Verso il Giubileo: il pellegrinaggio

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L’etimologia del termine pellegrino nel linguaggio neotestamentario indica in generale la condizione del fedele cristiano che è pellegrino su questa terra, straniero, ospite, in cammino verso l’unica vera dimora: la casa del Padre. Pellegrino, infatti, traduce per agros, cioè colui che si trova in campagna e quindi fuori della città, in una situazione transitoria.

Nel Nuovo Testamento troviamo diverse testimonianze di famiglie che accolgono lo straniero, che curano l’ospitalità perché sanno che accogliere lo straniero significa accogliere lo stesso Cristo (Mt 10, 40 e 25, 35).

Nella “Didaché”, la cui stesura è collocabile fra il primo e il secondo secolo, ritroviamo le direttive sull’accoglienza rivolte in particolare alle famiglie cristiane di origine giudaica, direttive contraddistinte dalla sapienza e dalla prudenza che i primi cristiani mettevano nell’accogliere rispettivamente apostoli, profeti itineranti e ospiti di passaggio: “Per quanto riguarda gli apostoli e i profeti, agite secondo le regole del Vangelo. Ogni apostolo che si presenti a voi sia ricevuto come il Signore; ma non resti che un solo giorno, e se ce n’è bisogno, anche il giorno seguente; se resta tre giorni, è un falso profeta. Alla sua partenza, l’apostolo non riceva niente, se non il pane necessario fino alla prossima fermata; se chiede del denaro, è un falso profeta.. Chiunque venga a voi nel nome del Signore sia accolto. Se colui che viene è di passaggio, aiutatelo come potete; ma non si fermi da voi più di due o tre giorni. Se si vuole stabilire tra di voi, potendo esercitare un mestiere, lavori e mangi. Se non ha lavoro, provvedete secondo il vostro giudizio, in modo da non lasciare che un cristiano viva tra di voi nell’ozio. Se rifiuta di fare così, è un venditore di Cristo: guardatevi da simili persone. D’altra parte ogni profeta autentico che desideri fermarsi tra di voi abbia il suo nutrimento. Nello stesso modo il maestro vero è degno, anche lui, come l’operaio, del suo nutrimento. Dai, dunque, tutte le primizie dei prodotti del torchio e dell’aia, dei buoi e delle pecore ai profeti: essi sono i vostri sommi sacerdoti: nel caso non abbiate un profeta, datele ai poveri” [Didaché, 1996, pp. 14-16].

I primi pellegrinaggi cristiani hanno per meta la Terra Santa e, specie dopo la pace costantiniana, il fenomeno peregrinatorio assume proporzioni vaste: non è solo Gerusalemme ad attrarre i pellegrini, bensì anche i diversi luoghi biblici, sia vetero che neotestamentari. Queste informazioni le abbiamo ricavate dal famoso diario di un’antica pellegrina, Egeria, che tra il 381 e il 384 si era messa in viaggio verso Gerusalemme e aveva scritto un vero e proprio diario di viaggio, l’“Itinerarium” o “Peregrinatio ad loca sancta”, narrando la strada percorsa, le soste, le letture bibliche scelte in sintonia con i luoghi, l’amorevole accoglienza in eremi offertale dai monaci incontrati lungo il cammino e la “compagnia di sante persone” che spesso avevano fatto con lei un tratto di strada. Ancor prima di Egeria abbiamo notizia dell’“Itinerarium Burdigalense”, risalente addirittura al 333, la più antica relazione di viaggio di un anonimo bordolese da Bordeaux a Gerusalemme e viceversa.

Contemporaneamente ai viaggi in Terra Santa, un’altra forma di pellegrinaggio era quello diretto alle tombe dei martiri, o ai luoghi del loro martirio, o dove avevano vissuto e compiuto prodigi. Nel corso dei secoli  la tipologia del pellegrinaggio cristiano si arricchisce di un nuovo contenuto: il pellegrinaggio come penitenza. E’ infatti a partire dal  VI secolo che si diffonde in tutta l’Europa occidentale una nuova rigida e severa forma di ascesi, di derivazione celtico-irlandese. In questo secolo la destinazione è prevalentemente Roma, poiché l’espansione musulmana riduce i viaggi verso la Terra Santa. Il pellegrino assume il nome di “romerus, romerius, romipeta, romaius”. Con i Carolingi e dopo di essi, si ha una trasformazione socio-politico-religiosa: da una parte cresce una nuova esigenza cristiana di austerità, che si manifesta in un movimento eremitico in reazione alla prosperità materiale del monachesimo carolingio, che muove dalla riforma di Cluny, dall’altra si vede il pellegrinaggio come occasione per coronare la vita con il martirio. Questa possibilità si realizza nelle crociate: la crociata assume i connotati di un autentico pellegrinaggio collettivo che evidenzia il valore della solidarietà. Infatti, i cristiani che vi partecipano provengono da ogni classe sociale: nobili e popolani, ricchi e poveri e si uniscono per lo stesso ideale realizzando tra loro una certa parità, fraternizzando in una povertà comune che è occasione e simbolo di umiltà e carità. Prima di affrontare  le battaglie si intensificavano i digiuni, le veglie, le elemosine; ad ogni tappa si facevano lunghe celebrazioni e si praticavano devozioni. Al termine delle battaglie si organizzavano processioni di ringraziamento e si pensavano nuove penitenze per ottenere la perseveranza.

Le grandi mete della Cristianità medievale, le “peregrinationes maiores” erano la Terra Santa, Roma e Santiago di Compostella. 

L’inizio del secondo millennio è segnato da un forte slancio per i pellegrinaggi favorito a partire dall’XI secolo, nel continente europeo, da un periodo di relativa pace.

Era pur sempre un’impresa ardua andare e tornare da un pellegrinaggio tanto che, chi riusciva a tornare, veniva considerato come arricchito di una grazia speciale e tenuto perciò in grande considerazione. Anche per questo i pellegrini erano ritenuti nel Medioevo una sorta di “ordo” particolare, formale come gli stessi ordini monastici.

In questo clima di rinnovamento spirituale dei secoli XII-XIII, si afferma la pratica dell’indulgenza. Nascono numerosi ordini mendicanti che si richiamano radicalmente e vigorosamente alla povertà.

Arriviamo al 1° gennaio 1300, quando una folla di pellegrini, da tutta l’Europa, senza preavviso, si riversa in San Pietro per ottenere il perdono dei peccati.  Il Pontefice Bonifacio VIII, visto questo incredibile desiderio di purificazione, emanò solo il 22 febbraio 130 la bolla “Antiquorum habet fida relatio  definendo e delimitando la concessione delle indulgenze giubilari: pellegrinaggio alle basiliche romane, per trenta giorni consecutivi per i residenti in Roma, per quindici giorni gli altri. Dal 1300 ha inizio la pratica del pellegrinaggio in occasione di Anni Santi o di Giubilei.

Nel corso della tarda antichità e del Medioevo, i viaggiatori trovarono accoglienza gratuita in diversi luoghi dove passavano la notte: in xenodochi, monasteri, ospizi ecc. Dagli inizi del secondo millennio, a causa del crescente aumento di pellegrini, cominciano a sorgere strutture a pagamento, prima in Italia, poi nella Francia meridionale e, infine, anche nei territori a nord delle Alpi.

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