Gli auguri alla Curia e ai dipendenti vaticani. E poi, le nomine sulla comunicazione. La giornata di Papa Francesco

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È un Papa Francesco un po’ raffreddato, ma deciso a mettersi alle spalle gli scandali e le malelingue su una Curia che è invece “efficiente nei servizi”, a rassicurare che le riforme continueranno, a chiedere perdono ai dipendenti per gli scandali ma allo stesso tempo a lanciare un messaggio positivo alla famiglia. E l’idea che le riforme non si fermano viene data da due nomine alle comunicazioni, quella di Greg Burke come vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede e di Stefano D’Agostini come nuovo direttore del Centro Televisivo Vaticano.

Dopo le 15 malattie della Curia sciorinate nell’incontro di Natale del 2014, il Papa ha deciso di somministrare gli antibiotici, perché alcune malattie “si sono manifestate nel corso di questo anno, causando non poco dolore a tutto il corpo e ferendo tante anime”. Ma quelli ad essere feriti sono soprattutto quelli del cosiddetto “Vaticano nascosto”, persone fedeli alla Chiesa che lavorano in Vaticano in incarichi di responsabilità, ma non compaiono mai sulle prime pagine dei giornali, pur facendo un lavoro preziosissimo. E Papa Francesco lo riconosce: “Le malattie e perfino gli scandali non potranno nascondere l’efficienza dei servizi, che la Curia Romana con fatica, con responsabilità, con impegno e dedizione rende al Papa e a tutta la Chiesa, e questa è una vera consolazione”. Insomma, “sarebbe grande ingiustizia non esprimere una sentita gratitudine e un doveroso incoraggiamento a tutte le persone sane e oneste che lavorano con dedizione, devozione, fedeltà e professionalità, offrendo alla Chiesa e al Successore di Pietro il conforto delle loro solidarietà e obbedienza, nonché delle loro generose preghiere. Per di più, le resistenze, le fatiche e le cadute delle persone e dei ministri rappresentano anche delle lezioni e delle occasioni di crescita, e mai di scoraggiamento”.

Gli antibiotici di Papa Francesco sono “un catalogo di virtù necessarie” che valgono sia per quanti prestano “servizio in Curia” sia per “coloro che vogliono rendere feconda la loro consacrazione o il loro servizio alla Chiesa”. Una riflessione che si basa sulla lettura acrostica della parola “Misericordia”, una eredità dei gesuiti, nata alla scuola di Padre Matteo Ricci, l’evangelizzatore della Cina.

Ecco sciolto l’acrostico di misericordia per Papa Francesco. M sta per Missionarietà e pastoralità, per cui nasce “l’impegno quotidiano di seguire il Buon Pastore, che si prende cura delle sue pecorelle e dà la sua vita per salvare la vita degli altri”; quindi la I, idoneità e sagacia, “contro le raccomandazioni e le tangenti” e anche “risposta umana alla grazia divina”; S come spiritualità e umanità, la prima “colonna portante di qualsiasi servizio nella Chiesa e nella vita cristiana”, la seconda “che ci rende diversi dalle macchine e dai robot che non sentono e non si commuovono”. E sta invece per esemplarità e fedeltà, “per evitare gli scandali che feriscono le anime e minacciano la credibilità della nostra testimonianza” e “fedeltà alla nostra consacrazione, alla nostra vocazione”.
Per la R il Papa sceglie “razionalità e amabilità” per “evitare gli eccessi emotivi” e “per evitare gli eccessi della burocrazia e delle programmazioni e pianificazioni” e aggiunge : “ogni eccesso è indice di qualche squilibrio”

C’è di nuovo una I, che sta per “ innocuità e determinazione”. Innocui, in modo da essere “cauti nel giudizio, capaci di astenerci da azioni impulsive e affrettate”; e determinati, cioè “agire con volontà risoluta, con visione chiara e con obbedienza a Dio, e solo per la legge suprema della salus animarum”.

Quindi la C di “carità e verità”, che sono “due virtù indissolubili dell’esistenza cristiana”. La O sta per “onesta e maturità”. “Chi è onesto – dice Papa Francesco –
non agisce rettamente soltanto sotto lo sguardo del sorvegliante o del superiore; l’onesto non teme di essere sorpreso, perché non inganna mai colui che si fida di lui”. Quindi si arriva alla R di “rispetto e umiltà”. Rispetto “delle persone che cercano sempre di avere giusta considerazione degli altri, del proprio ruolo, dei superiori e dei subordinati, dalle pratiche, delle carte, del segreto e della riservatezza”, umiltà che è “la virtù dei santi e delle persone piene di Dio, che più crescono nell’importanza più cresce in loro la consapevolezza di essere nulla e di non poter fare nulla senza la grazia di Dio.”

Alla D il Papa sceglie la parola “Doviziosità” : “Più abbiamo fiducia in Dio e nella sua provvidenza più siamo doviziosi di anima e più siamo aperti nel dare, sapendo che più si dà più si riceve”.

Impavidità e prontezza indicano la lettera I. “ Essere impavido significa non lasciarsi impaurire di fronte alle difficoltà” ed “essere pronto vuol dire essere sempre in cammino, senza mai farsi appesantire accumulando cose inutili e chiudendosi nei propri progetti, e senza farsi dominare dall’ambizione”.

Infine la A : “affidabilità e sobrietà”. É affidabile chi “ irradia intorno a sé un senso di tranquillità perché non tradisce mai la fiducia che gli è stata accordata”. E la sobrietà “è uno stile di vita che indica il primato dell’altro come principio gerarchico ed esprime l’esistenza come premura e servizio verso gli altri”.

Il Papa conclude con una citazione di Ermes Ronchi, che descrive la misericordia come “scandalo per la giustizia, follia per l’intelligenza, consolazione per noi debitori. Il debito di esistere, il debito di essere amati si paga solo con la misericordia”. E infine, legge una preghiera “che viene comunemente attribuita al Beato Oscar Arnulfo Romero, ma che fu pronunciata per la prima volta dal Cardinale John Dearden”.

Poi, il Papa si sposta in Aula Paolo VI, per il saluto ai dipendenti. E subito chiede
“perdono per gli scandali che ci sono stati nel Vaticano. Vorrei che il mio e il vostro atteggiamento, specialmente in questi giorni, fosse soprattutto quello di pregare, pregare per le persone coinvolte, perché chi ha sbagliato si ravveda e possa ritrovare la strada giusta”. Il Papa ringrazia i dipendenti per “per l’impegno che mettete per fare le cose bene, sempre, anche quando non c’è nessun riconoscimento”, per il lavoro umile è nascosto, che “è normale, è semplicemente fare il proprio dovere,” ma che comunque “non è facile, noi non siamo macchine , grazie a Dio! E a volte abbiamo bisogno di un incentivo, o di cambiare un po’… Mi congratulo con voi che sentite un giusto orgoglio di fare al meglio le cose normali di ogni giorno. Grazie!”.

Papa Francesco rivolge un pensiero speciale alle famiglie, presenti con i dipendenti. “Il matrimonio – dice il Papa – è come una pianta. Non è come un armadio, che si mette lì, nella stanza, e basta spolverarlo ogni tanto. Una pianta è viva, va curata ogni giorno: vedere come sta, mettere l’acqua, e così via”. Ed aggiunge: “la vita di coppia non va mai data per scontata, in nessuna fase del percorso di una famiglia. Ricordiamoci che il dono più prezioso per i figli non sono le cose, ma l’amore dei genitori. E non intendo solo l’amore dei genitori verso i figli, ma proprio l’amore dei genitori tra loro, cioè la relazione coniugale. Questo fa tanto bene a voi e anche ai vostri figli. Il dialogo continuato fa crescere in maturità i figli”.

Il Papa parla di misericordia nelle relazioni quotidiane, della gestione delle liti, chiedendo ancora una volta di non finire la giornata senza fare la pace, di un Giubileo da vivere “anche nella Chiesa domestica, non solo nei grandi eventi”.

In attesa che la riforma prenda definitivamente forma, due nomine vanno a definire il comparto comunicazione del Vaticano: monsignor Dario Edoardo Viganò è ormai prefetto della Segreteria per la Comunicazione, e dunque lascia la direzione del Centro Televisivo Vaticano a Francesco d’Agostini, che fino ad ora è stato responsabile tecnico. Greg Burke termina il suo incarico da consulente ad hoc per la comunicazione della Segreteria di Stato e da febbraio sarà vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, prendendo il posto di padre Ciro Benedettini, che lascia l’incarico per raggiunti limiti di età. Intanto, lo scorso sabato, la nomina di monsignor Paul Tighe come segretario aggiunto del Pontificio Consiglio della Cultura, incarico che prenderà da vescovo. Mons. Tighe è stato finora numero due del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che sarà assorbito dalla Segreteria per la Comunicazione.

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