Papa Francesco traccia l’identikit del sacerdote

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Papa Francesco, al termine di questa settimana – inevitabilmente drammatica a causa degli attentati jihadisti in Francia, della controffensiva armata in Siria, e del particolare clima di allerta generato da tali eventi – ha incontrato i partecipanti al convegno promosso dalla Congregazione per il Clero, in occasione del 50° anniversario dei decreti conciliari Optatam totius e Presbyterorum ordinis. Due documenti – rispettivamente sulla formazione sacerdotale e sul ministero e la vita dei presbiteri – che nel corso di questi cinque decenni hanno rappresentato un punto fermo per la preparazione al sacerdozio, un seme gettato dal Concilio, cresciuto e diventato una pianta rigogliosa – precisa Papa Francesco – «certamente con qualche foglia secca, ma soprattutto con tanti fiori e frutti che abbelliscono la Chiesa di oggi».

Il Pontefice inizia così a dettare la sua riflessione sottolineando il rapporto tra i preti e le altre persone, precisando innanzitutto che il sacerdote non è un “fungo” che spunta improvvisamente in Cattedrale nel giorno della sua ordinazione. Egli «è un uomo che nasce in un certo contesto umano; lì apprende i primi valori, assorbe la spiritualità del popolo, si abitua alle relazioni. […] Questo vuol dire che non si può fare il prete credendo che uno è stato formato in laboratorio, no; incomincia in famiglia con la “tradizione” della fede e con tutta l’esperienza della famiglia». Custodito e cresciuto in un clima familiare – quasi un naturale “centro di pastorale vocazionale”, dice Papa Francesco – «un buon prete, dunque, è prima di tutto un uomo con la sua propria umanità, che conosce la propria storia, con le sue ricchezze e le sue ferite, e che ha imparato a fare pace con essa, raggiungendo la serenità di fondo, propria di un discepolo del Signore. La formazione umana è quindi una necessità per i preti, perché imparino a non farsi dominare dai loro limiti, ma piuttosto a mettere a frutto i loro talenti».

Nell’attività pastorale svolta dal sacerdote non sono mai mancate, e difficilmente mancheranno, momenti di fatica o di particolare scoraggiamento; ma la bellezza del rapporto con il Signore è il cardine di ogni vocazione, e in modo del tutto specifico lo è per i presbiteri. Vivrebbe fuori dalla norma – precisa Papa Francesco – un prete «triste, nervoso o duro di carattere», «ma per favore che i fedeli non paghino la nevrosi dei preti! Non bastonare i fedeli».

Certamente il Papa desidera offrire qualche provocazione utile alla crescita pastorale dei sacerdoti, e questo non deve farci dirottare verso il senso unico generalizzante del luogo comune! Tanti fedeli, infatti, possono confermare l’egregia presenza ministeriale di numerosi preti, che fuori dalla luce dei riflettori mediatici, con semplicità e competenza, edificano la Chiesa e aiutano il popolo di Dio nella crescita spirituale.

«Un prete – precisa Papa Francesco – non può perdere le sue radici, resta sempre un uomo del popolo e della cultura che lo hanno generato; le nostre radici ci aiutano a ricordare chi siamo e dove Cristo ci ha chiamati. Noi sacerdoti non caliamo dall’alto, ma siamo chiamati, chiamati da Dio, che ci prende “fra gli uomini”, per costituirci “in favore degli uomini”». Le immagini legate a Cristo, in quanto “Sommo Sacerdote, Servo e Buon Pastore”, rappresentano il dna dell’esperienza presbiterale, «sono le tre immagini a cui dobbiamo guardare, pensando al ministero dei preti, inviati a servire gli uomini, a far loro giungere la misericordia di Dio, ad annunciare la sua Parola di vita»; e inoltre – ricorda il Papa – «Sapere e ricordare di essere “costituiti per il popolo” -popolo santo, popolo di Dio -, aiuta i preti a non pensare a sé, ad essere autorevoli e non autoritari, fermi ma non duri, gioiosi ma non superficiali, insomma, pastori, non funzionari».

I sacerdoti non vanno lasciati soli, hanno bisogno della preghiera di tutti i fedeli e, soprattutto, della vicinanza dei loro vescovi. Papa Francesco, nel suo discorso, non dimentica di sottolineare questo importante aspetto: «Se tu vescovo ricevi una chiamata di un prete e non puoi riceverlo perché hai tanto lavoro, almeno prendi il telefono e chiamalo e digli: “E’ urgente? non è urgente? quando, vieni quel giorno…”, così si sente vicino. Ci sono vescovi che sembrano allontanarsi dai preti… Vicinanza, almeno una telefonata! E questo è amore di padre, fraternità». Sarà forse per questo che Papa Francesco ha iniziato a chiamare alla guida di alcune arcidiocesi e diocesi (anche prestigiose) qualche parroco? Il Pontefice sottolinea, infine, l’importanza della Riconciliazione, e invita tutti i sacerdoti a vivere con maggiore entusiasmo il sacramento della misericordia di Dio. A proposito del discernimento vocazionale, dice inoltre di tenere gli occhi aperti sulla missione nei seminari: «Cercare la salute di quel ragazzo, salute spirituale, salute materiale, fisica, psichica».

 

 

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