Un Sinodo e una famiglia

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Le preoccupazioni della Chiesa sono notevoli: il problema economico e le difficili condizioni sociali che condizionano la nascita e lo sviluppo del gruppo famiglia, la solitudine e la precarietà, la fragilità della coppia. Un problema piuttosto sensibile è la fragilità e l’immaturità affettiva e quindi la formazione della persona che non è completa in sé e non è pronta per un legame stabile. Le diverse tappe di vita della famiglia fino all’“ultima stagione”, quella del lutto con la conseguente vedovanza e la ridefinizione di un nuovo equilibrio.

Un altro argomento piuttosto complesso  che trova sempre maggior diffusione è la sfida bioetica. La possibilità tecnica di manipolare l’atto generativo, la libertà di singoli o di coppie non regolari di scegliere in base ai desideri personali; la conseguente dinamica delle relazioni in trasformazione;  gli ordinamenti giuridici che sono obbligati ad intervenire per regolamentare pratiche e situazioni disparate e differenziate.

In tutto questo contesto sociale in continuo subbuglio, confuso in nome della libertà e dell’individualismo più estremo, cosa può fare la Chiesa? L’impegno dei Vescovi è lodevole ma porsi domande e tracciare delle linee guida in un’Assemblea così composta, non rischia di rimanere un’attività per “addetti ai lavori”?

Mi sento particolarmente confortata dalle tenere parole di  Papa Francesco, pronunciate nella veglia di preghiera celebrata in Piazza San Pietro sabato 4 ottobre 2014 in preparazione al Sinodo sulla famiglia, sulla centralità dell’esperienza famigliare nella vita di tutti: «Scende ormai la sera sulla nostra assemblea. È l’ora in cui si fa volentieri ritorno a casa per ritrovarsi alla stessa mensa, nello spessore degli affetti, del bene compiuto e ricevuto, degli incontri che scaldano il cuore e lo fanno crescere, vino buono che anticipa nei giorni dell’uomo la festa senza tramonto. È anche l’ora più pesante per chi si ritrova a tu per tu con la propria solitudine, nel crepuscolo amaro di sogni e di progetti infranti: quante persone trascinano le giornate nel vicolo cieco della rassegnazione, dell’abbandono, se non del rancore; in quante case è venuto meno il vino della gioia e, quindi, il sapore – la sapienza stessa – della vita… Degli uni e degli altri questa sera ci facciamo voce con la nostra preghiera, una preghiera per tutti».

Questo è molto vero, è molto umano: sentimenti, emozioni, punti fermi e poi, alla sera della vita, il vuoto e lo smarrimento  per la morte di un componente della famiglia.

Ma la Chiesa, dove si trova, cosa propone alla famiglia che cresce in questa contemporaneità?

L’introduzione dell’“Instrumentum Laboris  si conclude ricordando che la famiglia è soprattutto “chiamata da Dio a prendere sempre nuova coscienza della propria identità missionaria di Chiesa domestica anch’essa “in uscita”. In un mondo spesso segnato da solitudine e tristezza, il “Vangelo della famiglia” è davvero una buona notizia”.

Questa affermazione è ancora più confortante e costruttiva e offre a tutte le famiglie cristiane una concreta prospettiva missionaria.

Il 20 settembre 2014, la nostra famiglia ha ricevuto una speciale benedizione, consacrata dai nostri amici sacerdoti della Famiglia Spirituale “Das Werk” come chiesa domestica affidata al Sacro Cuore di Gesù. E’ stato un momento molto intenso! In tutto eravamo tredici persone: liturgia della Parola, benedizione dell’immagine del Sacro Cuore, consacrazione di noi genitori e dei nostri figli, benedizione delle singole stanze, della porta di casa e  di alcuni oggetti.

Ogni Chiesa domestica che si forma deve scegliere una figura biblica o un Santo come riferimento caratterizzante il cammino di fede famigliare, deve darsi un nome e scegliere un’immagine del Sacro Cuore da porre in evidenza nella casa.

Noi abbiamo scelto Abramo come figura di riferimento,  padre nella fede, e abbiamo evidenziato la sua assoluta disponibilità all’accoglienza: alle “querce di Mamre” Abramo vide tre pellegrini avvicinarsi e, senza chiedere nulla a loro, li invitò a entrare nella tenda e a prendervi ristoro. La scelta del nome della nostra Chiesa domestica deriva dal luogo dove si è svolto questo episodio:  “Querce di Mamre”. Per l’immagine del Sacro Cuore abbiamo scelto il simbolo del Sacro Cuore scelto da Charles de Foucauld,  adottato dalle fraternità che sono state fondate dopo la sua morte: Gesù è amore per tutti, “Jesus Caritas”, fatto realizzare per noi in terracotta dalle Piccole Sorelle del Vangelo la cui Fraternità regionale si trova a Roma alle Tre Fontane sulla via Laurentina.

La carità salverà il mondo… e noi, come famiglia e ora come Chiesa domestica “Querce di Mamre”, crediamo nella misericordia di un Dio che è amore infinito e paziente, che ama gratis, che non si arresta davanti ai limiti umani, alle infedeltà, ai nostri rifiuti, è il Dio che Abramo vide nei tre pellegrini a Mamre, che si muove verso l’uomo e lo incontra prima ancora di essere accolto. Noi ci sentiamo veramente suoi figli quando usciamo da noi stessi, quando apriamo la porta arrugginita del nostro cuore all’altro riconoscendolo come nostro fratello in Cristo.

La consacrazione come chiesa domestica è, per la nostra famiglia, un altro SI, in un certo senso una conferma ulteriore alla nostra vita coniugale, un altro modo per vivere una dimensione universale di maternità e di paternità verso tutti.

Come gesto concreto proponiamo nella nostra Parrocchia di Roma intitolata al Santissimo Nome di Maria in Via Centuripe, degli incontri di preghiera e di riflessione sul tema della Misericordia. Saranno dei momenti in cui intendiamo condividere con  altre famiglie, una domenica al mese,  il nostro cammino di fede illuminato dalla Parola di Dio.

La nostra famiglia, chiesa domestica “Querce di Mamre” si sente perfettamente in linea con le parole del Papa per questo Sinodo:    il Vangelo della famiglia è davvero una buona notizia” e speriamo di viverlo e di testimoniarlo con gioia e umiltà!

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