Santa Teresa d’Avila: patrimonio dell’umanità

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Teresa d’Avila è una personalità che merita di essere considerata con attenzione da chiunque abbia interesse per la vita spirituale. Santa Teresa è stata una grande maestra spirituale, con una pratica di insegnamento affinata per tutta la vita. In questo anno dedicato alla vita spirituale, che volge al termine e dopo la chiusura dell’anno giubilare, abbiamo incontrato nel monastero tolentinate il provinciale dei Carmelitani del Centro Italia, padre Gabriele Morra, introducendo a comprendere il ‘Castello Interiore’.

Nel prologo di quest’opera letteraria santa Teresa ha scritto: “Possiamo considerare la nostra anima come un castello fatto di un sol diamante o di un tersissimo cristallo, nel quale vi siano molte mansioni, come molte ve ne sono in cielo. Del resto, sorelle, se ci pensiamo bene, che cos’è l’anima del giusto se non un paradiso, dove il Signore dice di prendere le sue delizie?

E allora come sarà la stanza in cui si diletta un Re così potente, così saggio, così puro, così pieno di ricchezze? No, non vi è nulla che possa paragonarsi alla grande bellezza di un’anima e alla sua immensa capacità”.

Partendo da questo inizio abbiamo chiesto al provinciale dei Carmelitani di raccontarci la spiritualità di santa Teresa d’Avila: “La sua spiritualità è quella della preghiera come rapporto di amicizia con Dio e come relazione unica con il Signore attraverso l’entrata nel ‘castello interiore’. Quando santa Teresa ci dice di entrare nel castello interiore è perché invita tutti ad entrare in se stessi attraverso la preghiera per iniziare un viaggio verso Dio, che è anche un viaggio all’interno di se stessi per diventare non solo più cristiani, ma soprattutto più umani”.

In cosa consiste la spiritualità carmelitana?
“Per spiritualità carmelitana intendiamo una forma di servire e vivere il Vangelo a partire da determinate premesse nate dall’esperienza dei ‘grandi profeti’ della famiglia dei Carmelitani Scalzi: Teresa di Gesù, Giovanni della Croce, Teresa di Gesù Bambino, Edith Stein.

Premesse che riguardano l’esperienza di Dio presente nell’intimo della persona e la dimensione teologale della vita; l’esperienza cristologica, che ci conduce al Cristo storico del Vangelo; l’esperienza della Chiesa come appartenenza e zelo per il bene del popolo di Dio. Il Capitolo Generale del 1985 ha fatto sua la chiamata del papa, san Giovanni Paolo II, a far sì che il Vangelo e, di conseguenza, i grandi maestri spirituali, siano fonte di cultura in quanto promuovono nella persona gli autentici valori di libertà, giustizia e pace”.

Quindi per santa Teresa la preghiera serve anche per conoscere più a fondo la psicologia umana?
“Certo! E’ la prospettiva di Dio, ma soprattutto è un viaggio verso la felicità, verso quei valori autenticamente umani, che solo Dio può darli perché li ha creati insieme all’uomo e li ha donati all’uomo”.

Santa Teresa ha una particolare venerazione per san Giuseppe: “Ciò che attrae Teresa a Giuseppe è la sua ‘paternità’. Almeno dieci volte nei suoi scritti usa questo appellativo parlando di san Giuseppe: ‘mi verdadero padre y señor’. E’ chiarissimo che per Teresa la singolarità di Giuseppe consiste nella paternità, e più precisamente nell’autorità paterna che ha esercitato nei confronti del Gesù uomo: ‘poiché aveva il nome di padre, essendo il suo educatore, poteva comandargli’.

Teresa, con parole semplici, ma con molta acutezza, esprime la vera paternità di Giuseppe nei confronti di Gesù, fondata su un vero vincolo di dipendenza del figlio rispetto al padre. Giuseppe è per Teresa l’icona del padre, benché si tratti di un padre speciale, poiché la sua autorità paterna in realtà è fondata, come la maternità di Maria, su un atto di radicale obbedienza.

E’ il paradosso salvifico dell’obbedienza, di cui Teresa parla in termini generali nel Cammino di perfezione: ‘Dio, vedendo che l’anima fa quello che Egli vuole, farà anch’Egli quello che ella vuole, per cui, come suol dirsi, ella comanderà ed egli obbedirà’. L’obbedienza di Giuseppe alla volontà del Padre sono il fondamento della sua autorità e del suo potere di intercessione.

La dottrina teresiana su Giuseppe e, probabilmente, su qualsiasi forma di paternità può essere più o meno sintetizzata in questa affermazione, che ha, a mio parere, tutta una serie di risvolti antropologici, psicologici e sociologici di grande rilevanza e attualità”.

Dopo 500 anni cosa resta di santa Teresa?
“Dopo 500 anni restano coloro che incarnano il carisma non solo carmelitano, ma tutti i cristiani che vivono la preghiera in profondità. Tutti costoro la incarnano veramente e la rendono viva. L’aspetto celebrativo è sì importante; ma è più importante l’esistenza di tante persone che iniziano questo viaggio ed anche se si nascondono agli occhi della maggioranza, sono persone che hanno raccolto l’eredità di Teresa”.

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