Yemen: un paese nella guerra civile

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Dal 25 marzo è ufficialmente esplosa un’altra guerra in questa regione surriscaldata con 2500 civili morti, l’86% delle vittime totali, tra cui più di 500 bambini e 2.300.000 persone costrette ad abbandonare le proprie case. A quanto pare il presidente Hadi, eletto nel 2012 dopo la fine del regime di Saleh, non è riuscito a formare un governo stabile che includesse anche i gruppi discriminati dal precedente regime (tra cui i ribelli Houthi appunto e le forze separatiste del sud) e ciò ha scatenato la loro reazione.

La situazione in Yemen è resa ancor più complessa dalla presenza di al Qaeda, che controlla alcuni territori nel sud del paese. Per quanto riguarda la presenza cattolica, secondo informazioni dell’organizzazione ‘Porte aperte’, i cattolici stranieri non sembrano paralizzati dalla paura della guerra civile in atto, e rimangono attivi nell’incontrarsi e nel condividere (quando possibile) la loro fede con altri; comunque la maggioranza dei cristiani è straniera e sono percepiti come intrusi dall’identità nazionale e tribale.

Invece i cristiani locali, quindi i musulmani convertiti, devono vivere la fede nel segreto, sono gravemente perseguitati dalle autorità (detenzione), dalla famiglia e dai gruppi islamici radicali, che minacciano di morte gli apostati, se non ritornano all’Islam. Quindi La situazione è ogni giorno sempre più insostenibile: l’80% della popolazione del paese, oltre 20.000.000 di persone, ha bisogno di assistenza umanitaria urgente, secondo quanto riferito da organizzazioni internazionali.

Però esiste una piccola presenza missionaria salesiana, che è vicino alla gente, in particolare “i più poveri, che, come sempre, sono quelli che soffrono di più… Manca l’elettricità, solo in alcuni giorni si riescono ad avere 3 o 4 ore di energia, le infrastrutture sono distrutte dai bombardamenti, mancano i medicinali, l’acqua, il cibo…”.

Ad Aden due delle tre chiese animate dai Salesiani sono state saccheggiate e parzialmente distrutte: “Hanno rotto le immagini e hanno preso quel poco che c’era di valore… ma questi sono solo gli edifici. Abbiamo a cuore le persone che stanno cercando di sopravvivere… Milioni di persone vivono in modo veramente miserabile… continuamente nella paura dei bombardamenti… molte sono mutilate o sono vittime di gravi ferite. Inoltre, il danno psicologico nei bambini e giovani è impossibile da calcolare”.

Le organizzazioni umanitarie (Oxfam, Norwegian Refugee Council, Save the Children, Action Contre La Faim) hanno inviato all’ONU una lettera aperta in cui hanno chiesto al Consiglio di Sicurezza di fare pressione sulle parti in conflitto per mettere immediatamente fine ai combattimenti e riavviare il processo di pace; anche un nuovo sistema di controllo internazionale per indagare sui crimini di guerra e l’estensione dell’embargo sulle armi per garantire che nessun equipaggiamento militare fornito alle parti possa essere utilizzato in Yemen.

Infatti dalla fine di marzo, i combattimenti nello Yemen hanno ucciso almeno 2.500 civili, tra cui più di 500 bambini e creato 2.300.000 sfollati. Edward Santiago, direttore regionale di Save the Children in Yemen, ha sottolineato: “I bambini stanno sopportando l’enorme peso della crisi nello Yemen: non solo sono stati uccisi durante attacchi aerei e combattimenti, ma le case, le scuole e gli ospedali che sono fondamentali per loro sono stati danneggiati o distrutti…

Molte famiglie non hanno cibo, carburante e medicine di cui hanno estremo bisogno per sopravvivere e questo perché un blocco de facto ne impedisce l’ingresso nel paese. Abbiamo già assistito a un aumento del 150% dei casi di malnutrizione grave tra marzo e agosto, quindi a meno che non si riesca a fare entrare immediatamente più aiuti, migliaia di bambini potrebbero morire”.

Anche Amnesty International ha chiesto la sospensione dei trasferimenti di armi: “Il nostro rapporto rivela ulteriori prove di attacchi aerei illegali compiuti dalla coalizione a guida saudita, alcuni dei quali costituiscono crimini di guerra, e mostra quando sia indispensabile fermare le forniture di armi che vengono usate per commettere queste violazioni dei diritti umani…

Gli Usa e gli altri stati che inviano armi a coloro che prendono parte al conflitto nello Yemen hanno il dovere di assicurarsi che i trasferimenti da loro autorizzati non stiano favorendo gravi violazioni del diritto internazionale umanitario. Il rapporto di Amnesty International ha messo in evidenza il costante disprezzo per la vita dei civili mostrato dalla coalizione a guida saudita, che in violazione del diritto internazionale ha dichiarato obiettivi militari le intere città di Sa’da e Marran, con le loro decine di migliaia di abitanti.

In almeno quattro degli attacchi esaminati da Amnesty International, le abitazioni distrutte sono state colpite più di una volta e ciò lascia intendere che fossero proprio loro gli obiettivi degli attacchi, pur in assenza di alcuna prova che fossero usate per scopi militari. Inoltre i ricercatori di Amnesty International hanno rinvenuto resti di due tipi di bombe a grappolo: le sub-munizioni BLU-97 col loro contenitore CBU-97 e la più sofisticata CBU 105 Sensor Fuzed Weapon.

Le bombe a grappolo, vietate dal diritto internazionale, rilasciano numerose piccole bombe in un’area molto vasta. Molte di queste non esplodono all’impatto e diventano una minaccia mortale per chiunque vi entri in contatto. A tale riguardo OPAL, Amnesty International Italia e Rete Italiana per il Disarmo hanno chiesto al governo italiano di interrompere l’invio di bombe e sistemi militari italiani ai Paesi della coalizione guidata dall’Arabia Saudita (con l’appoggio di altri Paesi sunniti della regione) che, per contrastare l’avanzata del movimento sciita zaydita Houthi, sta bombardando lo Yemen senza alcun mandato o giustificazione internazionale: “Le armi prodotte in Italia non avrebbero mai dovuto raggiungere quel teatro di conflitto in quanto la nostra legge sull’export di materiale militare (185/90) vieta espressamente forniture verso paesi in guerra”.

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