Il papa invita alla speranza con la carità

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Pomeriggio intenso di papa Francesco che prima ha incontrato i giovani, poi ha visitato la Casa della Carità di Nalukolongo, fondata dal card. Nsubuga ed infine ha incontrato i sacerdoti, i religiosi e religiose, ed i seminaristi.

Durante l’incontro con i giovani ugandesi presso il Kololo Airstrip di Kampala ha toccato con mano il male, ascoltando le testimonianze di due giovani, Emanuele e Winnie, sui temi dell’Hiv e del rapimento dei bambini soldato, che lo ha obbligato ha mettere da parte il testo preparato per rivolgere alle migliaia di ragazzi un intenso discorso a braccio con un incoraggiamento alla vita:

“Ho ascoltato con molto dolore le testimonianze. Mentre ascoltavo mi sono chiesto: una esperienza negativa può servire per la vita? Sì. Emanuele e Winnie hanno vissuto esperienze negative. Winnie pensava che non avesse futuro, che la vita fosse un muro però Gesù le ha fatto capire che nella vita possono succedere i miracoli: le pareti diventano orizzonti, un orizzonte che apre il futuro. Davanti a esperienze negative ci sono sempre possibilità di aprire un orizzonte con la forza di Gesù”.

Il papa ha chiesto ai giovani di seguire l’esempio di Winnie che ha saputo trasformare la sua depressione in speranza: “Questa non è una magia ma è opera di Gesù che è il Signore. Gesù può tutto. Gesù ha sofferto l’esperienza più negativa della storia, fu insultato, scacciato, assassinato e Gesù con il potere di Dio è risorto. Egli può compiere lo stesso con ogni esperienza negativa perché Gesù è il Signore”.

Anche con Emanuele papa Francesco ha avuto parole di speranza, comprendendo il suo grande dolore nel vedere i suoi compagni torturati ed assassinati: “Emanuele è stato coraggioso perché sapeva che se fosse fuggito lo avrebbero ucciso: allora ha corso il rischio, ha avuto fiducia in Gesù ed è fuggito e oggi lo abbiamo qui dopo 14 anni diplomato in scienze amministrative. Si può sempre: la nostra vita è come un seme, per vivere occorre morire e morire a volte anche fisicamente come i martiri dell’Uganda.

Attraverso questa morte c’è una vita, per tutti. Se trasformo il negativo in positivo sono un trionfatore però lo posso fare solo con la grazia di Gesù. Siete sicuri di questo? Siete disposti a trasformare nella vita il negativo in positivo? Siete disposti a trasformare odio in amore, a trasformare la guerra in pace?” Al termine dell’incontro ha esortato i giovani ad essere consapevoli che sono un popolo di martiri:

“Nelle vostre vene scorre il sangue dei martiri e per questo avete la fede e la vita. Questa fede e questa vita sono così belle: per questo si chiama la perla dell’Africa. Quando non funzioniamo bene a chi dobbiamo chiedere aiuto? A Gesù, che può cambiarci la vita. Gesù può abbattere tutti i muri che abbiamo davanti, Gesù può far si che la vita sia un servizio per gli altri. Alcuni potrebbero chiedermi se c’è una bacchetta magica”.

Non ha dato nessuna ricetta, ma se i giovani vogliono cambiare vita ha chiesto loro di pregare: “Vi chiedo, pregate? Pregate Gesù perché è il Salvatore, non smettete di pregare, la preghiera è l’arma più forte che ha un giovane. Gesù ci ama, Gesù ama tutti? Vuole aiutare tutti? Allora aprite la porta del cuore a Lui e lasciatelo entrare, lasciare entrare Gesù nella nostra vita e quando entra ci aiuta a lottare, a combattere contro tutti i problemi.

Lottare contro la depressione, contro l’AIDS, chiedergli aiuto per superare queste situazioni, ma sempre lottando con il desiderio e la preghiera. Siete pronti a combattere, a desiderare il meglio per voi stessi, pregare Gesù?” E quindi ha chiesto loro, ogni volta che c’è qualche difficoltà, a rivolgersi alla Madre di Dio:

“Quando un bambino cade, si fa male e piange va a cercare la mamma. Quando abbiamo un problema la cosa migliore è andare dove c’è nostra madre. E pregare Maria, madre nostra. Voi pregate la Vergine? E chiedo, voi pregate Gesù e Maria? Superare le difficoltà, trasformare il negativo in positivo, pregare Gesù che può tutto. Gesù entra nel nostro cuore e ci cambia la vita. Pregare Gesù perché è l’unico Signore e nella Chiesa non siamo orfani, abbiamo una madre allora preghiamo la nostra Madre Maria.

Vi ringrazio molto per avermi ascoltato e perché volete trasformare il male in bene e combattere con Gesù al vostro fianco. Vi ringrazio perché volete continuare a pregare!”.

Terminato l’incontro papa Francesco ha visitato la ‘Nalukolongo Bakateyambma’s Home’, una casa di carità fondata nel 1978 dal primo Cardinale ugandese, Emmanuel Kiwanuka Nsubuga, che cura ed accoglie e cura un centinaio di poveri di ogni credo religioso e di ogni età, dalla prima infanzia alla vecchiaia. Il papa, dopo aver visitato la tomba del Cardinale Nsubuga, ha ringraziato i presenti per l’accoglienza:

“Ho tanto desiderato visitare questa Casa della Carità, che il Cardinale Nsubuga fondò qui a Nalukolongo. Questo luogo è sempre stato legato all’impegno della Chiesa nei confronti dei poveri, dei disabili e dei malati. Qui, nei primi tempi, i bambini sono stati riscattati dalla schiavitù e delle donne hanno ricevuto un’educazione religiosa”.

Ringraziando gli operatori della Casa della Carità ha salutato chi abita nella Casa: “Soprattutto, saluto chi abita in questa Casa e in altre come questa, e tutti coloro che beneficiano delle opere della carità cristiana. Perché questa è proprio una casa! Qui potete trovare affetto e premura; qui potete sentire la presenza di Gesù nostro fratello, che ama ciascuno di noi con quell’amore che è proprio di Dio”.

Eppoi si è rivolto ai cristiani ugandesi,chiedendo di uscire nelle periferie della città: “Il Signore ci dice, con parole inequivocabili, che ci giudicherà su questo! E’ triste quando le nostre società permettono che gli anziani siano scartati o dimenticati! E’ riprovevole quando i giovani vengono sfruttati dall’attuale schiavitù del traffico di esseri umani!

Se guardiamo attentamente al mondo che ci circonda, pare che in molti luoghi si stiano diffondendo l’egoismo e l’indifferenza. Quanti nostri fratelli e sorelle sono vittime dell’odierna cultura dell’ ‘usa e getta’, che ingenera disprezzo soprattutto nei confronti dei bambini non nati, dei giovani e degli anziani!”

Davanti a questo grido silenzioso dei poveri il cristiano deve agire per cambiare: “Le nostre famiglie devono diventare segni ancora più evidenti dell’amore paziente e misericordioso di Dio, non solo per i nostri figli e i nostri anziani, ma per tutti coloro che si trovano nel bisogno. Le nostre parrocchie non devono chiudere le porte e le orecchie al grido dei poveri.

Si tratta della via maestra del discepolato cristiano. E’ in questo modo che diamo testimonianza al Signore, che è venuto non per essere servito, ma per servire. Così mostriamo che le persone contano più delle cose e che quello che siamo è più importante di ciò che possediamo. Infatti, proprio in coloro che serviamo, Cristo rivela ogni giorno sé stesso e prepara l’accoglienza che speriamo di ricevere un giorno nel suo Regno eterno”.

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