responsabile in modo diretto davanti a Dio per l’esercizio delle sue libertà.

E’ diritto dell’uomo godere di protezione della sua libertà da parte dell’autorità al governo; nessuno ha il diritto di giudicare le persone per la loro fede e di perseguitarle e discriminarle per ragioni religiose o etniche…

Agli occhi del Corano, nessuno ha il diritto di fare la guerra ad una persona a causa del suo credo o ad un popolo o una comunità per cacciarli dalle loro case, o privarli della loro terra. E’ perciò nostro dovere unire gli sforzi per proteggere le libertà religiose e nazionali, rispettare la dignità umana per proteggere la convivenza sulla base della giustizia e dell’amore”.

Dal principio coranico deriva anche il diritto alla pluralità e quindi alla partecipazione alla vita politica e sociale: “Il diritto di partecipare alla vita politica e pubblica è fondato sui principi dell’uguaglianza, della libertà di scelta e della responsabilità individuale. L’islam, come dichiara il documento di Al-Azhar, non impone uno specifico regime politico e non approva uno Stato religioso.

Il sistema politico, in qualunque società, è la creazione della gente in quella società, musulmani e non musulmani. Secondo gli accordi comuni come cittadini, il popolo sceglie il proprio sistema di governo, ed essi lo cambiano secondo la loro libera volontà secondo i loro migliori interessi”.

Con il chiarimento che ‘la cultura araba ha avuto una civiltà gloriosa e pluralista, che ha contribuito al progresso del mondo’, il documento sottolinea l’impegno affinchè il Libano resti sempre uno Stato democratico ‘unificato’:

“Basata sui valori di libertà, libera associazione e vita sociale comune, la formula libanese dello Stato ha creato un sistema consensuale, che garantisce le libertà di base e ha condotto ad uno Stato fiorente… Noi vogliamo che il Libano rimanga unito e democratico, protettore delle libertà e dei diritti di tutti i cittadini e un modello di società plurale e libera.

Il Libano sarà quindi un esempio da seguire per tutti i regimi arabi che stanno soffrendo profondamente a causa dell’estremismo e dell’intolleranza e dei crimini commessi in nome della religione, che cacciano le persone fuori delle proprie case, ignorando i principi della convivenza e della dignità umana. Il modello libanese sarà (uno) di tolleranza, di non violenza e di umanesimo”.

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