Natale a Betlemme: misericordia per vincere la paura

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E’ stato un Natale sotto scorta quello celebrato a Betlemme, in quanto proprio alla vigilia di Natale è stato preannunciato un attacco dall’Isis. Ma i cattolici palestinesi, accompagnati da pochissimi turisti, hanno celebrato la nascita del Redentore nella chiesa di santa Caterina, la parrocchia latina accanto alla basilica della Natività, là dove la tradizione cristiana colloca la nascita di Gesù, nella messa di mezzanotte celebrata dal patriarca di Gerusalemme, Fouad Twal:

“Possiamo dire con tristezza che abbiamo perso la nostra umanità e i nostri valori spirituali e la religione è diventata un motivo per uccidere in nome di Dio, invece di invitare alla fratellanza. Quello di cui soffriamo oggi è l’assenza di misericordia, come se l’evento di Cristo e il messaggio del suo Natale fossero vani”.

E nella notte di Natale anche nella città della nascita di Dio è stata aperta una Porta santa del Giubileo: “Anche quest’anno siamo venuti a Betlemme per rivivere con gioia e speranza la memoria della nascita del Verbo Incarnato. Colui che, a causa della Sua grandezza e del Suo potere, il mondo non può contenere, ha preso dimora nel grembo di una Vergine ed è nato in una piccola grotta”.

Il patriarca gerosolimitano ha ricordato che per attraversare la Porta della misericordia occorre chinarsi sui tanti feriti di questa terra: “Papa Francesco ha dedicato l’anno 2016 alla misericordia divina in tutti i suoi aspetti.

L’inizio dell’anno della Misericordia è stato segnato da un’azione simbolica: l’apertura delle Porte Sante nelle cattedrali e nei santuari, con il nome di ‘Porta della Misericordia’. Chiunque bussa ad essa con il cuore contrito, ed entra nella chiesa, accostandosi al sacramento della riconciliazione, non fa che bussare alla Porta della Misericordia divina, per ottenere da questa fonte ciò che è necessario al perdono dei propri peccati e delle loro conseguenze.

E’ quello che abbiamo fatto all’inizio di questa Celebrazione, proclamando che la porta della Basilica della Natività è una delle porte della Misericordia, nella speranza che l’attraversino molti fedeli e pellegrini durante quest’anno di Giubileo… Che il loro grido divenga il nostro, abbattiamo insieme il muro dell’indifferenza”.

Poi ha insistito affinchè la misericordia diventi ‘una componente dell’azione pubblica’: “La misericordia deve comprendere tutti, vicini e lontani, coloro che amiamo e coloro che detestiamo. E’ facile dare prova di misericordia verso coloro che ci sono vicini per parentela religione o etnia.

Ma è difficile estenderla ai poveri, agli emarginati, ai rifugiati, ai prigionieri e alle vittime della violenza e del terrorismo. Il nostro cuore è con i milioni di rifugiati sparsi nei campi e nelle baracche, in preda a un freddo pungente. E’ con coloro che fuggono dalle zone di conflitto, traversando il mare con mezzi di fortuna, e trasformandolo in un gigantesco cimitero.

Nelle nostre preghiere, il nostro pensiero va alle case demolite a Gerusalemme e in Palestina, ai terreni espropriati e a coloro che sono stati colpiti da una punizione collettiva. Il nostro pensiero va alle vittime del terrorismo, dovunque siano e a qualunque popolo appartengano. Sono tutti nostri fratelli in Umanità.

Che il loro grido divenga il nostro, abbattiamo insieme il muro dell’indifferenza. Ringraziamo gli Stati che hanno aperto le loro porte ai profughi: la Giordania, il Libano, la Turchia e numerosi Paesi europei.

Incoraggiamo i Paesi incerti a superare la paura nei confronti di coloro che chiedono asilo, e ad accoglierli in attesa che la situazione migliori e che possano rientrare nelle loro case. Sì, esiste ancora la misericordia e anche la bontà a questo mondo. Non tutti hanno perso la loro umanità”.

La misericordia non è un’azione personale, né tantomeno privata, ma politica: “Quando la misericordia diventa una componente dell’azione pubblica, allora riesce a condurre il mondo dalla sfera degli interessi egoistici a quella dei valori umani. Questo contribuisce alla costruzione di un mondo migliore.

La misericordia è atto politico per eccellenza, a condizione di considerare la politica nel suo senso più nobile, cioè la presa in carico della famiglia umana a partire dai valori etici, dei quali la misericordia è una componente principale, che si oppone alla violenza, all’oppressione, all’ingiustizia, all’autoritarismo e allo spirito di dominio.

In un mondo intriso di brutalità, la vocazione del credente è quella di testimone della misericordia divina, in collaborazione con gli uomini e le donne di buona volontà”. La misericordia non si rivolge solo a coloro che cooperano al bene, ma soprattutto a coloro che operano nel male, affinchè si convertano:

“L’appello alla misericordia è rivolto non solo alle persone oneste, ma anche a coloro che compiono il male, perchè si ravvedano e cambino strada. E’ un appello a tutti coloro che hanno in mano il destino dei popoli, a coloro che fanno scelte politiche portatrici di morte, perchè si pentano e facciano prevalere la dignità dell’uomo sui loro interessi materiali.

E’ un appello ai fabbricanti e ai trafficanti di armi letali, che traggono la loro fortuna dalle sofferenze degli altri: fino a questo punto ci ha portato una politica cieca e ottusa!” La misericordia, ha concluso il patriarca Twal, non è un segno di debolezza di Dio:

“Non esiste contraddizione tra la misericordia di Dio e la sua giustizia, perchè Egli è giusto e misericordioso nello stesso tempo. Chiunque si rifiuti di ricorrere alla Sua misericordia, finirà per cadere sotto la sua rigorosa giustizia. Questo è ciò che permette ai popoli e agli individui vittime dell’ingiustizia di non perdere la speranza”.

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